Recuperare Terre Rare e metalli dai RAEE senza incenerimento: intervista a Rista
Rista è un’azienda che ha avviato, in collaborazione con uno spin-off del Politecnico di Torino, uno studio innovativo per recuperare Terre Rare e metalli dai Raee senza l’uso di incenerimento
21 December, 2018
Rista è un’azienda che ha avviato, in collaborazione con uno spin-off del Politecnico di Torino, uno studio innovativo per recuperare Terre Rare e metalli dai Raee. Il progetto si chiama RaeeIntegra, e oltre a vantaggi economici ed ambientali, ha impatti positivi anche dal punto di vista sociale. Abbiamo intervistato Fabrizio Rista, Responsabile Tecnico dei Trasporti e dell’ Impianto dell’azienda: Quando avete iniziato ad occuparvi di gestione dei rifiuti? Rappresento la quarta generazione di questa impresa. Ci occupiamo di gestione dei rifiuti da tempi lontani, ancora prima della Seconda Guerra Mondiale. Ci siamo strutturati come impresa nel corso degli anni ‘50 quando c’erano le prime attività di ritiro di rifiuti urbani. Oggi, ovviamente, la gestione dei rifiuti è cambiata e la nostra azienda ha sviluppato una visione moderna, non più soltanto finalizzata allo smaltimento dei materiali, ma alla valorizzazione del prodotto cercando di massimizzare la ricerca e il recupero di materie prime secondarie. Qual è la tipologia di rifiuto che oggi trattate maggiormente? Attualmente il nostro core business è legato al recupero di apparecchiature elettriche ed elettroniche. Si tratta di oggetti fondamentali, data l’era tecnologica. Cosa fate con questi rifiuti? Dai Raee generalmente si tolgono i metalli (ferrosi e non ferrosi) e le plastiche. Noi abbiamo deciso di andare un po’ più in profondità. Dallo scorso anno abbiamo avviato una collaborazione con spin-off del Politecnico di Torino con il quale stiamo facendo innovazione e ricerca. Il progetto ha come primo obiettivo lo studio delle cosiddette “terre rare”, componenti infinitesimali, quasi impercettibili, che servono per fare i semiconduttori delle apparecchiature elettriche ed elettroniche. Si tratta, come dice il loro nome, di elementi molto rari che si trovano soprattutto in giacimenti dislocati in Estremo Oriente e in Africa di proprietà cinese. Il mondo occidentale sta cercando di slegarsi dalla dipendenza dal mercato cinese per l’approvvigionamento delle Terre Rare e ha promosso incentivi alla ricerca universitaria e industriale per raggiungere questo obiettivo. In quest’ottica stiamo studiando dei macchinari specifici che ci permetteranno di estrarre, soprattutto dalle schede elettroniche, questi materiali. Questo è l’obiettivo finale della sperimentazione. In mezzo c’è una ricaduta industriale, per noi fondamentale, che consiste nel recupero di ulteriori componenti come rame e stagno, ma anche metalli nobili (oro, palladio, argento), con l’utilizzo di trattamenti meccanici (es. triturazione). Lei ha parlato di arrivare all’utilizzo di trattamenti meccanici. Attualmente come avviene il recupero dei metalli nobili dai Raee? Il recupero di metalli nobili è una pratica già utilizzata ma che avviene in un modo completamente diverso, con metodi ad altissimo impatto ambientale. Sono modalità che vanno a distruggere i materiali piuttosto che recuperarli. Le schede, ad esempio, vengono bruciate in modo tale da recuperare i metalli dalle ceneri. Oppure vengono fatti dei trattamenti con delle sostanze chimiche particolari che producono considerevoli emissioni in atmosfera. E’ più facile attaccare usando il fuoco o gli agenti chimici, ma le conseguenze ambientali sono nefaste. Il nostro scopo, invece, con questo progetto-studio, è quello di arrivare, attraverso una dissaldatura e alla macinazione selettiva, al recupero meccanico delle componenti in essi contenuti. Il progetto si chiama RaeeIntegra e non si ferma solo agli aspetti ambientali. Ci può spiegare le altre ricadute? Oltre alla ricaduta ambientale già sottolineata e all’integrazione di un processo industriale innovativo nel settore del recupero, la nostra attenzione e concentrata su un percorso d’integrazione sociale. Nel contesto già evidenziato in cui le maggiori potenze economiche si appropriano e sfruttano le risorse dei paesi più poveri come l’Africa, tra cui i giacimenti di estrazione delle Terre Rare, mi sento personalmente debitore nei confronti di questi rifugiati a cui si toglie tutto. Il mio personale percorso d’impegno sociale extralavorativo mi ha fatto conoscere l’esperienza della micro ospitalità attiva nella Valle di Susa, in cui vivo. Gli immigrati vengono ospitati in numero “integrato” alla popolazione in modo da creare sostenibilità ed equilibrio. Con queste prerogative ho ritenuto di contribuire a restituire a questi ragazzi quanto gli viene tolto. Nel percorso di formazione e integrazione possono imparare a recuperare, anche in misura infinitesimale, parte di quella “terra” che ogni giorno gli viene sottratta e da cui sono dovuti fuggire per ricostruire la loro dignità di uomini.