La manovra economica minaccia le rinnovabili
Aumentano le polemiche per l'articolo 45 della “manovra Tremonti”, che rimuove l'obbligo per il Gestore dei servizi elettrici di acquistare a fine anno i certificati verdi per la produzione di rinnovabili rimasti invenduti. Secondo le associazioni di settore e i gruppi ambientalisti, il provvedimento rischia di far precipitare i prezzi di mercato, arrestando lo sviluppo dell'energia verde in Italia
07 June, 2010
La manovra finanziaria recentemente approvata dal governo cancella il meccanismo incentivante per i nuovi impianti di produzione di energie rinnovabili. È questa l'accusa lanciata da associazioni di categoria e gruppi ambientalisti all'articolo 45 della manovra, che stabilisce l'abolizione dell'obbligo per il Gse (Gestore servizi elettrici) del riacquisto dei certificati verdi. Finora, il meccanismo in vigore era questo: a fronte di una domanda annua dei produttori di energia rinnovabile che si aggira mediamente sui 7 TWh (TeraWatt ora), il Gse emetteva ogni anno certificati verdi per 11 Twh, con uno scarto positivo, dunque, tra offerta e domanda (una situazione abbastanza comune nei mercati ancora “acerbi” come quello italiano). Tuttavia, il Gestore era obbligato, a fine anno, a riacquistare i certificati in esubero, per evitare squilibri nel mercato e scongiurare il crollo del prezzo di scambio dei certificati verdi, in modo da non penalizzare gli investitori.
Arrestando questo ingranaggio, la manovra finanziaria varata dal governo ha scatenato le ire delle associazioni ambientaliste, ma anche dei rappresentanti delle aziende e delle lobby legate alla produzione di energia da fonti rinnovabili. Federambiente e Fise Assoambiente, ad esempio, sostengono che «l'Italia rischia ora un blocco dello sviluppo delle fonti rinnovabili, già ampiamente sotto la media europea e sempre più lontane dall’obiettivo 17% di energia prodotta previsto per il 2020». Una preoccupazione condivisa da Asso Energie Future, secondo cui la manovra Tremonti rappresenta «un vero e proprio boicottaggio allo sviluppo delle energie pulite, una condanna al settore senza precedenti. Con questa manovra raggiungere l'obiettivo Ue 20-20-20 diventa impensabile. Tutti gli sforzi fatti dal Paese per arrivare a produrre un quarto di energia verde sul totale dell'elettricità ora sono nulli».
Forti critiche arrivano anche dal mondo ambientalista, che ritiene, tra l'altro, che il provvedimento sia inutile ai fini della stabilità finanziaria del paese. Secondo Edoardo Zanchini, responsabile energia e clima di Legambiente, «questo provvedimento non avrebbe alcun effetto per le entrate dello Stato, visto che non sono finanziamenti pubblici ma un meccanismo di mercato che obbliga le aziende del settore energetico a produrre una quota minima da fonti rinnovabili e a muovere così i progetti da biomasse e biogas, eolici, geotermici, idroelettrici». Polemico anche Stefano Leoni, presidente del Wwf Italia, secondo cui «quest'articolo creerà solo danni alla nostra economia, aumenterà il debito pubblico e certo non aiuterà a diminuire le emissioni di gas serra rispetto alle quali il nostro paese non ha ottemperato alle riduzioni fissate dagli accordi internazionali».
Per chiedere che la norma venga corretta, un gruppo di associazioni di settore (Aper, Anev, Anab, Federpern, Fiper, Greenpeace Italia, Ises Italia, Legambiente e Kyoto Club) ha rilasciato un comunicato congiunto in cui sottolinea che «il provvedimento presenta profili di illegittimità rispetto alla modifica retroattiva del sistema, e andrebbe a generare sui progetti già in essere una grave situazione di insolvenza i cui effetti sarebbero, oltre ai danni economici indicati in centinaia di milioni di euro e di perdita di livello occupazionale, anche i mancati benefici ambientali che a loro volta genererebbero al 2020 costi inaccettabili e insostenibili per il sistema paese».
L'alternativa alla norma tanto discussa potrebbe essere, secondo Gerardo Montanino, direttore operativo del Gse, l'innalzamento della quota di energia verde nel mix elettrico nazionale, che potrebbe portare a una spinta verso l'acquisto dei certificati, al rispetto degli accordi con l'Europa e alla crescita dell'occupazione.