Greenpeace, mobilitazione a Roma: "Trivellare il Paese minaccia la nostra identità"
A Roma e in altre 24 città italiane la mobilitazione dei volontari di Greenpeace per dire "no alle trivelle" mostrando come sarebbero le città se fossero "petrolizzate"
05 March, 2016
Sabato 5 marzo volontari di Greenpeace sono entrati in azione in 25 città di tutta Italia, tra cui Roma, per sensibilizzare l’opinione pubblica sul referendum del 17 aprile, quando gli italiani saranno chiamati a esprimersi sulle trivellazioni in mare.
Oltre a informare i cittadini nei mercati di Circo Massimo, Garbatella e Testaccio, i volontari di Greenpeace hanno fatto un blitz in Largo Gaetana Agnesi, sul ponte con vista sul Colosseo, mostrando un’immagine “petrolizzata” e surreale di uno dei luoghi più iconici e famosi della città per diffondere un chiaro messaggio: “L’Italia non si trivella”, come recita il titolo stesso della campagna dell’associazione ambientalista.
Le immagini dell’Italia sporcata dal petrolio – realizzate grazie al contributo del digital artist Olmo Amato – sono una provocazione con la quale Greenpeace intende mostrare l’incompatibilità tra la nostra identità e la nostra cultura e la strategia energetica del governo. L’idea di mostrare un volto sfigurato dei monumenti delle nostre città serve anche a chiarire che in gioco non ci sono “solo” il mare e le comunità costiere: la minaccia riguarda tutti gli italiani, anche quelli che vivono nei centri urbani lontani dalle coste. Le trivelle sono incompatibili con la bellezza del nostro Paese, che rappresenta l’unico vero petrolio dell’Italia.
«Chiediamo a ogni italiano di partecipare al referendum sulle trivelle del prossimo 17 aprile. È un appuntamento che riguarda il Paese nella sua interezza, non solo alcuni territori»,dichiara Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace. «In ballo ci sono questioni della massima importanza per tutti: il futuro del nostro sistema energetico; la scarsissima occupazione che potrebbe venire dalle trivelle contro l’enorme perdita di posti di lavoro che potrebbero subire il turismo e la pesca; le nostre finanze pubbliche, giacché ai petrolieri si continuano a garantire privilegi sconosciuti a ogni altro cittadino; la qualità dell’aria delle nostre città e la speranza di liberarci dallo smog delle automobili. Il 17 aprile possiamo scegliere che Paese vogliamo diventare: ostaggio delle lobby fossili o una comunità vitale che guarda al futuro e alle energie pulite», conclude Boraschi.