La donna 'verde' che pianse a Milano
12 January, 2004
Come se fosse una storiella di Natale o un apologo per l’anno nuovo, vi racconto e segnalo lo scoppio di pianto - per difendere un giardino pubblico, in piena riunione ufficiale - della consigliera di zona Elisa Detti di Milano. Non è un’ attrice, Elisa: è una vivace donna verde, una delle veterane tra le Guardie Ecologiche Volontarie. Il giardino di cui stiamo parlando è un fazzoletto di circa 2 mila metri quadrati, in mezzo al denso delle case vecchie e nuove, tra le vie Conchetta e Torricelli. Era quasi una piccola discarica: sono passati almeno 15 anni da quando Elisa ha trainato la raccolta di firme e la mobilitazione per pulire e piantumare. Dieci anni fa la Giunta comunale (Formentoni) aveva accolto la richiesta e inaugurato il giardinetto pubblico, cresciuto poi con la vigilanza quotidiana di Elisa e il contributo di vari pensionati del quartiere. Tutte le volte che ci passa, praticamente tutti i giorni, Elisa lo sente come cosa pubblica e come cosa sua, contemporaneamente. Eletta in consiglio di zona (in altre città si chiamano consigli di circoscrizione o municipi) è trasecolata qualche settimana fa quando ha saputo che coi poteri commissariali il sindaco aveva deciso di sfondare il giardino per farci sotto i box per le auto. Ma peggio ancora quando è arrivato anche il progetto di lasciarci costruire una casa sopra (il privato lascerebbe in cambio al comune un’area più grande in altra zona). Quando nel dibattito in consiglio l’architetto del Comune per giustificare l’operazione del comune ha detto: “ ma tanto è un buco” Elisa è scoppiata a piangere. Qualcuno l’ha persino presa in giro, altri erano imbarazzati. Conosco le sedi istituzionali e so che non sono così imbalsamate come si crede: a volte ci si arrabbia davvero, ci si insulta, si arriva persino allo scontro fisico. Oppure qualcuno si commuove in discorsi di apertura, commiato, commemorazione. Questa però è una cosa diversa. E’ la manifestazione diretta e autentica in sede consigliare del vero e proprio dolore che provocano certe trasformazioni urbane, ma prima ancora è l’affetto per i pezzi di città tenacemente salvati dalla speculazione e dal degrado. (Come fate a dire che è solo un buco quel giardino amato in mezzo al cemento?). Non riesco a capire se le donne come Elisa siano in aumento o in diminuzione nelle nostre città. Ma di persone così avremmo un gran bisogno. * * * Con l’anno nuovo potrebbero esserci nuovi impulsi alla lotta allo smog e sicuramente ci sarà una situazione delicata a Roma. “Perché mai proprio a Roma?” si chiederà il lettore. Come ho detto più volte, il decentramento (si dice federalismo?) nella applicazione della direttiva europea sui limiti alle micropolveri produce effetti strani. La Lombardia ha appena abbandonato la linea di fare blocchi del traffico “emergenziali”, cioè dopo qualche giorno di supermento di qualche limite, e invece il Lazio – con una delibera introvabile e vaga - abbassa i limiti e chiede “ai comuni” cioè in sostanza a Roma, di fare blocchi dal terzo giorno di superamento. Ma mentre la Lombardia si prende centralisticametne anche la responsabilità di fare i blocchi, il Lazio fa cuocere la patata solo per scaricarla sul livello comunale,a più diretto contatto col pubblico . Così, in questi giorni di apparente vacanza, Roma dovrà decidere se introdurre targhe alterne o quali nuove altre misure da gennaio 2004. Finora il blocco permanente dei non catalizzati nell’Anello Ferroviario (unico in Italia) non è bastato a risolvere il problema, anche perché la marea inquinante che non viene bloccata è quella dei motorini. Recentemente per i motorini è stato disposto l’obbligo di bollino blu, necessario ma non sufficiente. Comunque sia, anche grazie al giochetto della patata bollente, potrebbe essere Roma la città più esposta a novità antismog. * * * Auguri. Vorrei concludere l’annata 2003 – l’anno del blackout- con una cosina che più minimalista di così non si può. Scrivevo un anno fa.: “E soprattutto mi sembra che le Ferrovie, invece di farci viaggiare in scompartimenti alla inutilmente calda temperatura di 24 gradi, potrebbero consentire a noi portatori di computer portatili di caricarli da una presa elettrica, invece di annaspare con batterie.” Lo stesso ragionamento può valere per i telefonini. Non mi sembra di aver notato progressi…