Cialde e cartocci ecologici. Il Piemonte fa da battistrada
Da Balocco a Caffè Vergnano da acqua Sant’Anna alla Centrale del latte i marchi di punta dell’agroalimentare sposano l’innovazione modello “green” - da La Repubblica ed. Torino del 07.08.2015
07 August, 2015
di Stefano Parola
Una “febbre” che ha già colpito grandi nomi, dall’acqua Sant’Anna alla Vergnano, dalla Lavazza alla Centrale del Latte.
La Fonti di Vinadio, che vende un miliardo di bottiglie di acqua l’anno con vari marchi, ha da tempo lanciato la sua “bio bottle”. È al 100 per cento vegetale, perché è fatta con un biopolimero chiamato Ingeo, che si ricava dalle piante anziché dal petrolio. Proprio per questa caratteristica può essere buttata nei rifiuti organici, perché dopo otto settimane di compostaggio non ne rimane più nulla. Ora l’azienda ha inventato pure il primo “imballo invisibile che punta all’impatto zero” e lo userà per sostituire la plastica nelle confezioni da sei bottiglie.
Un concetto simile è anche alla base delle nuove capsule “compostabili” di caffè Vergnano, che possono essere buttate nell’organico. «Siamo i primi in Italia ad averle lanciate, posizionandoci come leader in questo segmento. Siamo orgogliosi di aver anticipato ancora una volta i tempi e le esigenze del mercato », spiega la responsabile export Carolina Vergnano.
La Lavazza si è invece affidata al MaterBi della novarese Novamont per fare sì che anche le sue capsule usate finiscano nell’umido. «Ciò che veniva considerato rifiuto torna a essere una risorsa con benefici per l’ambiente», spiegano dalla multinazionale torinese, perché dal compostaggio si ottiene del concime utile a coltivare i campi.
La Centrale del Latte di Torino ha appena lanciato, prima in Italia, i cartocci del tutto riciclabili. Grazie alla collaborazione con Elopak, le nuove confezioni sono di carta e hanno un tappo fatto con materie prime da fonti rinnovabili e sostenibili. Altro settore, altro segnale: anche Balocco ha iniziato a ridurre sia la plastica (dell’80 per cento) che il cartone (del 70) nel “package” di una sua linea di biscotti, quella dei Bambù Extra Cream. Mentre la novarese Ponti, una delle big italiane dell’aceto, è invece passata dal vetro al “pet” e ora offre bottiglie riciclabili al 100 per cento.
Pure la Regione ha finanziato un progetto di ricerca che mirava a rendere più ecologici gli incartamenti e che ha coinvolto la Novamont e alcune aziende agricole tra cui Mura Mura (che fornisce le gelaterie Grom) e i vigneti Borgogno (di Eataly). Grazie al gioco di squadra sono stati messi a punto teli biodegradabili per conservare il foraggio, imballi per i piccoli frutti e altri materiali innovativi di questo genere.
Da cosa nasce questa corsa alle confezioni “green”? Valter Cantino, direttore del dipartimento di Management dell’Università di Torino, ha da poco organizzato un convegno sul tema e si è fatto questa idea: «Si tratta di scelte strategiche che consentono di differenziarsi rispetto ai concorrenti e di lanciare ai consumatori un certo tipo di messaggio». Il problema è far quadrare i conti, perché di solito i packaging ecologici sono più cari: «Funzionano nel piccolo, mentre diventano più difficili da giustificare quando occorre fare delle economie di scala. Si imporranno soltanto se le aziende sapranno creare dei modelli di produzione competitivi».