A scuola con Saiem mano nella mano Il Pedibus di Arcore debutta con i migranti
Originario del Gambia il giovane è stato inserito nel programma di accompagnamento degli scolari - da La Repubblica Milano del 05.04.2017
05 April, 2017
GABRIELE CEREDA
QUANDO c’è da attraversare l’incrocio la mano del piccolo Matteo, 9 anni, cerca quella grande e scura di Saiem, 20 anni. È tutto qui, in questo gesto, istintivo e semplice nel medesimo istante, che si ritrova il significato stesso dell’iniziativa voluta dall’amministrazione di Arcore, in Brianza. Da ieri i 90 bambini che vanno a scuola a piedi – utilizzando il servizio ribattezzato Pedibus – oltre che dai volontari sono accompagnati anche da sei ragazzi profughi. Uno per ognuna delle sei linee del servizio, che da ogni angolo della città porta gli scolari fin dentro le aule.
QUANDO c’è da attraversare l’incrocio la mano del piccolo Matteo, 9 anni, cerca quella grande e scura di Saiem, 20 anni. È tutto qui, in questo gesto, istintivo e semplice nel medesimo istante, che si ritrova il significato stesso dell’iniziativa voluta dall’amministrazione di Arcore, in Brianza. Da ieri i 90 bambini che vanno a scuola a piedi – utilizzando il servizio ribattezzato Pedibus – oltre che dai volontari sono accompagnati anche da sei ragazzi profughi. Uno per ognuna delle sei linee del servizio, che da ogni angolo della città porta gli scolari fin dentro le aule.
Tutti d’accordo, o quasi. Di sicuro tra i favorevoli c’è anche chi non te lo aspetteresti: un leghista della prima ora, che da tempo è tra gli accompagnatori degli scolaretti. Settantanni, capelli e pizzetto bianchi, i bambini lo chiamano Nonno Beppe: «Questi giovani ci possono dare una mano e per loro è un modo per sentirsi utili e accettati dalla comunità. Credo che faccia bene ad entrambi», racconta mentre spiega qualche dritta al nuovo arrivato: «Guarda sempre davanti e dietro anche quando siamo fermi e se dobbiamo attraversare attendi che le auto siano completamente immobili. Anche se il semaforo diventa rosso, tu aspetta lo stesso».
Ieri era la prima volta che Matteo, al penultimo anno della primaria Giovanni XXIII, incrociava Saeim. Non sa che è un rifugiato politico, scappato dal Gambia, un Paese dove fino a pochi giorni fa c’era una dittatura feroce e che oggi è sull’orlo di una guerra civile. Non lo sa, ma sa che si può fidare di quell’adulto. Glielo hanno spiegato i genitori e le maestre. Da quando è sceso di casa il bambino si è messo a metà al gruppetto di scolaretti, dove c’era il nuovo accompagnatore, e non lo ha più lasciato. «Per i bambini sono nuovi amici, per noi mamme sono due occhi in più che ci fanno stare più tranquille», dice Annalisa Galimberti, madre di un bimbo di 10 anni, che frequenta una delle tre scuole cittadine.
«Questi giovani vogliono contraccambiare l’ospitalità e interagire con la comunità», dice Paola Palma, assessora alle Politiche scolastiche, che ha lanciato il progetto insieme a tutta la giunta targata Pd. Qualcuno, però, storce il naso. Un gruppo di signore che ha appena lasciato i figli a scuola, sedute al tavolino del bar, affida a Maria Rosaria Belluscio la propria posizione, che sorseggiando un caffè la riassume così: «Forse sarebbe stato meglio utilizzare i richiedenti asilo per altri lavori. Sarebbe ipocrita parlare di pericolo per i bambini, ma mio figlio lo porto io a scuola, non lo affido a nessuno». «E se fossero soli italiani i volontari? Magari giovani disoccupati», domanda Antonella D’alessio, titolare del bar. «Quelli nemmeno si alzerebbero dal letto», le replica la donna accendendosi una sigaretta. C’è anche chi è più diretto, e forse proprio per questo, preferisce non dire il proprio nome: «A me che ci siano degli extracomunitari che accompagnino i bambini a scuola non sta bene. Come si fa a fidarsi con quello che si sente in giro». E questo è stato il pensiero delle opposizioni, Forza Italia in testa, che all’indomani della presentazione del progetto sono saliti sulle barricate tappezzando la città di manifesti contro la decisione della giunta. «Tutto avviene alla luce del sole. In ogni caso, se dovesse succedere qualcosa, può bastare anche un atteggiamento fuori dalle righe, e saremmo i primi a fare un passo indietro. Ma siamo sicuro che non accadrà», dice Barbara Ventola, dell’associazione “Genitori Attivi”.
«Stare con i bambini è bellissimo, ci accettano senza farsi nessun tipo di problema», confida Saeim mentre supera con Matteo l’ultimo bivio.
L’ultimo saluto prima di correre in classe Matteo lo riserva al suo nuovo amico. E quando è già nell’atrio, si gira un’ultima volta a cercare Saeim prima di essere inghiottito dai compagni di classe che lo trascinano nei corridoi.