“Smart city”, perché Torino è in ritardo
Dalla mobilità all’ambiente, i settori su cui si deve lavorare. Il Comune: “Ma siamo migliorati” - da La Stampa del 27/10/2015
27 October, 2015
di Beppe Minello Letizia Tortello
Una volta si parlava di buona amministrazione, di sguardo al futuro, per anticipare i cambiamenti della società. Oggi, la parola d’ordine per un’amministrazione pubblica è «smart», cioè intelligente, iperconnessa alla rete, in grado di risparmiare risorse. Ma fatta la tara del progresso digitale, i grandi campi su cui agire sono gli stessi di quando a Palazzo Civico sedeva il buon Diego Novelli, alias Penna bianca, e che oggi incombono su Piero Fassino, «il Lungo»: mobilità alternativa, mezzi pubblici più efficienti, gestione delle risorse idriche ed energetiche, recupero del patrimonio immobiliare, corretto ciclo dei rifiuti, digitalizzazione. Temi su cui Torino ha fatto strada. Tanta ancora ne deve fare, a giudicare dal rapporto annuale sull’Ecosistema urbano, realizzato da Legambiente e Ambiente Italia e pubblicato ieri dal Sole24Ore, che mette a confronto i 104 capoluoghi di provincia utilizzando 18 parametri. Classifica che vede Torino all’84° posto. Non un grande risultato, temperato dal fatto che è più facile essere smart nelle città piccole, soprattutto al Nord e possibilmente sulle o vicino alle montagne. E infatti le grandi città stanno in basso, Roma subito prima di Torino, e Palermo e Napoli al 90° e 102° posto. Il colpo di reni l’ha dato Milano che si piazza a metà classifica e anche Genova è 26 posizioni davanti a noi. L’assessore alla Smart City, Enzo Lavolta, della classifica che ci vede in fondo non è preoccupato: «Siamo saliti di due punti rispetto al 2014 - dice -. Legambiente mescola piccole città con metropoli come la nostra. Come possiamo essere dietro a Roma, ad esempio, se consideriamo la gestione di acqua o rifiuti? Noi continuiamo a lavorare, quasi tutti i dati, compresi quelli sulla qualità dell’aria, hanno trend positivi».
Car sharing e bici, però la qualità dell’aria lascia a desiderare
Giusto ieri in Consiglio è passata la mozione di due volenterosi consiglieri che chiedono impianti per ricaricare le auto elettriche. Ancora la Sala Rossa ha rinnovato la commissione speciale che punta a sviluppare una Torino smart. E, conoscendo i guasti che burocrazia e cattiva politica infliggono alla comunità, non è poca cosa la scelta di Gtt guidata da Walter Ceresa, di ricorrere a una selezione alla luce del sole per individuare 50 nuove figure dirigenziali. Insomma, al netto della classifica su qual è la città più smart del reame, Torino non sta ferma e per quanto riguarda la mobilità in tutte le sue sfaccettature compreso l’inquinamento, una delle voci più importanti per determinare la classifica finale della ricerca di Legambiente, non è messa malissimo nelle diverse sotto-classifiche. Ad esempio, pur essendo la città dell’auto per antonomasia, la media torinese di 62 auto ogni 100 abitanti ci vede sotto, sia pur di poco, alla media nazionale che è di 65 auto. Anche negli incidenti Torino, meglio, l’intera provincia, è al 41 posto con 3,61 incidenti ogni 100 mila abitanti (Salerno, la meno pericolosa, ne conta 0,75). La grande Milano però, ne registra appena 1,71, solo Roma è alle nostre spalle con 3,67. A dimostrare che Gtt funziona è il dato sui viaggi in bus e tram in rapporto al numero degli abitanti: siamo al 6° posto con 204 viaggi preceduti, comunque, da Roma, Milano e Genova. Il livello di infrastrutture per la ciclabilità ci piazzano a metà classifica: cinquantesimi con 4,58 metri (7,95 è il dato medio italiano), in questo caso ben prima di Milano o Roma, le città con le quali amiamo confrontarci. Per strade pedonalizzate siamo al 20° posto (0,5 mq per abitante , meglio di tutte le grandi città). L’inquinamento dà ancora pensieri: sia per quanto riguarda il PM10, il biossido di azoto e l’Ozono viaggiamo nella seconda metà della classifica, quasi a pari con le solite Roma e Milano.
