COP16, gli aggiornamenti da Cancun di Emilio D'Alessio (Agenda 21 Italia)
Emilio D'Alessio alla COP16 di Cancun per il Coordinamento Agende 21 Locali Italiane. Aggiornamenti dalla Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici con una selezione dei post pubblicati sul blog Sostenibilitalia. Lo speciale COP16 sul sito di Agenda 21 Italia
07 December, 2010
Fino al 10 dicembre 2010 si svolge a Cancun, in Messico, la COP16 - Conferenza ONU sui cambiamenti climatici. Le autorità locali italiane sono rappresentate alla conferenza dal Coordinamento Agende 21 Locali Italiane. Per il Coordinamento, si trova a Cancun Emilio D'Alessio, ex-presidente di Agenda 21 Italia, che segue da anni le COP e i negoziati ONU sul clima. Pubblichiamo alcuni aggiornamenti da Cancun di Emilio D'Alessio tratti dal suo blog Sostenibilitalia:
Martedì 14 dicembre 2010
Il bignamino di Cancun
Se avete inserito il correttore automatico di Word e digitate Cancun il computer lo trasforma immediatamente in cancan.
Nelle aspettative di molti, questo sarebbe dovuto essere l'esito della COP 16 messicana: una ridda di posizioni politiche inconciliabili, la messa in discussione dello stesso meccanismo decisionale delle Nazioni Unite, in sintesi un fallimento totale.
Le cose non sono andate così e anche i più scettici ammettono che le conclusioni della conferenza sul clima di Cancun hanno superato nettamente le aspettative. Non si è arrivati ad un accordo legally binding, è vero, ma nessuno ci sperava davvero. Due settimane di pazienti e laboriosi negoziati hanno portato all'approvazione di una serie di accordi di rilievo che hanno avuto il benestare di 192 delegazioni su 193, con l'unica opposizione della Bolivia. Questa sarebbe in sè una violazione del protocollo delle Nazioni Unite, che prevede l'unanimità, ma la presidenza messicana ha voluto portare a termine un piccolo strappo sull'argomento, dichiarando comunque approvate le decisioni. Lo scorso anno a Copenhagen la Bolivia si oppose alla ratificazione del Copenhagen Accord assieme ad altre sei nazioni: Venezuela, Nicaragua, Costarica, Cuba, Sudan e Tuvalu. A Cancun il presidente boliviano Evo Morales, che è stato presente alla conferenza, è rimasto solo. Morales e la Bolivia hanno rifiutato gli accordi perché giudicati troppo inconsistenti rispetto alle necessità. Una posizione radicale ma rispettabile, che però non ha trovato proseliti. Tutti gli altri hanno preferito la via di un accordo di massima, non vincolante ma politicamente importante, che ristabilisce un percorso comune destinato a concludersi tra un anno alla COP 17 di Durban in Sud Africa.
Gli accordi di Cancun sono riassunti in una serie di documenti tematici, i cui due principali sono quelli relativi al protocollo di Kyoto e alla cooperazione a lungo termine. Su questi due tavoli si giocava il ruolo delle Nazioni Unite come controllore e garante di un percorso politico globale nella lotta ai cambiamenti climatici. E su questi due tavoli sono stati raggiunti i risultati politici più importanti. Per quanto riguarda il protocollo di Kyoto, che scade nel 2012, il documento ne garantisce una estensione, cancellando le riserve espresse da Giappone, Canada e Russia. Sul tema della cooperazione a lungo termine, ovvero del ruolo dei paesi emergenti, Cina, India e gli altri accettano un percorso che li porterà a limiti prescrittivi e ad attività di controllo e verifica dei risultati ottenuti. Certo, i tetti di emissione per ogni singolo paese non sono stabiliti, ma questo era prevedibile e forse necessario per raggiungere un accordo in Messico. Nel mio piccolo io stesso avevo prospettato questa ipotesi alla commissaria europea per il clima Connie Hedegaard.
Altre decisioni importanti sono state concordate sui temi della deforestazione, dei finanziamenti per l'adattamento ai cambiamenti climatici dei paesi più poveri, sulla condivisione delle tecnologie (tutte qui).
Sotto il profilo dei numeri è importante notate che nei documenti finali la conferenza ha adottato le riduzioni di CO2 indicate dagli scienziati dell'UNFCCC, ovvero dal 25 al 40% entro il 2020 e almeno l'80% entro il 2050. Queste, secondo il cartello di scienziati ONU, sono le quantità necessarie per cercare di limitare il riscaldamento globale ad una soglia di 2° per la fine del secolo. E anche se gli accordi di Cancun non prevedono obiettivi vincolanti per i singolo stati, la loro approvazione porta sotto l'ombrello delle Nazioni Unite sia i tetti di emissione dei paesi industrializzati, sia le limitazioni per i paesi emergenti. Il percorso politico è ristabilito e si può guardare con ottimismo alla COP 17 di Durban.
