La polpa di cellulosa regge davvero le alte temperature?
Nel nostro articolo sulle alternative di carta ai piatti usa e getta in plastica scrivevamo che la polpa di cellulosa (compostabile) sopporta una temperatura di 200°C. Qui di seguito l'interessante obiezione di un lettore e la controrisposta di un esperto
01 October, 2010
In seguito all'articolo apparso su Eco dalle Città il 28 settembre, in cui venivano presentate le diverse alternative cartacee ai piatti usa e getta in plastica, un lettore, Giovanni Salcuni, ci ha segnalato la sua perplessità in merito al fatto che la polpa di cellulosa possa reggere una temperatura di 200°C e contemporaneamente essere compostabile, come da noi indicato.
Per rispondere correttamente alla sua obiezione, ci siamo rivolti a Minimo Impatto uno dei distributori che ci aveva fornito più informazioni sui prodotti in polpa di cellulosa in commercio; la società ci ha messi in contatto con i propri produttori e così abbiamo potuto chiedere un parere tecnico ad Armido Marana di Zema, che ci ha spiegato perché le due caratteristiche non sono in realtà in contraddizione fra loro.
Riportiamo qui di seguito il commento del lettore e la risposta dell'azienda.
Il commento del lettore, Giovanni Salcuni
“In merito ai piatti realizzati in polpa di cellulosa si scrive che resistono a temperature fino a 200 C°. Ora, gli impianti che producono compost organico (e che lo realizzano principalmente utilizzando come materia prima proprio la raccolta dello scarto umido organico domestico) lavorano a temperature di circa 50-60°C max. Pertanto, viene spontaneo chiedersi come un piatto che resiste a temperature di 200 C° possa essere smaltito nella frazione umido organico per produrre compost e quindi come tale piatto possa di conseguenza essere conforme alla Norma EN 13432 sulla compostabilità.
Infatti, una resistenza a 200 C° impedirebbe di fatto il compostaggio del piatto negli impianti dove si lavora a temperature sensibilmente inferiori. Se così fosse, allora dove andrebbe conferito a fine ciclo vita il piatto in polpa di cellulosa? Sarebbe forse necessario un riciclo meccanico prima di conferirlo nell'umido organico per produrre compost? E se così fosse, quale piattaforma ecologica dovrebbe accogliere tale prodotto, dove andrebbe smaltito?
Sicuramente, ritengo che un piatto realizzato (correttamente) in bioplastica bio-compostabile realisticamente può resistere (a seconda degli spessori) fino a 50-60 C° continui senza deformarsi. Certamente ciò può rappresentare dei limiti di utilizzo, però tale piatto potrà senza dubbio essere smaltito nella frazione umido organica della raccolta differenziata destinata alla produzione di compost organico”.
La risposta di Armido Marana, Zema
“I nostri piatti sono realizzati in pura cellulosa, ovvero dallo scarto di prima
lavorazione della canna da zucchero (bagasse). Il processo produttivo è realizzato pressando la cellulosa a caldo, permettendo pertanto la resistenza ai liquidi. Per quanto riguarda la resistenza alla temperatura, la cellulosa resiste effettivamente ai 200°C indicati nell'articolo, come si può verificare al momento dell'uso. E' particolarmente indicata per l'inserimento nel forno a microonde, in quanto tale strumento agisce sul cibo e non sul piatto, mentre la si sconsiglia se il forno è di tipo tradizionale.
In ambiente di compostaggio però, il discorso cambia, in quanto in questo tipo di processo non agisce solo la temperatura, ma un insieme di fattori, quali l'umidità e la presenza di batteri ed enzimi che in tale ambiente aggrediscono il materiale scomponendolo in CO2, ossigeno, zucchero e acqua. E' da questa "aggressione"che si sviluppa la temperatura citata dal lettore (50-60°C, NdR), in quanto le reazioni chimiche sviluppano energia che nel nostro caso si manifesta in calore.
Possiamo quindi affermare che la temperatura da sola non scompone la cellulosa, ma al limite la brucia. Il processo di compostaggio avviene per l'aggressione di batteri ed enzimi che scompongono i materiali trasformandoli in Compost.
La norma EN 13432 prende come riferimento per la decomposizione dei materiali proprio la cellulosa. Infatti, dalle nostre esperienze presso molti impianti, i piatti in polpa si degradano senza problemi in tempi anche più brevi rispetto quelli previsti dalla norma.
Se noi immaginiamo alcuni imballi molto spessi, fatti in cartone, li troviamo molto resistenti finché non vengono bagnati o messi in ambienti umidi, dopo di che si espongono ad una veloce decomposizione”.