I predoni della carta- da La Repubblica del 26 luglio 2007
Come in Sudamerica anticipano la raccolta dell´Amsa per venderla ai riciclatori. E sono tutti italiani senza un lavoro
27 July, 2007
di FRANCO VANNI
Giuseppe sul cruscotto del furgone Ape ha appesa una fotografia. È l´immagine di un pick-up rosso, marca Toyota, modello vecchio di vent´anni, 2300 diesel. «Se il prezzo del cartone continua a salire, prima o poi mi compro questo», dice. Giuseppe ha 35 anni. Aveva un posto di lavoro, adesso non lo ha più. Ha tre figli. Di giorno, quando riesce a non pensare, dorme. Di notte guida con addosso i guanti antitaglio. Faceva il magazziniere, adesso fa il cartonaio. «Vado in giro a fare la carta di notte perché altre possibilità non ne ho - dice, occhi fissi dopo ore di raccolta - O faccio questo, o faccio le rapine».
L´umanità, fra chi fa la carta, è la più varia: c´è il pensionato che con la minima non tira avanti, e il quarantenne, imbianchino solo quando capita. C´è quello che il furgone se lo fa prestare e chi se lo è comprato, e prova a fare della raccolta abusiva una professione vera
La polizia locale e i dipendenti della azienda di pulizia chiudono un occhio "Non sono ladri ma poveri diavoli che si distruggono per poter vivere"
Giovani senza lavoro, anziani con una pensione troppo bassa, quasi tutti italiani raccolgono quello che la città butta via, il guadagno è di 40 euro a testa
carmine Ha quasi 80 anni, il ripiano del suo Ape è circondato da una rete di due metri. "Così ci faccio stare più roba"
giuseppe "Ora che il prezzo è alto si lavora bene, nei periodi di magra il ricavo se ne andava tutto in benzina"
La regola è una sola, la stessa per tutti: arrivare prima dell´Amsa. Tirare su tutto prima che ci pensino i camion verdi. Corollario della regola: si carica veloce, ma ci si sposta con calma. Perché più pigi sull´acceleratore più spendi dal benzinaio. «Adesso che il prezzo del cartone è alto si lavora bene - spiega Giuseppe - ma nei periodi di magra nemmeno vale la pena uscire. Quello che fai con la carta lo butti tutto nel serbatoio».
In Sudamerica li chiamano cartoneros. Fra loro a Milano si chiamano in un´infinità di modi: raccoglitori, cartai, "quelli che fanno la carta". In città, quelli organizzati, quelli in giro sempre, sono una trentina. Quasi tutti italiani. Molti milanesi. Fanno il giro dei punti di raccolta del cartone da macero dell´Amsa e portano via. Si muovono in furgone, cassone aperto, di modo da potere stipare più roba possibile. Nessuna licenza. Nessuna autorizzazione. Tutto abusivo. Raccolgono quello che Milano butta via. Quando la città produceva acciaio e automobili c´erano i rottamai. Adesso che Milano rilascia imballi e pagine stampate, ci sono loro. «In una notte, se sei bravo, raccogli dai quattro ai sei quintali di cartone», dice Giuseppe. In un punto di raccolta ci sono in media 15 chilogrammi di merce. Quindi in cinque, sei ore capita di dovere ripulire anche trenta o quaranta punti di raccolta. «Se poi hai fame, se hai bisogno - dice Giuseppe - in una notte riesci a fare quasi una tonnellata». Che tradotta in soldi fa 40 euro: i 50 che pagano le strutture private di riciclaggio, meno i 10 della benzina che si spende per farsi su e giù la città. L´agenda la conoscono tutti: in piazza Duomo e vie laterali si va lunedì notte, o giovedì. Martedì si passa corso Venezia e traverse. In zona Paolo Sarpi si va quando si vuole, che i cinesi col commercio ci sanno fare e il cartone lì non manca mai.