Cancun ha superato le aspettative generali grazie ad una conduzione impeccabile della presidenza messicana e ad una preziosa disponibilità della segreteria UNFCCC, rappresentate rispettivamente da Patricia Espinosa, ministro degli esteri del Messico, e dalla costaricana Cristiana Figueres, che ha sostituito sei mesi fa l'olandese Yvo de Boer. L'assenza dei leader mondiali ha permesso ai negoziati una concretezza maggiore ed ha riportato in primo piano i contenuti.
L'Unione Europea, emarginata lo scorso anno a Copenhagen dal bilateralismo tra America e Cina, è tornata a recitare un ruolo da protagonista. L'obiettivo di riduzione tra il 25 e il 40% approvato a Cancun porterà probabilmente la UE ad elevare al 30% il proprio target per il 2020, come sostengono da tempo Gran Bretagna, Francia e Germania contro l'opposizione di Italia e Polonia. Il nostro paese, che a Cancun ha recitato un ruolo purtroppo marginale, dovrà adeguarsi ad una piattaforma programmatica alla quale il governo attuale, al contrario dei grandi paesi europei, non ha voluto prepararsi. Questo nuocerà profondamente all'economia nazionale e ci costringerà a rincorrere le nazioni che da tempo hanno capito (e non era difficile) che su questo fronte si giocano le carte più importanti per uscire dalla crisi economica ed acquistare competitività sui mercati internazionali.
Nel prossimo post i riflessi degli accordi di Cancun su città e governi locali.
Venerdì 10 dicembre 2010
Cancun, la parola alle città
Esauriti (a tarda notte) gli interventi dei parties, ovvero degli stati, stamattina la plenaria di Cancun ospita le dichiarazione delle organizzazioni intergovernative e non governative. Tra queste ultime ci sono anche le autorità locali, che saranno rappresentate dal vicesindaco di Durban-eThekwini Logie Naidoo. Abbiamo scelto come portavoce Durban perchè sarà proprio la città sudafricana ad ospitare la COP 17 il prossimo anno.
L'intervento del Ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo
Il ministro dell'ambiente Stefania Prestigiacomo ha iniziato il suo intervento nella plenaria di Cancun alle 13:25 locali di govedì (le 20:25 in Italia) ed ha parlato in inglese. Anche un buon inglese, con poche incertezze e una pronuncia più che discreta.
Lo scorso anno a Copenhagen invece aveva parlato in Italiano.
Prestigiacomo ha iniziato ringraziando la presidenza messicana, poi ha detto che "dobbiamo lasciare Cancun con un accordo parzialmente definito che ci impegneremo a siglare il prossimo anno in Sud Africa (...) Credo sia chiaro a tutti che l'approccio vincente non passa dalla demagogia, ma piuttosto da un senso di responsabilità e concretezza che è mancato lo scorso anno e che sembra essere la luce che ci guida qui a Cancun"
"L'Italia si è adoperata molto per il successo di questa conferenza. Abbiamo fatto del nostro meglio per facilitare il dialogo e la riconciliazione tra le diverse posizioni e abbiamo insistito ripetutamente sulla necessità di dimostrare un impegno comune verso obiettivi comuni. Perché questo impegno globale possa essere davvero efficace la Cina e gli Stati Uniti devono essere assieme a noi, perché questa battaglia appartiene anche a loro. Ed è alla Cina e agli Stati Uniti che voglio lanciare un appello, chiedendo loro di aumentare l'impegno nella lotta ai cambiamenti climatici".
Questi i passaggi salienti dell'intervento, che è durato circa cinque minuti. La ministra non ha fatto cenno ad impegni precisi dell'Italia, particolarmente alla posizione italiana rispetto alla possibilità di elevare la riduzione delle emissioni europee al 30% entro il 2020. Poco prima la ministra spagnola Rosa Aguilar si era invece espressa chiaramente in questo senso.
Prima ancora il ministro tedesco Norbert Rottgen aveva confermato che la Germania ridurrà del 40% le emissioni entro il 2020 e tra l'80 e il 95% entro il 2050 "senza condizioni". In questo modo - ha detto Rottgen - la Germania creerà entro il 2020 mezzo milione di nuovi posti di lavoro e risparmierà 20 miliardi di Euro nelle importazioni di energia. "Perché dico questo? Perché mentre parliamo di lotta al cambiamento climatico parliamo anchje di crescita economica e sviluppo. Così la trasformazione è in realtà una strategia per la crescita" ha rimarcato Rottgen.
