Anche in Puglia “Acqua di rubinetto? Sì, grazie!”
Legambiente Puglia e Acquedotto Pugliese S.p.A. insieme per “Acqua di rubinetto? Si, grazie!” una campagna nazionale per la promozione dell’acqua di rubinetto. Secondo i promotori “con 250mila controlli all'anno, l'acqua di rubinetto pugliese è buona, sicura, economica e non inquina”. Bocciata la Puglia in un dossier di Legambiente sui canoni di concessione sulle acque minerali
30 March, 2010
“Acqua di rubinetto? Si, grazie!” è la campagna nazionale di Legambiente e Federutility, la federazione delle aziende di servizi pubblici locali che operano nel settore idrico. In Puglia, l'iniziativa è realizzata con la collaborazione di Acquedotto Pugliese S.p.A.
Obiettivo della campagna è dimostrare che l’acqua del rubinetto è sicura e controllata: a garantirne la qualità sono infatti migliaia di controlli che vengono eseguiti ogni anno su campioni di acqua per fare analisi su decine di parametri previsti dalla normativa. Il numero di analisi dipende dal volume di acqua distribuito, dalla lunghezza e dalla complessità dell’acquedotto mentre sono 62 i parametri di qualità chimica, fisica e batteriologica che l’acqua deve rispettare per essere considerata potabile (decreti legislativi n. 31/2001 e n. 27/2002, in attuazione della direttiva europea 98/83/CE). Sono numeri che dimostrano quanto l’acqua di rubinetto delle nostre case sia molto più controllata di quelle in bottiglia. Per quest’ultime, infatti, le prescrizioni normative prevedono la realizzazione di una sola analisi all’anno (Decreto 29 dicembre 2003 Art. 3) da parte dei soggetti titolari della concessione, che viene inviata al Ministero della Salute insieme a una autocertificazione relativa al mantenimento delle caratteristiche delle acque. Naturalmente, come per ogni settore anche per quello idrico capitano temporanei disservizi, sospensioni del servizio o uscita temporanea dai parametri qualitativi. Negli anni, però, è cresciuta sempre più l’attenzione ai controlli. Le analisi vengono eseguite in parallelo dagli enti di controllo (Asl e Agenzie regionali protezione ambiente) e dal gestore del servizio idrico, utilizzando anche sofisticate tecnologie di telecontrollo che permettono il monitoraggio in tempo reale di alcuni parametri fondamentali per la potabilità dell’acqua.
“La purezza dell’acqua – secondo Massimiliano Bianco, Direttore Generale di Acquedotto Pugliese- è garantita da 250mila controlli l’anno effettuati nei 6 laboratori chimici e microbiologici, in ogni fase del ciclo produttivo e nel rispetto di 71 parametri diversi. In questi anni l’Acquedotto Pugliese ha realizzato numerosi interventi per il miglioramento della qualità, tra cui l’installazione di ulteriori stazioni di filtrazione a carbone attivo sui potabilizzatori, l’inaugurazione del nuovo laboratorio centrale di controllo delle acque a Bari e l’avvio di un innovativo sistema di telecontrollo delle reti in grado di monitorare anche i principali indici di potabilità dell’acqua in tempo reale per complessivi 50 milioni di Euro. Un impegno che ci consente di erogare acqua sempre più sicura e di ottima qualità”.
L’acqua del rubinetto poi, non è solo sicura, ma anche economica e rispettosa dell’ambiente. “Non bere l’acqua di casa - dichiara Francesco Tarantini, Presidente di Legambiente Puglia- significa rinunciare ad una risorsa sana, perché controllata con rigorose norme sanitarie, e molto economica, visto che un litro di acqua del Sindaco può costare fino a mille volte meno di quella in bottiglia. Inoltre, l’acqua di rubinetto rispetta l’ambiente perché arriva direttamente nelle case senza produrre emissioni di CO2 e rifiuti plastici”.
Infatti, solo un terzo delle bottiglie di plastica utilizzate per l’acqua minerale viene raccolto in modo differenziato e destinato al riciclaggio, mentre i restanti due terzi finiscono in discarica o in un inceneritore. Inoltre il consumo annuo di 12 miliardi di litri di acqua imbottigliata comporta, per la sola produzione delle bottiglie, l’utilizzo di 350mila tonnellate di polietilene tereftalato (PET), con un consumo di 665 mila tonnellate di petrolio e l’emissione di gas serra di circa 910 mila tonnellate di CO2 equivalente. La fase del trasporto dell’acqua minerale infine influisce non poco sulla qualità dell’aria: solo il 18% del totale di bottiglie in commercio viaggia sui treni, tutto il resto viene movimentato su strada.
L’Italia è il Paese in cui si ha il maggior consumo di acqua in bottiglia nel mondo con il conseguente business miliardario per le industrie dell’acqua minerale che pagano canoni di concessione molto bassi. Non esistendo una legge nazionale, ciascuna regione decide da sé e i canoni risultano estremamente variabili, non solo nel costo ma anche nei criteri di definizione. Un dossier pubblicato da Legambiente “Il far west dei canoni di concessione sulle acque minerali” boccia la Puglia, insieme a Liguria, Calabria, Molise, Emilia Romagna, Sardegna perché fanno pagare solo in base alla superficie della concessione e non sui metri cubi. La Puglia, in particolare, oggi non chiede nessun corrispettivo per l’imbottigliamento dei circa 92 milioni di litri d’acqua che viene effettuato sul suo territorio e che potrebbe invece far incassare annualmente 230mila euro in più. Tuttavia, la nostra regione, dopo numerose battaglie di Legambiente, è finalmente passata dall'irrisorio 1,033 euro a 50 euro ad ettaro nell'aprile scorso per le 16 società imbottigliatrici presenti sul territorio regionale. Legambiente chiede comunque che la legge venga rivista perchè il canone sia proporzionale ai volumi emunti o imbottigliati per garantire la tutela delle falde dagli sprechi e dallo sfruttamento. Durante l’iniziativa si è posto l’accento sul tema della privatizzazione dell’acqua tornato improvvisamente di attualità dopo l’approvazione del decreto Ronchi che obbliga i comuni a mettere a gara il servizio idrico.
“L’acqua è un bene comune, il suo utilizzo deve rispondere a criteri di utilità pubblica e Legambiente - continua Tarantini - è assolutamente contraria ad ogni norma che obblighi alla privatizzazione del servizio idrico nel nostro Paese. Per Legambiente il prezzo dell’acqua andrebbe fissato tenendo conto del fatto che si tratta di un bene finito e probabilmente destinato a scarseggiare sempre di più per effetto dei cambiamenti climatici. Un bene, dunque, da consumarsi con parsimonia e che non deve sottostare a criteri mercantili. La sfida ambientale della gestione della risorsa idrica - aggiunge Tarantini - deve passare anche dalla ‘gestione della domanda’ alla ‘pianificazione dell’offerta’, partire cioè da una valutazione della reale disponibilità idrica per pianificare in seguito le attività, invece di basarsi sulle richieste idriche e cercare disperatamente di soddisfarle”.