La storia del boom dei cartonai a Milano parte dalla Cina e alla Cina ritorna. Se il prezzo del cartone è alto lo si deve alla Cina e ai cinesi. «Quello del cartone è un mercato maledetto», dice Fulvio Benini, titolare della Resmal, azienda privata che ricicla carta a Cernusco sul Naviglio. Spiega Benini: «Per i cartonai è un incubo. Quello che oggi costa 100, il mese prossimo può costare 70, o anche meno. Negli ultimi mesi, grazie al boom delle esportazioni del cartone verso Cina, i cartonai hanno ricominciato a fare un po´ di soldi. La Cina ha bisogno di cartone, e noi glielo mandiamo. A maggio, il prezzo di riferimento della Camera di Commercio per il cartone ondulato era 75 euro, ora è 80, e continua a salire». Se il prezzo è alto, allora bisogna darsi da fare. Che poi degli 80 euro nominali a tonnellata, al cartonaio ne vadano in tasca poco più della metà, poco importa. Bisogna pur mangiare.
Funziona così: i cartonai vendono il cartone alle riciclerie private, una decina solo a Milano, per 40 o 50 euro a tonnellata. Sul prezzo si tratta, ma più o meno resta quello. Le riciclerie rivendono la merce, pulita e imballata, alle grandi cartiere nazionali come la Mondi Packaging di Monza o la Cartiera di Cologno. Il prezzo del cartone a questo punto è di 70 o 80 euro, in base alla qualità, e in riferimento alla tabella prezzi mensile della Camera del Commercio. Oppure, anziché venderlo in cartiera, le riciclerie ammassano il cartone sui container dei grandi broker internazionali del riciclo, come la tedesca Interseroh, o la Vipa con sede a Losanna. «Quando carichiamo i container - racconta Benini - sappiamo già dove va a finire la roba: Shangai. Il 70% della merce esportata finisce lì, perché da loro c´è bisogno, e questo tira avanti il mercato. Un anno fa il cartone valeva poco più di metà di ora, e i cartonai non mangiavano, nemmeno erano in strada». In pratica i cartonai milanesi raccolgono il cartone da imballo davanti ai negozi all´ingrosso in via Paolo Sarpi gestiti da cinesi. Cartone che trasportato da multinazionali svizzere, finisce a imballare merci prodotte in Cina, che poi tornano qui. In una parola: riciclare.
Alla ricicleria del signor Benini, due volte a settimana si presenta Carmine. Ha quasi ottant´anni, vive a Milano da sempre ma non ha perso niente dell´accento calabrese. Ha attrezzato il furgone di modo da potere stipare più carta possibile. Il ripiano del rimorchio è circondato da una rete di ferro alta due metri buoni. Così, finché le braccia gli reggono, in una notte di lavoro riesce a portare a riciclare quattro o cinque quintali di merce. Gli anziani come lui godono di particolari benefit. Gli agenti di polizia locale quando fermano Carmine lo fanno per offrirgli un caffè. Nella notte fra martedì e ieri, in corso Venezia, alle 3.30 del mattino girava il furgone di un anziano cartonaio senza nemmeno la targa. Una vecchia, rumorosa, Ape Piaggio a quattro ruote.
«I cartonai non sono ladri - dice Giorgio, dipendente Amsa in servizio notturno in piazza Duomo - sono poveri diavoli. Uomini che si distruggono di lavoro per poche decine di euro, spesso hanno storie commoventi». Un vecchio regolamento imporrebbe ai dipendenti Amsa di riferire in azienda delle sottrazioni di merce da riciclo, ma le segnalazioni sono ben poche. «Alcune nostri servizi di raccolta vanno a vuoto, le squadre arrivano e non trovano più la carta - dice Carlo Petra - ma non ci sogneremmo neanche di metterci a fare la guerra ai cartonai. Sarebbe inumano impedirgli di lavorare. Certo, spiace che tutto il materiale portato al macero dai cartonai sfugga alle statistiche: saremmo probabilmente una delle città che ricicla in media più carta al mondo».