Ecco il link alla trascrizione dell'intervento di Prestigiacomo: http://unfccc.int/files/meetings/cop_16/statements/application/pdf/101209_cop16_hls_italy.pdf
Mercoledì 8 dicembre 2010
Una domanda per Connie
Nel corso di un briefing congiunto della commissaria europea Connie Hedegaard e del viceministro dell'ambiente del Messico Fernando Tudela ho chiesto a Hedegaard se ritenesse praticabile utilizzare la stessa struttura del "pacchetto energia" 20-20-20 dell'Unione Europea nel prolungamento del protocollo di Kyoto. Se, in poche parole, fosse possibile stabilire un livello condiviso di riduzione delle emissioni tra tutti i paesi, per procedere in un secondo momento alla definizione delle singole quote nazionali. La risposta è stata piuttosto vaga.
Copio qui sotto il resoconto della riunione pubblicato da ICLEI.
At the joint Briefing of Mexican Viceminister Tudela and EU Commissioner Hedegaard, Emilio D´Alessio from Italian LA21 Association raised a question whether EU would be supporting the idea of adopting a common target for Annex-I countries in the post-2012 period, as suggested by IPCC, and then share the burden among each Annex-I Parties, which is a practice applied within the EU. She replied the rules of the game has to be clarified before making any further commitments
Leadership, Flessibilità, Compromessi
Ieri pomeriggio la grande sala della plenaria era completamente esaurita per l'apertura della sessione di alto livello nella quale tradizionalmente, mentre i rappresentanti delle 194 nazioni presenti sfilano sul palco, nelle stanze i negoziatori tentano di ricucire le fila del negoziato, di eliminare le famigerate parentesi quadre e di arrivare entro venerdì, al massimo sabato, con un testo concordato da approvare nella plenaria conclusiva.
La disposizione era la solita: davanti le delegazioni nazionali, che hanno diritto a quattro posti, due al tavolo e due in seconda fila, che sono già quasi 800 sedie. Poi le agenzie ONU e le istituzioni internazionali come OCSE e Banca Mondiale, con un posto a testa. Dietro gli osservatori, con cento posti riservati alla società civile. Di questi cento nove destinati ai rappresentanti delle autorità locali, tra i quali il vostro cronista. Dietro ancora i delegati in esubero che non vogliono perdersi l'evento, i giornalisti e gli imboscati.
La cerimonia di oggi prevedeva tre discorsi di apertura, da parte rispettivamente di Christiana Figueres, segretario della UNFCCC, del segretario generale ONU Ban Ki-moon e del presidente messicano Felipe Calderon. Tutti e tre abbastanza ispirati, tutti e tre a sottolineare la necessità di raggiungere un accordo.
Ban Ki-moon, con la solita faccia dal perenne sorriso inespressivo, si è presentato vestito con una improbabile guayabera, la camicia tradizionale messicana. Una nota ufficiale dell'organizzazione della conferenza, diffusa pochi giorni prima dell'inizio, esentava i delegati maschi dalla formalità di giacca e cravatta e incoraggiava i partecipanti a indossare una guayabera. Devo dire che in giro ne vedo pochissime.
Tralasciando l'abbigliamento Ban ha detto che "non possiamo permettere che il perfetto si contrapponga al buono" che non è altro che una parafrasi del già citato mantra "se non siamo d'accordo su tutto non è detto che non si possa essere d'accordo su niente". Insomma, un accordo va ricercato a tutti i costi. Il segretario ONU ha concluso così: "Confido nella leadership, nella flessibilità e nel compromesso".
Christiana Figueres aveva toccato gli stessi temi. Rivolgendosi ai ministri aveva detto "Se la vostra posizione governativa si oppone ad un altra non chiedete un compromesso, pensate al bene comune e siate i primi a proporlo: Raggiungere un accordo a Cancun non garantirà tutti gli interessi nazionali a breve termine, ma non riuscire a siglarlo significherebbe mettere in pericolo il benessere a lungo termine di tutti noi."
Intanto nei corridoi si parla della nuova apertura cinese, ovvero della dichiarata disponibilità di Pechino a dotarsi di obiettivi vincolanti di riduzione delle emissioni. Ma si tratterebbe di decisioni unilaterali, perché la Cina non ha nessuna intenzione di modficare il protocollo di Kyoto, del quale non fa parte. Anzi, ribadisce che si porrà obiettivi di riduzione solo se il protocollo avrà un seguito così come è, lasciando fuori i paesi emergenti.
