Inquinamento acustico: decibel e malattie. Nessuno ci presta orecchio
L’Istituto Superiore della Sanità mostra il quadro delle problematiche legate all’eccessiva esposizione allo smog acustico: la sordità, irritazione, fastidio, ansia o al contrario stanchezza e apatia. Si chiama annoyance ed è una delle conseguenze più comuni da inquinamento acustico da Linfalab.it
09 March, 2015
di Rosy Mastrangolo
Irritazione, fastidio. Quando non addirittura ansia o al contrario stanchezza e apatia. Si chiama annoyance ed è una delle conseguenze più comuni da inquinamento acustico. L’orecchio umano, si usa dire, non riposa mai. Reclama rispetto. Eppure vivere in città, spesso, non aiuta a godere dei suoni del mondo che ci circonda, quanto piuttosto induce a soffrire dei rumori “urbani”.
Prestare orecchio sin da piccoli
Un recente studio presentato dall’Associazione italiana acustica (Aia) ha calcolato che nella città di Pisa sono 38 gli istituti scolastici a presentare un grado di rumorosità ambientale superiore al valore diurno del Piano comunale di classificazione acustica. Di questi, ben 18 hanno condizioni di rumorosità superiori a quelli massimi consentiti dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms).
Le malattie da inquinamento acustico
Tutto questo cosa significa? Che le ripercussioni a livello sanitario possono sopraggiungere sin dalla tenera età. L’Istituto Superiore della Sanità mostra il quadro delle problematiche legate all’eccessiva esposizione allo smog acustico: innanzitutto, la sordità, causata dalla progressiva perdita delle cellule uditive, processo irreversibile preceduto dalla cosiddetta “fatica uditiva” (Aumentare progressivamente l’intensità della stimolazione sonora per ottenere la stessa sensazione uditiva. Gli insegnanti, ma soprattutto gli alunni, ne sanno qualcosa!) I rischi vanno ben oltre le nostre orecchie e coinvolgono l’apparato cardiocircolatorio (ipertensione, ischemia miocardica), l’apparato digerente (ipercloridria gastrica, spasmi muscolari), l’apparato endocrino (aumento della quota di ormoni di tipo corticosteroideo) fino a “disturbare” il cervello (quadri neuropsichici a sfondo ansioso con somatizzazioni, insonnia), affaticamento, diminuzione della vigilanza e della risposta psicomotoria. Nel Vecchio continente è l’Organizzazione mondiale della Sanità/Europa a essersi concentrata sui dati delle ripercussioni sulla salute causate dall’inquinamento acustico: la stima è che siano oltre un milione gli anni di vita persi per malattia, disabilità o mortalità prematura nei Paesi occidentali dell’Oms/Europa dove l’inquinamento acustico rappresenta, dopo quello atmosferico, il secondo problema da rischio ambientale. Dati confermati da una ricerca dell’Agenzia europea evidenziano che il traffico espone la metà della popolazione urbana dell’Ue a livelli di rumore superiori ai 55 decibel.
La proposta dall’Europa: auto più “silenziose”
Cosa si muove, dunque, in Europa, per abbassare il volume delle nostre città? Le macchine. Rafforzare i limiti sul rumore delle automobili per salvaguardare la salute pubblica è l’obiettivo delle nuove norme approvate dal Parlamento europeo. La normativa impone l’introduzione di etichette che informino i consumatori dei livelli di rumore delle nuove auto mentre per i veicoli ibridi ed elettrici, già considerati “silenziosi”, si pensa all’introduzione di un cicalino discreto attivabile in città per avvisare sonoramente ciclisti e pedoni del loro arrivo.
L’arma dei comuni, il Piano di zonizzazione delle città
Secondo i dati dell’Istat del rapporto “Dati ambientali nelle città – qualità dell’ambiente urbano” (Istat 2013) il 32,4% delle famiglie italiane indica tra i principali problemi della zona in cui vive proprio il rumore, al quarto posto dopo altri più noti fenomeni come il traffico (38,1%), la difficoltà di parcheggio (37.2%) e l’inquinamento dell’aria (36,7%). Un problema “sentito”, dunque, che già per legge deve essere monitorato e tenuto sotto controllo attraverso il Piano comunale di zonizzazione acustica che consiste nella mappatura delle attività e delle infrastrutture presenti sul territorio definendo i limiti di rumore ammissibili e delineando gli obiettivi ambientali.
Dall’annuario pubblicato da Legambiente a riguardo, emerge che la classificazione acustica risulta approvata da quasi il 50% dei Comuni italiani.
Tale strumento non risulta utilizzato nella provincia autonoma di Bolzano, in Friuli-Venezia Giulia, in Basilicata e in Molise mentre per la regione Calabria mancano informazioni a riguardo
si legge in una nota dell’associazione ambientalista.
In debole ma costante crescita sembra dunque il numero dei comuni con classificazione acustica approvata, si è avuto infatti un incremento del 3% rispetto ai dati 2010 (che erano già cresciuti del 3,3% rispetto a quelli del 2009). Allo stesso modo è aumentata del 4 %, sempre rispetto al 2010, la percentuale di popolazione che ricade sotto un piano di zonizzazione mentre è più lieve l’incremento della percentuale di superficie zonizzata su tutto il territorio nazionale (42% nel 2011, + 2.2% rispetto al 2010)”.
Buone pratiche: Venezia e il “disinquinamento acustico”
Alla luce di questa panoramica, è chiaro che occorra individuare le istituzioni in grado di mettere in campo buone pratiche che aiutino il cittadino a “disintossicarsi” dall’eccessiva esposizione al rumore urbano.
Il comune di Venezia è di buon esempio avendo prodotto già nel 2005 un documento sul “Disinquinamento acustico”,
uno strumento operativo che possa fornire spunti concreti nella risoluzione dei molteplici e variegati problemi dell’inquinamento acustico sia di natura tecnica che gestionale che si presentano ai funzionari delle Amministrazioni e ai tecnici competenti in acustica.
Dagli asfalti fonodrenanti alla realizzazione di Zone 30 o a traffico limitato sono descritte strategie per abbattere il rumore da traffico a partire dal ripensamento della viabilità cittadina. Preferire i restringimenti di carreggiata o i semafori intelligenti ai dossi limitatori di velocità, optare per la realizzazione di rotatorie agli incroci con semaforo e rallentare i veicoli a 30km/h porta alla riduzione del numero di picchi di rumore, nonché alla riduzione del livello di questi picchi, poiché si riducono le irregolarità legate alle variazioni di velocità e alle accelerazioni dei veicoli. A guadagnarci, in questi casi, è anche la sicurezza di tutti gli utenti della strada. E per abbassare contemporaneamente i livelli di inquinamento acustico e atmosferico si può ricorrere alle barriere antirumore naturali, alberi e piante a costringere la dispersione di energia e migliorare la qualità dell’aria. Fonte: rapporto rumore 2005 comune Venezia.
(Fonte foto: LOUD speaker – woodleywonderworks/Flickr)