Il popolo della città che pedala \"Ecco cosa chiediamo al Comune\"
da La Repubblica del 20.09.07
23 September, 2007
di Laura Bellomi
IL RACCONTO
Una giornata con i ciclisti milanesi: imprenditori, studenti, casalinghe vogliono diritti e sicurezza rischio distrazione Mi fanno paura le portiere aperte di colpo Vanno fatte altre piste strade sconnesse In bici vado anche a ballare ma il lastricato va rimesso in sesto il punto peggiore Nei 30 km tra Lotto e Crescenzago temo molto Conciliazione incubo ladri Rastrelliere prima di tutto, ho appena subito un furto spazi riservati Vorrei corsie tracciate con strisce e via libera su alcuni marciapiedi regole dimenticate La cosa più urgente è tornare a far rispettare il codice stradale non solo ciclabili Servono nuovi tracciati protetti e un vero cambio di mentalità rischio due ruote Auto pericolose ma ci vuole più correttezza anche dai motociclisti.
Fabio Bozzetto è matricola all´università. Appena è arrivato a Milano ha cercato una bicicletta: «Perché di notte i mezzi pubblici non funzionano e senza bici non potrei nemmeno andare a ballare». I vantaggi delle due ruote per Fabio sono tanti: «Non inquino, mi tengo in forma, conosco la città e imparo ad orientarmi». Abituato a Trieste e ad una mentalità più favorevole alle due ruote, come ciclista fatica ad ambientarsi: «Non c´è rispetto e il traffico è sempre intenso. Mi sembra che i milanesi siano pigri, usano la macchina anche per tragitti minimi». Alcune difficoltà le ha già vissute sulla pelle: «Pavé sconnesso e poche rastrelliere, ma è mai possibile? Milano è una città pianeggiante, sarebbe perfetta per le biciclette». Per Leandro Lima, brasiliano di 28 anni, il clima di Milano è l´ideale per pedalare: «Non fa troppo caldo e l´umidità è sopportabile». Macina ogni giorno trenta chilometri, da Crescenzago a Lotto e viceversa, trenta minuti a tratta, e oramai ha una mappa mentale dei posti da cui stare alla larga: «Conciliazione, troppe le immissioni di automobili» e quelli in cui invece si può stare più tranquilli: «Via Padova, la strada è larga e c´è posto per tutti».
Ciclisti tutti d´accordo, per il centro non c´è mezzo più comodo. Christian Dominici, commercialista trentenne, non si spinge oltre i bastioni: «Troppo traffico, si dovrebbe poter andare sui marciapiedi. Ma la bici è insostituibile, i tempi si dimezzano: la uso perfino per andare agli aperitivi». Ci si sposta su biciclette arrugginite ma anche nuove di zecca. Simone Masin la bici l´ha appena comperata. Lavora alla Bicocca e proprio ieri gliel´hanno rubata, davanti all´università. Adesso lancia un appello: «Servono rastrelliere a cui legare il telaio, altrimenti basta sganciare la ruota e addio bici».
Dopo decenni in cui i cambiamenti non arrivano Iva Sego, 40 anni, non ha più speranze: «Sempre i soliti pericoli, traffico e portiere che si aprono all´improvviso». È sconsolata, non sa più dove pedalare. «Per strada no, ci sono le macchine. Sui marciapiedi neppure, ci sono i pedoni. Che cosa chiedo al Comune? Soltanto una pista ciclabile, è troppo?». La speranza torna con Carla Campanini, 74 anni. Nonostante tutto non ha mai perso la voglia di pedalare. Per comodità e per scelta, perché i ciclisti sono silenziosi e non inquinano. «Cinquant´anni fa per le strade pedalavo solo io, il fattorino del fruttivendolo di via Borgospesso e una signora bellissima con un cappello di paglia». Bei tempi, pedalare era una delizia. «Adesso è tutto pericoloso, da qualche anno sono arrivati anche i primi morti: sbaglio a chiedere il rispetto del codice stradale?».
Italiani e stranieri, tutti vorrebbero una viabilità protetta, più sicura, anche perché in altre parti d´Europa le piste ciclabili non sono un sogno. Anamaria Rak, studentessa ventunenne, viene da Varsavia. Appena è arrivata a Milano ha chiesto dove erano i percorsi ciclabili: «Si sono messi tutti a ridere. Ma la verità è che con il tram e gli autobus impieghi molto più tempo. In Italia si passa con il rosso: oltre ai percorsi riservati, servirebbe un cambiamento di mentalità, i ciclisti vanno tutelati». D´accordo anche Igor Dela Pena, filippino al lavoro in un´impresa di pulizie. 36 anni, dopo il lavoro indossa i calzoncini rinforzati e affronta quindici chilometri per arrivare a casa: «Solo venticinque minuti, a Milano però bisogna stare molto attenti, soprattutto a moto e macchine». Igor è stato anche socio di Ciclobby ma un cruccio gli è rimasto: «In mezzo alla strada non si può stare ma se pedali vicino al marciapiede rischi una portiera in faccia. E quando te ne accorgi sei già per terra. Solo un´ultima domanda: quando arrivano le piste ciclabili?».