Molti avevano considerato estremamente positiva l'apertura cinese di lunedì, quando alcune agenzie avevano lanciato la dichiarazione di Pechino di accettare impegni vincolanti e verifiche sul processo di riduzione delle emissioni. Ieri è stato il viceministro degli esteri Liu Zhenmin a precisare la posizione cinese in una conferenza stampa, e per evitare di essere frainteso lo ha fatto parlando in inglese. "Stiamo discutendo di impegni volontari e autonomi. Volontari e autonomi significa non negoziabili" ha scandito Liu in riferimento a programmi cinesi di riduzione (o meglio, di rallentamento della crescita) delle emissioni.
Lunedì 6 dicembre 2010
Ritornano le parentesi quadre
Nei documenti al centro dei negoziati di Cancun ci sono ancora un sacco di parentesi quadre (brackets). E le parentesi quadre, nella prassi diplomatica, racchiudono un testo non concordato. Una parentesi quasra particolarmente cruciale è quella che comprende la frase in cui si dice che i paesi sviluppati dovranno dotarsi di obiettvi di riduzione delle emissioni del 25-40% entro il 2020 rispetto ai livelli del 1990. La bozza di testo è qui, degli obiettivi si parla a pag. 8.
L'eliminazione di questa parentesi significherebbe aprire una strada diretta all'accordo per il dopo Kyoto da sottoscrivere il prossimo anno alla COP 17 di Durban.
Sarà molto dura eliminare quei brackets, ma qualcuno suggerisce un modo: concordare l'obiettivo generale di riduzione per tutti i paesi, poi decidere in un secondo tempo le quote nazionali. "Sarebbe lo stesso sistema che ha usato l'Unione Europea nel pacchetto 20-20-20 - commenta un amico - e permetterebbe di superare il problema della decisione delle singole quote, che di certo non potremo risolvere adesso".
I negoziati proseguono e l'obiettivo è quello di produrre dei documenti che possano essere portati all'attenzione dei ministri prima dell'High Level Segment che prevede le dichiarazioni degli stati e che avrà inizio martedì pomeriggio. "I testi attuali non sono ancora in una versione che possa essere presentata ai ministri per approvazione" ha detto la Commissaria Europea Hedegaard.
E infatti ci pensa la presidenta
Come scrivevo ieri, molti ministri sono già arrivati a Cancun. La ministra messicana presidente della COP Patricia Espinosa li ha invitati sabato a cena e riconvocati domenica per una riunione informale. Cosa ha detto loro Espinosa? Per evitare speculazioni l'UNFCCC ha diffuso una nota con la dichiarazione ufficiale di Patricia Espinosa.
"Nessuna conferenza internazionale può concludersi con successo se non c'è fiducia tra i partecipanti e nei confronti delle procedure" è scritto nel testo. "Crediamo che, dopo il tanto lavoro svolto, le condizioni attuali posso - anzi devono - permetterci di raggiungere un accordo. E questo grazie ad un impegno comune per il coinvolgimento e la trasparenza, principi che la presidenza messicana intende continuare ad onorare".
Primo commento: è chiara la presa di distanza dalla rottura di ogni protocollo avvenuta lo scorso anno a Copenhagen, anche con il benestare della presidenza danese. Espinosa prosegue con altre rassicurazioni. Giura di non avere passato documenti segreti ai ministri. Rassicura sul fatto che non saranno i ministri a decidere, ma ribadisce che il loro contributo può essere decisivo. Aggiunge di avere dato ai ministri settori specifici di intervento, dividendoli in coppie composte da un paese inserito nel trattato di Kyoto e uno emergente. Gli accoppiamenti sono Svezia-Grenada, Spagna-Algeria, Australia-Banglades, Nuova Zelanda-Indonesia, Gran Bretagna-Brasile. Agli ultimi due spetta il compito più difficile, quello di occuparsi del futuro del protocollo di Kyoto. Espinosa cita altri ministri che possono contribuire: Singapore, Norvegia, Svizzera, Ecuador. L'Italia non è stata nominata.
"Come ho già detto ieri non ci saranno processi ministeriali paralleli o secondari, nessuna separazione selettiva sui singolo temi, nessuna duplicazione dei negoziati. La presidenza messicana è disponibile per facilitare la comunicazione tra i ministri attraverso un dialogo costante tra tutti, con la presidenza, con i gruppi e con le singole delegazioni". Secondo commento: questa è una ulteriore presa di distanza dalle modalità di Copenhagen 2009.
