“Cartoneros, unitevi. Noi lavoratori come tutti”
L’argentino Marcelo al Forum sullo sviluppo di Torino: rovisto fra i rifiuti e non rubo, così sfamo la mia famiglia - da La Stampa del 15/10/2015
16 October, 2015
di Letizia Tortello
«Era il 1998 e davanti a me avevo due strade: andare a rubare,
per mantenere la mia famiglia, o passare le giornate a rovistare
nella pattumiera. Per cercare carta e cartone da rivendere. Avevo
perso il lavoro, come tantissimi argentini. Ma di dedicarmi alla
delinquenza non ne volevo sentir parlare. Io volevo lavorare».
Marcelo Loto ha 49 anni e due figli.
È uno dei due
«cartoneros» venuti dalla fine del mondo per consegnare nelle mani
dei potenti il documento che chiede il riconoscimento dei diritti
degli ultimi. Di tutti quelli come lui, riciclatori di rifiuti spinti
dalla povertà in ogni angolo del globo, che oggi rivendicano un
trattamento e un salario da lavoratore.
Oggi Marcelo incontrerà
(almeno spera) il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban
Ki-moon, al Terzo Forum Mondiale dello Sviluppo Economico Locale di
Torino, l’appuntamento con 1800 delegati da 126 Paesi, che si è
aperto martedì e vuole mettere al centro le politiche locali come
buona pratica per dettare una nuova agenda globale dello Sviluppo
Sostenibile. «Cartoneros di tutto il mondo uniamoci - dice Marcelo
-, perché l’attività di raccoglitori di rifiuti, spesso unica
forma di riciclo nei Paesi più poveri, venga ammessa con regole e
competenze che abbiano il carattere di universalità». Fino al 2007,
questo «trabajador» tra strade e discariche era considerato un
illegale, perché in Argentina andare per cassonetti era reato. Oggi,
la sua associazione, Reciclando Sueños, Riciclando Sogni, insieme a
Sikanda, l’associazione dei «pepenadores» messicani, è ideatrice
di una Carta dei Diritti dei Raccoglitori di Rifiuti, siglata ieri
insieme alla cooperativa Arcobaleno di Torino, che da 20 anni si
occupa del recupero della carta per il capoluogo sabaudo, impiegando
lavoratori svantaggiati.
Il documento firmato dai riciclatori
uniti vuole fissare sei paletti imprescindibili per tenere insieme
tutte le forme di associazionismo che ci sono nel mondo, legate alla
raccolta dalla spazzatura degli scarti della società dei consumi.
«Chiediamo all’Onu il riconoscimento pubblico del valore economico
e sociale del nostro lavoro, vogliamo impegnare le amministrazioni
locali a stabilire con le coop di raccoglitori rapporti giuridici
corretti, ad ammetterci a partecipare alle gare degli appalti
pubblici, a riconoscere il nostro ruolo politico e ambientale, ad
ascoltarci come portatori di esperienza», continua il «cartonero».
Negli scorsi giorni ha visitato l’ex discarica di Torino e
l’impianto di trasformazione del biogas e si è cimentato anche in
un viaggio per i cassonetti del centro: «I torinesi fanno la
differenziata, ma non si impegnano molto», scherza.
Verrebbe
da dire, laddove il porta a porta non si sa neppure cosa sia, come in
Argentina, a riciclare ci pensa chi rovista nei cassonetti e poi
rivende il materiale «per sopravvivere alla povertà e non
consegnarsi all’emarginazione sociale». Marcelo e Luis Coria, il
suo amico di Florencio Varela, città argentina della provincia di
Buenos Aires, rispetto a Guadalupe Quijada Hernandez si sentono dei
privilegiati. Questa signora che vive ai piedi di una discarica nello
Stato di Oaxaka, Messico meridionale, ha da pochi anni ottenuto
condizioni di lavoro migliori: «Prima camminavamo nel fango -
racconta -, esposti a chiodi, schegge di vetro e a forte rischio di
ammalarci in ogni momento, con la paura di farci schiacciare dal
braccio meccanico che gettava montagne di immondizia nella fossa,
oggi almeno nel mio villaggio abbiamo i bagni e una tettoia per
proteggerci dal sole». Lei è una «pepenadora», una riciclatrice,
ma a differenza che in Argentina (dove lo Stato paga un sussidio di
150 euro al mese ai «cartoneros» registrati), dalle sue parti il
mestiere di riciclatore non è riconosciuto. Raccontando la vita dei
«cartoneros», Marcelo cita il Papa, che li invitò alla Giornata
Mondiale della Gioventù: «Francesco viene dalla nostra terra e ci
ha chiamati dalle discariche per far sentire la nostra voce. Partendo
dagli ultimi, riusciamo a cambiare il mondo».