Imballaggi in plastica e riciclo: il commento di Agata Fortunato
“Il vero nodo non è la selezione, ma l'effettiva possibilità di riciclare quello che è stato raccolto e poi selezionato”
23 July, 2017
Cosa pensa del dibattito delle ultime settimane sulla plastica? Nelle ultime settimane si è fatto un gran parlare degli impianti di selezione e in conseguenza dei centri comprensoriali intasati di rifiuti non riciclabili - sovvalli costituiti da scarti ma anche imballaggi misti - e quasi tutti hanno puntato il dito verso gli inceneritori che non ritirano abbastanza. A parte Anci e pochi altri non ho visto toccare invece il vero nodo del problema. E qual è? Il vero nodo non è la selezione, ma l'effettiva possibilità di riciclare quello che è stato raccolto e poi selezionato. Non tutto è riciclabile, rolex day date replica per motivi tecnici, economici ed anche ambientali e questo è un fatto. Un altro fatto è che non ha senso sia ambientalmente che economicamente raccogliere in modo differenziato e poi selezionare imballaggi che non possono essere riciclati. Quindi la soluzione è portare tutto all'inceneritore? Assolutamente no. La soluzione è iniziare seriamente a lavorare sull’ecodesign. Bisognava iniziare a farlo tempo fa, almeno si inizi adesso. È immorale continuare a produrre beni e imballaggi di cui non sappiamo cosa fare una volta dismessi. Tutti continuano a parlare di economia circolare ma pensano con logiche da economia lineare. Dovrebbe essere obbligatorio produrre già sapendo come gestire il fine vita di ogni singolo bene ed imballaggio. Non è facile né immediato. Ma finché si continua a mettere in competizione la performance dell'imballaggio con la sua riciclabilità, non si va lontano e gli orologi, anche quelli svizzeri a un certo punto si inceppano. Come se ne esce? Ridurre la produzione dei rifiuti o almeno provarci. E poi bisogna rendere conveniente sia per i produttori che per i consumatori preferire beni e imballaggi per i quali è chiaro e certo l'effettivo riciclo e la reimmissione del ciclo di nuovo prodotti. Non mi sembra che il sistema consortile voglia andare in questa direzione e ne sono una chiarissima dimostrazione i valori delle tre fasce contributive definiti per il CAC degli imballaggi in plastica. In che senso? I venti euro di CAC in più definiti per gli imballaggi non riciclabili, rispetto a quelli riciclabili, nulla mi sembra abbiano a che fare con i costi effettivi della gestione del fine vita di quegli imballaggi che riciclabili non sono; quei venti euro sembrano piuttosto un calcolo ragionieristico solo per avere un saldo contributivo invariato. Non rappresentano una strategia per muovere il mercato verso una economia davvero circolare. Anche in questo caso si sente forte il silenzio del Ministero dell’Ambiente.