"Zoom" all'ex zoo, partita ancora aperta a Torino
Nonostante la notizia che dà per concluso il percorso di assegnazione dell’area sul fiume a Zoom, il comitato che si oppone alla realizzazione del bioparco crede che la nuova amministrazione Appendino possa bloccare tutto
07 July, 2016
Sul Parco Michelotti di Torino non è ancora detta l’ultima parola. Nonostante la notizia che dà per concluso il percorso di assegnazione dell’area sul Po a Zoom, società di Cumiana vincitrice del bando lanciato dal Comune, il coordinamento che si oppone alla realizzazione del bioparco crede che la nuova amministrazione Appendino possa ancora bloccare tutto.
Ricapitoliamo. Il 29 giugno, nell’ultimo giorno di lavoro dell’amministrazione Fassino, si è conclusa la procedura amministrativa che assegna i circa 3 ettari sulle rive del Po a Zoom che vi realizzerà un “bioparco” suddiviso in due aree : quella delle fattorie didattiche dei vari continenti -con ambientazioni tematiche ed esotiche, tra cui un villaggio Inca con lama e alpaca, un villaggio Dayak con maiali vietnamiti, zebù nano, capre e galline, e una fattoria per il gioco dei bambini- e quella indoor con la ricostruzione di aree tropicali che, al chiuso, ospiterà rettili, anfibi e farfalle .
Il comitato “No Zoo” - composto da privati cittadini esperti sul tema e da numerose associazioni tra cui la Lega Anti Vivisezione e ProNatura – si oppone a questo progetto perché teme una sostanziale riproposizione del modello “zoo”, chiuso definitivamente nel 1987 anche grazie ad un forte movimento cittadino, ma anche perché non è d’accordo che un bene pubblico venga privatizzato. Numerosi poi i dubbi proprio sulla società Zoom e sui suoi debiti pregressi che secondo le associazioni mal si conciliano con un progetto così oneroso come quello del parco Michelotti.
Abbiamo raggiunto al telefono Marco Francone, ex consigliere comunale di Torino coi Verdi e attualmente Presidente della Consulta Associazioni Volontariato Animalista Città di Torino, che fa parte del coordinamento No Zoo. Ecco cosa ci ha detto.
Francone, pensate che sia tutto deciso o ci sono ancora margini per far cambiare tutto?
“Noi pensiamo di sì. Non abbiamo ancora visto una conferma di affidamento, non c’è nessun atto ufficiale emesso dal Comune di Torino. La Giunta l’ultima volta si è riunita il 3 giugno poi più nulla”.
In sostanza manca un atto politico definitivo ma fondamentale. La determina dirigenziale ha infatti convalidato l’aggiudicazione a Zoom ma mancano ancora la concessione trentennale e la conseguente firma della convenzione. Inoltre la determina dirigenziale in questione, che il comitato sta aspettando di leggere, ha detto che non c’è nulla che ostacoli il procedimento ma ci sono ancora questioni inevase come la valutazione delle strutture precarie, il vincolo paesaggistico, l’impatto ambientale dovuto alle 300 mila presenze annue previste che necessiterebbero di spazi e parcheggi. Non certo questioni di poco conto.
“Stiamo provando ad incontrare la nuova assessora all’Ambiente che per ora non ci ha ancora ricevuto – prosegue Francone - Crediamo che la nuova amministrazione possa fare un atto di discontinuità. Non è possibile che per far funzionare una cosa bisogna per forza svenderla. Non si deve solo pensare a fare soldi, dovremmo piuttosto educare e sensibilizzare i cittadini.”
Francone negli anni ’80 sedeva in Consiglio Comunale e si ricorda ancora la battaglia per valorizzare quel tratto di fiume: “Nell’86 dicevo: visto che siamo vicini al Po facciamo qualcosa che sia adeguato al fiume, parliamo di questo meraviglioso habitat e dei suoi animali piuttosto che di altro. Io ho studiato biologia e mi sono laureato con una tesi sui pesci d’acqua dolce. In pochissimi conoscono queste cose nonostante abitino in città fluviali. Adesso invece si pena a creare un ambiente amazzonico in pieno centro urbano. È un’assurdità”.