Una mattina da ciclista: vita e pericoli nel traffico di Roma
Il coordinamento "Di traffico si muore" convoca i giornalisti per una conferenza stampa itinerante. Tutti in bicicletta per vedere Roma dalle due ruote, sperimentare sulla propria pelle problemi e pericoli e discutere delle proposte da portare ai tavoli tecnici con l’Assessore De Lillo. Mentre annunciano azioni legali "contro le istituzioni che non ci tutelano" - da La Repubblica del 15.12.2009
15 December, 2009
Flaminia Festuccia
Una prova dal vero. Testare in prima persona le difficoltà del traffico romano in un’insolita conferenza stampa “a pedali”. Con i rappresentanti del coordinamento “Di traffico si muore”, tutti in bicicletta tra via dei Fori Imperiali e piazza Cavour per vedere come si vive la Capitale in un giorno lavorativo dalle due ruote. E intanto si parla, si racconta, si spiega. Alle 18.30 c’è il secondo incontro con l'assessore alle Politiche ambientali del comune, Fabio De Lillo, per individuare le prime azioni urgenti per la mobilità “leggera”, e le proposte dei ciclisti sono ben chiare.
Oltre a quelle già portate al primo tavolo tecnico (più zone a 30 chilometri orari, maggiori controlli sulla velocità) le associazioni vogliono mettere in campo un’idea molto europea, con il vantaggio di essere a costo zero: rendere ciclabili le corsie preferenziali, come si vede già a Londra e Bruxelles. “Ci sono molti vantaggi” commenta Paolo Bellino, del coordinamento, “prima di tutto sulle corsie passano meno veicoli, quindi sono più sicure per le biciclette. E poi gli autisti dei mezzi pubblici e dei taxi dipendono tutti in un modo o nell’altro dal Comune, che può quindi provvedere a un’ “educazione alla convivenza urbana” per i suoi dipendenti”. “Ma”, continua, “stiamo valutando anche di promuovere azioni legali contro le istituzioni che non ci tutelano”.
Stefano Casini, che nella vita fa il guardaparco alla Bufalotta, ha una proposta anche più audace: “La tangenziale la notte è chiusa alle macchine, io ne farei una ciclabile notturna…certo stando attenti al pazzo di turno che la prende lo stesso a tutta velocità”. E sui problemi quotidiani ha qualcosa da aggiungere: “Andavo sempre a lavorare in bicicletta, ora tra casa mia e il parco hanno costruito il centro commerciale Porta di Roma, lo dovrei aggirare”. E per chi conosce quelle strade le parole di Stefano hanno il sapore eroico di un’impresa fantascientifica.
Anche girare per il centro, comunque, non è una passeggiata. Una decina di bici non sono “massa critica”, ma per lo meno le macchine le vedono. Appena si rimane staccati dal gruppo, la sensazione è quella di essere invisibili – o comunque fastidiosi. Nei tratti liberi auto e taxi accelerano immediatamente, nel traffico si incollano fra loro lasciando ben pochi spazi per passare. A piazza Venezia le automobili che arrivano da ogni direzione sono difficili da gestire d aun mezzo leggero come la bici, e bisogna essere decisamente smaliziati per non spaventarsi. “Io cerco di non avere paura” dice Cristian, 23 anni, studente con i dreadlocks che per scelta etica (“ma anche economica”, aggiunge) gira su due ruote, “ perché se hai paura ti blocchi, vai piano, e nessuno ti vede più. Bisogna farsi valere anche in bicicletta”.
Poi c’è Michelangelo, con il figlio sul seggiolino: “In bici con lui cerco di evitare i punti critici, i grandi snodi, magari allungo un po’ ma non voglio rischiare. Secondo me una buona soluzione potrebbe venire dagli attraversamenti pedonali rialzati, lì le macchine devono rallentare per forza”. Con la voce di chi ha abbandonato l’auto da anni racconta: “Quello che manca è il rispetto degli automobilisti per le altre componenti del traffico. Sotto casa mia, a via Gregorio VII, ad esempio, c’è un semaforo pedonale, ma per le macchine è come se non esistesse, in pochissimi si fermano. Il fatto è che protetto dalla lamiera non hai paura di farti male e ti senti il padrone della strada”. Ma non si parla solo di bicicletta, il leitmotiv è: “Con i mezzi pubblici non hai la sicurezza di arrivare in orario, per essere puntuale devi essere autonomo”. E se non vuoi prendere la macchina l’alternativa sono solo le gambe, a piedi o a pedali. Sembra un paradosso, ma i ciclisti continuano a dire “non ci servono le piste ciclabili”. “Girando con un mezzo “dolce” come la bici”, spiega Paolo Bellino, “ti rendi conto di quanto le automobili siano invadenti, pericolose, ingombranti. Potenziando i mezzi pubblici, rendendoli affidabili e puntuali, le macchine diminuirebbero spontaneamente, con un miglioramento sia del traffico che dell’aria che respiriamo”. Il succo del discorso è questo: diamo un’a lternativa valida a chi non vuole prendere l’auto per ogni spostamento. Perché la buona volontà deve fare la sua parte, ma le infrastrutture, di certo, non aiutano