L'ingiustizia ambientale dell'India. The Guardian torna sulla nuova tassa auto e su chi subisce i danni dello smog
In India la questione ambientale è sempre più tra i ricchi che inquinano e i poveri che vengono inquinati. Il commento di un economista ambientale americano e di uno scrittore indiano di Delhi, sempre su The Guardian
11 March, 2016
di Stefano D'Adda
E'
un classico caso di “enviromental injustice", sostengono James K. Boyce,
economista ambientale dell'Università del Massachusetts,
e
Aseem Shrivastava, scrittore indiano che vive a Nuova Delhi, attivista
ambientale e coautore del recente "Churning
to the Earth: The Making of Global India".
Com'era immaginabile, la recente decisione del Governo indiano di introdurre una tassa sull'acquisto di tutte le nuove auto, che arriva al 4% per i diesel, è già stata condannata dal industria automobilistica indiana. Il capo della Maruti Suzuki, la maggior casa automobilistica del sub-continente, ha dichiarato che la tassa danneggerà pesantemente l'industria e avrà effetti negativi sulla crescita del Paese e sui posti di lavoro. Sempre secondo la Maruti Suzuki, il solo annuncio del provvedimento avrebbe già provocato un calo del 5% nelle vendite.
Tuttavia, scrivono Boyce e Shrivastava su The Guardian del 9 marzo, anche in tema di ambiente le cose in India stanno forse cambiando; in quelle che sono lconsiderate le più inquinate metropoli al mondo, l'auto non è più vista solo come uno status symbol e la nuova discussa tassa può anche essere un modo in cui i cittadini indiani dimostreranno più responsabilità verso un interesse collettivo, quello della sostenibilità ambientale.
I più recenti dati dell'Organizzazione Mondiale della Sanità stimano che circa 600.000 persone muoiono ogni anno nel Paese, a causa dell'inquinamento atmosferico, e uno studio medico del 2008, condotto dall'India’s Central Pollution Control Board, ha dimostrato che i 2/5 dei bambini indiani che vivono nelle città soffrono di una ridotta funzione polmonare, un danno considerato irreversibile.
In India il problema dell'inquinamento è soprattutto sociale e politico, è quello dello squilibrio tra inquinati e inquinatori, perché sono proprio gli abitanti più poveri, quelli che un'auto non potranno mai permettersela, che sopportano i danni più gravi dello smog. La gente più povera, alla fine, è quella che più vive all'aria aperta, ed è quindi quella più esposta. Basta vedere quelle incredibili immagini della formicolante e caotica vita di strada delle metropoli indiane, come Nuova Delhi, capoluogo dell'ononimo stato federale e capitale nazionale da 21 milioni di abitanti, per rendersi conto di chi è più sottoposto ai danni dello smog: i vigili che devono dirigere un traffico spaventoso, gli autisti dei risciò che, paradossalmente, sono stati tra i pochi costretti a prendere qualche misura, poiché i tradizionali mezzi a tre ruote indiani, da tempo devono essere alimentati a gas naturale. In sostanza, l'aria irrespirabile la respirano tutti quelli che si arrangiano e vivono all'aria aperta. Mentre chi si può permettere l'auto, continua a comprare soprattutto inquinanti furgoni e automobili diesel.
Chi in India oggi spera che le disuguaglianze sociali possano essere affrontate anche intervenendo sulla tutela dell'ambiente fa il tifo per il nuovo Aam Aadmi, il partito al governo nello stato di Delhi, chiamato ora non solo ad intervenire sul traffico, ma anche con investimenti nel trasporto pubblico ed interventi sull'inquinamento derivante dalle centrali elettriche a carbone, ancora numerose. Però resta da vedere, se le nuove forze oggi al governo avranno il coraggio politico di salvaguardare un interesse pubblico e collettivo, come quello alla salute e il diritto ad un'aria più pulita, contro gli interessi economici delle classi più ricche. Riuscirà insomma l'India, considerata la più grande democrazia esistente sul pianeta, a sconfiggere quell'oligarchia, che oggi appare la più responsabile dell'inquinamento?
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