Per ora sono solo novità procedurali, ma qualcosa si muove e comunque non si respira l'aria di resa anticipata che qualcuno adombrava. Ed è arrivata inaspettata anche una dichiarazione del capo delegazione cinese Su Wei che auspica "risultati positivi" e aggiunge che "fintanto che i paesi confermano la loro volontà politica la Cina crede che i negoziati alla fine raggiungeranno risultati positivi e importanti". Su Wei dice poi che è necessario cercare un compromesso per "i piccoli problemi" ma che "non c'è spazio per compromessi sui principi fondamentali". L'allusione è ovviamente al prolungamento del protocollo di Kyoto.
Domenica 5 dicembre 2010
Presidenta, pensaci tu
"Se non si uscirà da Cancun con un accordo non sarà solo il tavolo sul clima a saltare, ma tutto il processo decisionale delle Nazioni Unite. Dopo il fallimento del WTO l'istituzione dell'ONU è già sta messa in discussione, una seconda rottura la annienterebbe". Questo mi sussurra un negoziatore stagionato sul bus che porta a Cancunmesse. Già, ma se si demolisce la "cupola" ONU con cosa la si può sostituire? Con il G20? "Improbabile - replica il mio amico - strutture come il G20 non possono decidere per tutto il pianeta".
Intanto, per scongiurare gli esiti peggiori, la presidente della COP e ministra del Messico Patricia Espinosa (foto) ha convocato per oggi i circa 60 ministri già arrivati a Cancun. Non sarà solo un saluto formale. Espinosa chiederà loro di fare tutto il possibile per raggiungere un accordo, il famoso balanced package di cui tutti parlano ma che sembra ancora lontano. I ministri arrivati a Cancun sabato avevano già avuto modo di ascoltare la presidente Espinosa nel corso di una cena informale.
A chi le chiedeva se l'incontro con i ministri prevede anche la redazione di un testo negoziale, Espinosa ha risposto che il testo sarà comunque discusso nei gruppi di lavoro e approvato nelle sessioni plenarie, ma potrà avvalersi delle "indicazioni dei ministri." Da parte di tutti, memori dell'insuccesso di Copenhagen dovuto in buona parte al mancato rispetto delle regole procedurali, c'è estrema cautela nel rispettare i tempi e le strutture della COP.
Intanto Margaret Mukahanana-Sangarwe (Zikmbabwe), che presiede il gruppo di lavoro sulla cooperazione a lungo termine (AWG-LCA), ha diffuso l'atteso nuovo testo negoziale. Il gruppo AWG-LCA, per i non addetti, è quello in cui si discutono le azioni e gli impegni di tutte le nazioni, anche dei paesi che non sono compresi nel protocollo di Kyoto. Il testo ha provocato molte reazioni interessanti, di cui racconterò nel post conclusivo di fine giornata.
Giovedì 2 dicembre 2010
Forma e sostanza
Ieri a Cancun si è riunita la plenaria della Conference of the Parties e la discussione è subito partita su un binario di inattesa concretezza. Grenada, in rappresentanza della agguerrita associazione dei piccoli stati insulari (OASIS) ha chiesto che la discussione fosse centrata sulla definizione della struttura legale del nuovo accordo, chiedendo la costituzione di un gruppo di lavoro dedicato. Sorprendentemente nessuno dei 194 paesi presenti ha posto obiezioni, mentre proprio il tema della legal form era stato uno di quelli in cui più ci si era incartati lo scorso anno a Copenhagen. Il gruppo di lavoro dovrebbe definire: la struttura legale (o legislativa, se preferite) dell'accordo, le interconnessioni con gli altri strumenti legislativi esistenti e soprattutto una strategia per adottare un accordo legalmente vincolante alla COP 17 di Durban 2011.
Questa improvvisa virata verso la definizione pratica del nuovo strumento legislativo su cui basare il dopo Kyoto non è del tutto una sorpresa, perché si era già percepito che alcuni dei grandi paesi in via di sviluppo, che a Copenhagen si erano fortemente oposti ad obblighi vincolanti, sembrano ora disposti almeno a discuterne. Sto parlando di Cina, India e altri soggetti politici fondamentali per la definizione di un accordo globale. Insomma, potrebbe concretizzarsi il fatto che a Cancun, senza i grandi leader e i riflettori dei media mondiali, si possa riuscire ad essere più concreti e operativi.
Lo speciale COP16 sul sito di Agenda 21 Italia