'In Africa la bici era parte della nostra vita quotidiana'. Richiedenti asilo raccontano il loro rapporto con le due ruote

L' appuntamento che abbiamo dato per una biciclettata sperimentale domenica alle 15 al Cecchi Point ha quindi un valore particolare per loro. La bicicletta, prima di partire dall'Africa, era una parte importante del loro modo di vivere

31 March, 2017

Mobilità

di Paolo Hutter
Tra i richiedenti asilo africani che partecipano al nostro progetto di recupero dell'ortofrutta a Porta Palazzo a Torino e che speriamo che diventino a tutti gli effetti degli "Ecomori" nessuno, finora, ha l'abitudine di spostarsi in bicicletta. Uno solo ce l'ha ma - da africano tropicale- giudica che fine marzo sia ancora un po' troppo freddo per usarla. L' appuntamento che abbiamo dato per una biciclettata sperimentale domenica alle 15 al Cecchi Point ha quindi un valore particolare per loro. La bicicletta, prima di partire dall'Africa, era una parte importante del loro modo di vivere.

Modou, che era in Gambia, usava una bici tipo Mountain Bike che a suo parere arrivava di seconda mano dall'Europa. Queste bici di seconda mano, mountain bike o altro, costano l'equivalente di circa 20 euro. Che comunque in Gambia non è poco come da noi. La usava in città e diceve che la usano soprattutto degli abitanti

con le "strade brutte" meno praticabili da auto e meno servite da bus. Sempre dal Gambia Omar aggiunge che ci sono strade impraticabili per le bici perchè hanno

marciapiedi magari alti e carreggiate occupate dalle auto e dalle moto. In modo un po' caotico. Interessante e un po' diversa è anche la testimonianza di Charles Joseph e Nana. Tutti e tre sono provenienti da zone rurali del Ghana. Dicono che la bici la usavano sempre, per tragitti anche piuttosto lunghi per spostarsi da casa alla "farm" la fattoria o comunque per esigenze legate al loro lavoro agricolo. Anche viaggi di un'ora? Sì anche un'ora. Non avevamo certo l'automobile!

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