Emergenza smog: i dati 2019 di Mal'aria, il report di Legambiente sull'inquinamento atmosferico in città
Nel 2019 sono stati 26 i centri urbani fuorilegge sia per polveri sottili (PM10) sia per l’ozono (O3). Prima Torino con 147 giornate fuorilegge (86 per il PM10 e 61 per l’ozono), seguita da Lodi e Pavia. Dal 2010 al 2019 il 28% delle città monitorate da Legambiente ha superato ogni anno i limiti giornalieri di PM10. Torino prima in classifica 7 volte su 10 con un totale di 1086 giorni di inquinamento in città
23 January, 2020
In Italia l’emergenza smog è sempre più cronica e si ripresenta puntale ogni anno. A dimostralo i nuovi dati di Mal’aria, il report annuale di Legambiente sull’inquinamento atmosferico in città, che quest’anno scatta una triplice foto sul nuovo anno che si è aperto con città in codice rosso, sul 2019 e sul decennio che ci siamo lasciati alle spalle. Nelle prime tre settimane del 2020 Frosinone e Milano (19), Padova, Torino e Treviso sono i centri urbani che hanno superato per 18 giorni i limiti di PM10. Male anche Napoli (16) e Roma (15).
Un’emergenza smog che ha segnato anche il 2019, un anno critico sul fronte Mal’aria, con 54 capoluoghi di provincia hanno superato il limite previsto per le polveri sottili (PM10) o per l’ozono (O3), stabiliti rispettivamente in 35 e 25 giorni nell’anno solare. In 26 dei 54 capoluoghi, il limite è stato superato per entrambi i parametri. Torino con 147 giorni (86 per il 10 e 61 per l’ozono) è la città che lo scorso anno ha superato il maggior numero di giornate fuorilegge, seguita da Lodi con 135 (55 per PM10 e 80 per ozono) e Pavia con 130 (65 superamenti per entrambi gli inquinanti). E anche il decennio 2010-2019 ci lascia in eredità un bilancio negativo con il 28% delle città monitorate da Legambiente che hanno superato i limiti giornalieri di PM10 tutti gli anni, 10 volte su 10. Maglia nera a Torino, prima in classifica 7 volte su 10, con un totale di 1086 giorni di inquinamento in città.
Un
inquinamento che minaccia la salute dei cittadini e l’ambiente circostante che trova
nel trasporto stradale una delle principali fonti di emissioni di inquinanti
atmosferici nelle aree urbane, senza dimenticare le altre sorgenti come il
riscaldamento domestico, l’industria e l’agricoltura. Settori sui quali occorre
intervenire in maniera sinergica. Per questo oggi l’associazione ambientalista
ha lanciato anche le sue proposte: tra le azioni principali il potenziamento
del trasporto pubblico locale rendendolo efficiente, capillare, a zero
emissioni e riducendo così il numero di mezzi circolanti in Italia, ripensare
le città in una chiave sostenibile, rendere consapevoli le persone, attraverso campagne
di informazione e sensibilizzazione sulle pubblicità spesso ingannevoli legate
al mercato delle auto, eliminare i sussidi alle fonti fossili – nel 2018
parliamo di 18,8 miliardi di euro – destinando quando previsto all’efficientamento
energetico del patrimonio immobiliare del Paese, promuovere pratiche
sostenibili in agricoltura.
“L’ormai
cronica emergenza smog – dichiara Stefano
Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – va affrontata in maniera
efficace. Le deboli e sporadiche misure anti-smog, come il blocco del traffico
adottato nei giorni scorsi a Roma e in diverse città della Penisola, sono solo
interventi palliativi che permettono di contenere temporaneamente i danni
sanitari, ma non producono effetti duraturi se non all’interno di interventi
strutturali. È urgente mettere in campo politiche e azioni efficaci ed
integrate a livello nazionale che riguardino tutte le fonti inquinanti, programmando
interventi sia sulla mobilità urbana sempre più pubblica, condivisa, a zero
emissioni e multi-modale, che sul riscaldamento domestico, la produzione di
elettricità e quella industriale e l’agricoltura. Solo così si potrà aggredire
davvero l’inquinamento atmosferico e affrontare in maniera concreta il tema
della sfida climatica”.
“Ad
oggi - aggiunge Andrea Minutolo,
coordinatore dell’ufficio scientifico - l’Accordo bacino padano, con i suoi
difetti e limiti, e gli Accordi per il Miglioramento dell’Aria sottoscritti da
diverse regioni, rappresentano un
primo passo verso una uniformità di azioni e misure su tutto il territorio
nazionale, ma bisogna fare molto di più migliorando al tempo stesso gli accordi
che ad esempio non prevedono misure rispetto a settori inquinanti come il
comportato industriale e quello energetico, le aree portuali e l’agricoltura. Aree
spesso attigue e integrate ai centri urbani e che richiedono misure specifiche
per ridurne le emissioni. Per quanto riguarda, invece, il tanto discusso blocco
del traffico, tale misura per essere veramente efficace e incidere sulla
riduzione delle emissioni in città, dovrebbe essere strutturata ed
ampliata progressivamente nei prossimi anni affinché diventi permanente”.
