Associazioni ambientaliste: 'Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza fallisce sui trasporti'
Kyoto Club, Transport & Environment, Legambiente, Cittadini per l’Aria, Greenpeace Italia e WWf Italia "chiedono al Parlamento di porre rimedio a queste gravi carenze e di poter essere consultate"
14 January, 2021
Le città, l’elettrificazione dei trasporti e la sicurezza stradale non sono una priorità per il PNRR approvato dal Consiglio dei Ministri. Nonostante la crisi di Governo, il piano sarà discusso in Parlamento nei prossimi giorni. Solo 7,5 miliardi di euro per la mobilità urbana e regionale, contro i 29 miliardi necessari, nessuna voce specifica sullo sviluppo di un’adeguata rete di ricarica elettrica nazionale ad uso pubblico, nessun investimento per la riconversione industriale del comparto trasporti, briciole per la sicurezza stradale.
A lanciare l’allarme sono le principali
associazioni ambientaliste Kyoto Club,
Transport & Environment, Legambiente,
Cittadini per l’Aria, Greenpeace Italia e
WWf Italia, secondo cui il Piano Nazionale
di Ripresa e Resilienza contiene, tra le
altre, tre importanti criticità a cui è
necessario far fronte: l’elettrificazione
dei trasporti, le città e la mobilità
urbana, gli investimenti sulle reti e la
sicurezza delle persone sulle strade.
Su un pacchetto da 200 miliardi, non un euro viene stanziato per la necessaria riconversione del settore produttivo automobilistico. I veicoli elettrici sono destinati a passare da nicchia a tecnologia predominante nel giro di pochi anni. I principali paesi europei stanno investendo in modo massivo nella creazione della catena di valore della mobilità elettrica, e molti hanno già indicato una data di fine vendita delle auto a combustione interna.
Inoltre, il testo trascura la questione
cruciale dello sviluppo di una adeguata rete
di ricarica elettrica nazionale ad uso
pubblico per servire i 6 milioni di veicoli
elettrici previsti entro il 2030 dal Piano
nazionale integrato per l'energia e il
clima.
Il Parlamento deve affrontare
questo tema con un serio investimento
dedicato al fine di raggiungere i nostri
obiettivi climatici per il 2030.
In secondo luogo, il Recovery Plan risulta
troppo sbilanciato verso gli investimenti
sulle grandi opere extraurbane, come
l’alta velocità, quando serve dare
centralità al potenziamento della
mobilità su ferro regionale, locale e del
trasporto urbano. Nel documento brilla
la scarsità degli investimenti per le
metropolitane e tramvie, la carenza di
investimenti per le ferrovie suburbane, le
briciole dedicate alla mobilità ciclabile.
Inoltre, nel PNRR sono previsti 7,5 miliardi per gli investimenti per la mobilità di tutte le città italiane e sono davvero insufficienti per dare una svolta e migliorare il trasporto locale, e per il rinnovo parco rotabile. Anche gli obiettivi riguardanti la costruzione delle reti ciclabili urbane non sono in linea con i PUMS delle principali città italiane, molto più ambiziosi rispetto al PNRR. Inoltre si prevedono ancora sussidi alle tecnologie fossili – in particolare agli autobus a gas – mentre gli investimenti per la cura del ferro sono davvero minimi (sarebbe sostituito solo il 3% dei treni regionali).
Infine, per la sicurezza stradale
sono previsti fondi minimi, quasi
inesistenti. Per le città e la moderazione
del traffico non c’è nemmeno un richiamo nel
PNRR. Per la sicurezza sulle strade vi sono
solo le briciole con 1,6 miliardi,
nonostante la dura lezione del crollo del
Ponte Morandi. E poi c’è da restare colpiti
che di queste scarse risorse ben 1,15
miliardi siano destinate alla messa in
sicurezza della sola autostrada A24-25 (a
cui dovrebbe provvedere il concessionario)
mentre ad Anas per la sua rete solo 0,45
miliardi.