La sostenibilità passa dal portafoglio e dalla mobilitazione dei cittadini
18 December, 2023
Due notizie apparse recentemente contengono elementi utili per fare qualche riflessione sul tema della sostenibilità ambientale.
La prima riporta gli esiti di un'indagine di Altromercato che fotografa come la responsabilità individuale verso temi etici, ma anche ambientali, viene percepita e vissuta nel nostro paese.
La seconda riguarda un appello politico lanciato nei giorni della Cop19 Unfccc a Varsavia dal Worldwatch Institute -commentato da greenreport.it- che ha presentato lo scorso settembre il rapporto “State of the World 2013: Is Sustainability Still Possible?”
L'indagine condotta dall'Osservatorio Altromercato del Vivere Responsabile, che misura lo sviluppo e il radicamento di stili di vita sostenibili nel Paese fornisce- come introdotto- alcuni elementi utili per capire a che punto siamo.
ll quadro che emerge dall'indagine è quella di un paese socialmente responsabile, ma soprattutto quando c'è un tornaconto personale, o se si è spinti dalle autorità.
Nel 60% degli intervistati ci sarebbe la volontà di fare scelte etiche, ma in mancanza di un ritorno economico nell'intraprenderne alcune -o sanzioni che ne scoraggino altre- tutto rimane nel limbo delle buone intenzioni.
Sono infatti pratiche diffuse tra l'oltre 70% degli intervistati azioni come la limitazione degli sprechi e la riduzione del consumo di energia di acqua e di detersivi. Una partecipazione decisamente più bassa si registra per pratiche sostenibili come l'acquisto di prodotti locali, l'uso di mezzi pubblici, l'acquisto di prodotti di aziende etiche, di prodotti biologici, di acquisto tramite i GAS. L'articolo completo è disponibile qui.
Sulla stessa lunghezza d'onda l'esito di un monitoraggio sul consumo di shopper usa e getta, (durato sei mesi) in 13 comuni italiani realizzato dalla campagna Porta la Sporta. Il dato che ne esce è che la responsabilità sul livello di consumo dipende dal venditore che non sensibilizza i clienti, offrendo in anticipo sacchetti magari non necessari o richiesti, e soprattutto li omaggia.
Questa testimonianza viene portata all'interno della SERR dalla quarta edizione della Settimana Porta la Sporta che chiude così la stagione degli eventi nazionali.
Si dice che il nostro paese abbia ridotto in modo consistente il consumo di sacchetti monouso senza però specificare che la riduzione è avvenuta soprattutto nei supermercati, dove il sacchetto è per lo più a pagamento. Nel settore del piccolo commercio, incluso quello ambulante, tale riduzione riguarda pochi esercizi.
La Commissione europea ha adottato recentemente una proposta di legge che obbliga gli Stati membri a ridurre l'uso delle borse di plastica sottile scegliendo come farlo.
Allo stesso tempo l'Europa chiede (dal 2011) ai paesi membri di fare un uso efficiente delle risorse, contribuendo così a ridurre l'impatto ambientale di stili di vita e di consumo che sono responsabili dell'emissione di gas ad effetto serra, e del riscaldamento climatico.
Pertanto la soluzione più semplice/scontata consiste nel fare pagare i sacchetti monouso nel settore alimentare e del Retail ( sull'esempio di Decathlon, Ikea e insegne del Bricolage che nei loro punti vendita italiani non regalano più i sacchetti come in passato).
Sembra che persino PlasticsEurope, che rappresenta i produttori europei di materie plastiche, non sia contraria a forme di tassazione. A condizione che esse siano estese a tutti i tipi di sacchetti usa-e-getta (non solo di plastica) per aumentare la consapevolezza dei consumatori sui costi ambientali.
Cosa stiamo aspettando ancora ?
IN CONCLUSIONE
Quindi, ammesso che una buona parte dei cittadini, spinta da leve economiche o per senso di responsabilità socio-ambientale riduca il proprio impatto sull'ambiente, che cosa servirebbe per un cambiamento su grande scala ?
Gli autori del Rapporto State of the World 2013 lanciano un monito sulla necessità che le azioni dei singoli passino dal livello individuale a quello collettivo «L’ingrediente mancante non è più quello individuale degli eco-perfezionisti, ma piuttosto l’impegno collettivo per svoltare verso un cambiamento politico ed economico».
«Le piccole azioni sono un bel posto per iniziare, ma sono un posto terribile per fermarsi – dice Annie Leonard, una delle autrici e co-direttrice di The Story of Stuff che ha curato un capitolo del rapporto – Frammentare il degrado ambientale come risultato di una cattiva scelta individuale sulla spazzatura, di chi lascia le luci accese quando lascia una stanza o non aderisce al carpooling, ci distrae solo dall’identificare e da chiedere un cambiamento ai veri driver del declino ambientale. Inoltre si rimuovono questi temi dal regno politico e si fanno diventare personali, il che implica che la soluzione sta nelle nostre scelte individuali piuttosto che in politiche migliori, pratiche commerciali e nel contesto strutturale».
La ricetta degli esperti statunitensi del Woldwacht Institute consiste in tre azioni collettive: fake uhren
- Produrre il cambiamento più ampio. Dalle facili azioni verdi spostare le persone a prender parte ad un movimento di massa che conduca al cambiamento.
- Costruire strategie politiche. Per avere un effetto vero e duraturo sulla politica le azioni devono unire approcci “top-down” e “bottom-up” con strategie adattate ai contesti locali di tutto il mondo.
- Mobilitazione dei cittadini. chiamare le persone ad agire all’interno di campagne politiche più ampie che le coinvolgano, a lavorare insieme utilizzando l’intera gamma di strumenti a loro disposizione, tra cui l’organizzazione, lobbying, azioni legali, sanzioni economiche, e disobbedienza civile.
L'articolo completo qui
Ma chi deve assumersi la responsabilità di fare scoppiare la scintilla ?
La risposta più sensata, visto le grandi sfide ambientali che abbiamo di fronte, a partire dal cambiamento climatico è: ognuno di noi.
Si tratta di una responsabilità che non può essere più delegata solamente a soggetti politici piuttosto che gruppi industriali- visto i risultati- ma condivisa in modo trasversale tra tutti i soggetti: dal mondo industriale alle istituzioni pubbliche alla società civile.
In ogni campo ci sono soggetti capaci e lungimiranti in grado di fare da apripista e trainare gli altri.
Sul ruolo che i cittadini/consumatori e i decisori aziendali possono avere ci scommette il Commissario all'Ambiente Janez Potočnik, che ha recentemente dichiarato "Saranno il business e le persone che determineranno la velocità della transizione verso un’Europa più verde". In questa occasione non viene da lui minimamente citata l'azione dei governi che invece l'industria spesso invoca come priorità.
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