Taranto: diossina. Abbattute 650 pecore di due aziende agricole tarantine
Il 29 dicembre 2010, Altamarea (Coordinamento di cittadini e associazioni) e Donne per Taranto denunciano ancora il dramma della diossina. Abbattute 650 pecore di due allevamenti del territorio tarantino. Tutti i capi devono essere distrutti in un raggio di venti chilometri nell'area industriale di Taranto. Il Comitato Altamarea: "Quanto altro deve accadere per avere l’indagine epidemiologica sui cittadini di Taranto?"
31 December, 2010
Altamarea (Coordinamento di cittadini e associazioni)
Ora il dramma tocca in maniera inequivocabile le pecore e gli allevatori. Ma in modo sottaciuto, la mattanza non riguarda anche gli esseri umani? Di quali altri stimoli hanno bisogno le Istituzioni responsabili, nazionali, regionali e locali, per avviare l’indagine epidemiologica sul quartiere Tamburi, sull’intera città di Taranto e sui lavoratori impegnati negli stabilimenti tarantini ?
A ricordarci il dramma della diossina a Taranto è l’annuncio della imminente macellazione e distruzione di altre 650 pecore di due allevamenti del territorio tarantino non vicinissimi agli insediamenti industriali noti per gravi emissioni in atmosfera.
E’ un nuovo atto del dramma che si recita sulla pubblica scena di Taranto dal 2005 ma che è nato ancor prima di quella data. Di quest’ultimo atto, ad oggi, sappiamo poco. Non abbiamo effettuato alcuna verifica rispetto all’area di 20 Km di raggio interdetta al pascolo dalla Regione; né sappiamo se le pecore destinate alla distruzione hanno pascolato nell’area proibita. Di certo sappiamo che le carni di quelle pecore, agli esami del Dipartimento di prevenzione di ASL/Taranto, sono risultate contaminate da diossina con valori che superano i valori di legge.
E’ certo che la legge impone che carni così contaminate non possano entrare in alcun modo nella catena alimentare destinata agli esseri umani. Noi uomini e donne del volontariato sanitario e ecologista sentiamo il peso di avere avviato e alimentato questo dramma, segnalando la presenza di diossina nell’atmosfera, nel terreno, nel latte delle puerpere, nel sangue di cittadini, nelle acque di falda, nel formaggio, nelle uova e nei fegatini a un’opinione pubblica ignara e soprattutto alle Istituzioni fino ad allora totalmente dormienti ed oggi ancora titubanti.
Ci siamo immediatamente schierati anche dalla parte degli incolpevoli allevatori, vittime e loro malgrado protagonisti di comprensibile contrasto e resistenza. La rappresentanza degli allevatori direttamente toccati dal dramma annuncia oggi reazioni dure che potrebbero avere conseguenze inimmaginabili. Noi siamo ancora una volta dalla loro parte e stigmatizziamo l’inerzia delle Istituzioni nei confronti di un problema immenso che esorbita dai limiti della pressione del locale mondo sanitario ed ecologista.
A sei anni dalla denuncia della presenza della diossina nell’atmosfera, nel terreno e nelle acque di Taranto ancora non si sa ufficialmente da dove arriva, né si conosce chi è l’inquinatore che deve pagare per i danni provocati, né chi deve provvedere a bonificare i luoghi inquinati, né se sarà imposta la cessazione dell’inquinamento. Nel frattempo si pretende di far rispettare le leggi che ci sono e, purtroppo per gli allevatori, le leggi sulle carni inquinate delle pecore sono chiare e non sono derogabili. Ma se in difesa dei loro averi gli allevatori dovessero incorrere in qualche reazione inusuale, ci sarà qualcuno che avvertirà la responsabilità morale di tanti guai?
Ora il dramma tocca in maniera inequivocabile le pecore e gli allevatori. Ma in modo sottaciuto ancorchè prolungato nel tempo, la mattanza non riguarda anche gli esseri umani? Di quali altri stimoli hanno bisogno le Istituzioni responsabili, nazionali, regionali e locali, per avviare l’indagine epidemiologica sul quartiere Tamburi, sull’intera città di Taranto e sui lavoratori impegnati negli stabilimenti tarantini la cui tipologia dalla letteratura mondiale è annoverata tra quelle gravemente inquinanti?
Tutti i segnali che arrivano, o meglio che non arrivano, dal mondo politico, istituzionale e industriale dicono che la situazione a Taranto è a un punto di non ritorno e “AltaMarea contro l’inquinamento – Coordinamento di cittadini ed associazioni di Taranto” farà la sua parte per mobilitare la città nella forma più incisiva.
Il comitato “Donne per Taranto”
29 dicembre 2010. Il comitato Donne per Taranto, che si batte per difendere i Diritti inalienabili della Vita della Salute e dell'Ambiente, è entrata nell'allevamento Epifani.
Con spirito di solidarietà nei confronti degli allevatori colpiti dall'emergenza diossina e nell'intento di dare informazione, ha ripreso tutte le fasi del caricamento degli oltre 500 capi di bestiame destinati alla macellazione in quanto nelle loro carni sono state riscontrate, in seguito ad analisi effettuate dalla ASL, concentrazioni di diossina superiori ai limiti di legge.
Il comitato ritiene questo intervento, seppur indispensabile per la salute dei cittadini, profondamente insufficiente se non si elimina la "causa" della emissione di diossina e se non si procede ad una bonifica capillare di tutto il territorio ritenuto contaminato dalla ordinanza del Presidente della Giunta Regionale n. 176/2010 che stabilisce "Il divieto di pascolo sui terreni non aventi destinazione agricola, ricadenti entro un raggio di non meno di 20 km attorno all’area industriale di Taranto".
PUNTATA DI REPORT - CONSUMATORI DIFETTOSI