Raccolta differenziata al palo, San Salvario ancora non parte
Al palo, attorno al 42%. Torino è al 58° posto in Italia per
raccolta differenziata: oscilla tra il 41,6 dei primi mesi dell’anno
e il 42,3 di settembre. Secondo Legambiente, tra le grandi città
siamo dietro a Reggio Emilia (21° posto, con il 60,7%), Milano (47°,
con il 49,1), Venezia (43°, con il 50,3), Firenze (51°, con il
45,8). Peggio di noi fanno Bologna, Roma e Genova.
L’azienda
dei rifiuti, l’Amiat, ha pronta l’estensione della raccolta
differenziata in San Salvario per il 2016, come più volte
annunciato. Il Comune, però, non ha dato ancora il via libera.
Costerebbe 1 milione di euro in più, da tirare fuori subito, per
comprare i cassonetti e i piccoli camioncini meccanizzati. «Più un
altro milione ogni anno - spiega il presidente Magnabosco -, per
l’esercizio del servizio». San Salvario, con i suoi 38 mila
abitanti, è quartiere un po’ più grande da servire rispetto a
Crocetta, dove la differenziata è partita un anno fa, con ottimi
risultati: «Siamo al 60% di raccolta, a dimostrazione che se tutta
Torino avesse questo servizio saremmo sugli standard richiesti
dall’Europa», (il 65% avrebbe dovuto essere raggiunto già nel
2012). Amiat, comunque, continua a ribadire che «i nostri metodi di
calcolo sono più severi, ad esempio delle città dell’Est Italia,
che infatti si piazzano ai primi posti. Considerano rifiuto
differenziato quel che noi consideriamo rifiuto speciale».
Quanto
ai numeri, ciascun torinese produce 484 chili di immondizia l’anno.
Nel 2015, abbiamo fatto meno rifiuti: un punto percentuale in meno di
12 mesi fa, quando producevamo 439 mila tonnellate. Al netto del
calo, ci siamo rilassati un po’ sulla differenziata: «Di uno “zero
virgola” - continua Magnabosco -, è fisiologico. Per mantenere
standard alti, i cittadini devono essere incentivati con nuove
iniziative, tipo San Salvario, oppure con le multe che Milano,
diversamente da noi, eroga in grande quantità a chi non
differenzia».
Consumi alle stelle. Nel 2016 nuovo aumento del 5 per cento
Spreconi, dissipatori d’acqua. I torinesi tengono il rubinetto
aperto, più che in altre città. Secondo la classifica di
Legambiente, Torino si piazza all’85° posto su 104, per consumo
(nel senso di spreco) di risorse idriche. Il rapporto pubblicato ieri
tiene in considerazione i dati cittadini, più l’hinterland, e
rivela che ciascun abitante consuma ogni giorno 197 litri d’acqua.
In verità, solo a Torino, il numero scende a 165 litri al
giorno pro capite. E già abbiamo risparmiato: 10 anni fa, erano 188
litri al giorno. Comunque, a ben pensarci, uno sproposito. È pur
vera una cosa: tra le grandi città, Torino è davanti a Milano (88°
posto con un consumo di 295 litri a testa), è dietro a Roma (80°,
184 litri). Tra le virtuose ci sono Firenze (4°, 117 litri) e
Bologna (48°, con 150 litri). Sui 292 comuni a cui Smat distribuisce
l’acqua, l’azienda gestisce 11 mila 971 chilometri di tubi di
acque bianche, 8550 chilometri di fognatura. Per quanto riguarda
l’acquedotto, la dispersione è del 24,5%. L’ad Paolo Romano
spiega: «Tre anni fa eravamo al 28%, siamo migliorati». Smat è
considerata una delle più efficienti aziende d’Italia. Ieri, alla
presentazione del piano industriale fino al 2033, ha annunciato che
sono in previsione 1,6 miliardi di investimenti in 18 anni, di cui
1,1 miliardi di interventi di manutenzione, tra Torino e i comuni,
500 milioni per tre opere strategiche (l’acquedotto della Valle
Orco a servizio dell’eporediese e del canavesano, il collettore
mediano per acque di prima pioggia, che si costruirà sotto la nostra
città nei prossimi 8 anni, il potenziamento dell’impianto di
potabilizzazione). Ma quanto costa l’acqua ai torinesi? 8,30 euro
al mese a testa. «L’anno prossimo prevediamo un aumento del 5%,
perché crescono gli investimenti. In bolletta, il rincaro sarà di 5
euro all’anno circa», continua Romano, che tiene a precisare: «A
livello generale, siamo una delle tariffe più basse».