Legambiente
ricorda che l’inquinamento atmosferico è al momento la più grande minaccia
ambientale per la salute umana ed è percepita come la seconda più grande
minaccia ambientale dopo il cambiamento climatico. A pagarne le conseguenze
sono i cittadini. Ogni anno sono oltre
60mila le morti premature in Italia dovute all’inquinamento atmosferico che
determinano un danno economico,
stimato sulla base dei costi sanitari comprendenti le malattie, le cure, le
visite, i giorni di lavoro persi, che solo in Italia oscilla tra 47 e 142 miliardi di euro all’anno (330 –
940 miliardi a livello europeo)[1]. La Commissione europea ha messo in atto molte
procedure di infrazione contro gli Stati membri - tra cui l’Italia - per il
mancato rispetto dei limiti comunitari in tema di qualità dell’aria. Stati
membri già alle prese con azioni legali intraprese da associazioni e gruppi di
cittadini che chiedono di poter respirare aria pulita.
Bilancio 2019 PM10 e Ozono:
Tornando ai dati di Mal’aria, entrando nello specifico degli inquinati
monitorati nel 2019 dalle campagne di Legambiente PM10 ti tengo d’occhio e
Ozono ti tengo d’occhio, emerge come lo scorso anno per il PM10 siano state 26 le
città capoluogo di provincia che hanno superato il limite giornaliero (35
giorni con una media giornaliera superiore a 50 microgrammi metro cubo). A
guidare la classifica per le polveri sottili anche per il 2019 c’è Torino (centralina Grassi) con 86 giorni di superamento,
seguita da Milano (Marche) con 72 giornate e Rovigo (centro) con 69.
Seguono con 68 giorni Frosinone (scalo) e Venezia (Beccaria e Tagliamento),
Alessandria (D’Annunzio) con 66 mentre Padova (Arcella) e Pavia (P.zza Minerva)
si sono fermate a 65 giorni; Cremona (P.zza Cadorna) 64 e Treviso (S. Agnese)
62 chiudono la top ten del 2019. Per l’ozono
troposferico, un inquinante tipicamente estivo il cui limite previsto dalla
legge è di 25 giorni all’anno con una concentrazione superiore a 120
microgrammi/metro cubo (calcolato sulla media mobile delle 8 ore), nel 2019 sono state ben 52 le città italiane
che hanno superato il limite dei 25 giorni: Lodi e Piacenza sono in cima a
questa classifica con 80 giorni di sforamento ciascuno, seguite da Lecco
(73), Bergamo (72), Monza e Pavia con 65
2010/2019: Nei
10 anni di campagna di Legambiente PM10
ti tengo d’occhio su 67 città che almeno una volta sono entrate nella
speciale classifica, il 28% di queste (19 città[2]) hanno
superato i limiti giornalieri di PM10 tutti gli anni, 10 volte su 10. Sei città[3] (il 9%) ha
superato i limiti 9 volte su 10 mentre 8 città[4] (il 12%)
lo hanno superato 8 volte su 10. A dimostrazione di come nonostante il trend in
calo degli ultimi anni, ci sono città che rimangono malate croniche di
inquinamento atmosferico e che, dati alla mano, non sembrano poterne uscire
fuori. Torino in questi 10 anni è stata
prima 7 volte su 10 nella “speciale” classifica, collezionando in totale 1086
giorni di inquinamento in città mentre Frosinone,
che nei dieci anni appena trascorsi è stata sul podio ben 7 volte, è la sola altra città ad aver sfondato il
muro dei 1.000 giorni di inquinamento. Alessandria con i suoi 896 giorni di
sforamenti nel decennio si colloca al terzo posto seguita da Milano (890),
Vicenza (846 giorni) e Asti (836) che superano abbondantemente gli ottocento
giorni oltre i limiti. Altre otto città (Cremona, Padova, Pavia, Brescia,
Monza, Venezia, Treviso e Lodi) hanno collezionato più di due anni di “giornate
fuorilegge” (oltre i 730 giorni totali). Unica nota positiva il fatto che negli
ultimi 10 anni (dal 2010 al 2019) si nota come nel corso degli anni ci sia
stato un netto miglioramento del numero delle città oltre i limiti del PM10. Si
è infatti passati dalle 62 città fuorilegge del 2010 alle 26 del 2019 con un
trend più o meno costantemente in calo negli anni, ad eccezione di qualche
annata particolarmente critica.
Quando il cambio d’auto non serve: Infine nel report Mal’aria Legambiente analizza l’attuale situazione del mercato auto, segnato nel 2019 dal cambio di alcuni limiti normativi e dei test di omologazione per le autovetture sempre più stringenti, che di fatto hanno tagliato fuori alcuni tipi di motorizzazioni. Legambiente evidenzia come le case automobilistiche stiano svendendo modelli che tra pochi anni non potranno più circolare, nascondendo la verità ai potenziali acquirenti subissandoli da pubblicità rassicuranti ma molto spesso ingannevoli.
Il report Mal’aria su: https://www.legambiente.it/malaria-di-citta/
[1] SWD (2013) 532 final of 18.12.2013 ”Executive Summary of the Impact Assessment”, p. 2.
[2] Alessandria, Asti, Brescia, Cremona, Frosinone, Lodi, Milano, Modena, Napoli, Padova, Pavia, Reggio Emilia, Rimini, Rovigo, Torino, Treviso, Venezia, Verona, Vicenza.
[3] Bergamo, Ferrara, Monza, Parma, Piacenza, Terni
[4] Avellino, Como, Mantova