Porta la Sporta: “In Italia c’è un abuso dell’usa e getta: le risorse vanno dosate, anche quando sono rinnovabili”
Silvia Ricci di Porta la Sporta commenta la messa al bando dei sacchetti di plastica e presenta le campagne dell’associazione: Mettila in rete e Sfida all’ultima sporta
03 January, 2011
Non ci sono ancora molte certezze per quanto riguarda il divieto di commercializzazione dei sacchetti non biodegradabili. Unionplast, associazione di riferimento per i produttori, ritiene che il bando non abbia valore in mancanza di decreti attuativi, una posizione ovviamente non condivisa dai Ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo, né dai sostenitori del provvedimento. Come Porta la Sporta, che opinione avete in merito?
In effetti c’è ancora molta confusione: il bando è effettivo, ma dal punto di vista dei lettori è ancora tutto molto oscuro. La sensazione è che le due tesi contrapposte, quella di chi attende le norme attuative e quella di chi non le ritiene necessarie per l’applicazione, non vengano in realtà chiarite in modo univoco. Il divieto c’è, ma c’è ancora troppa incertezza, per esempio sulle sanzioni, di cui non si parla da nessuna parte.
Al di là di questo, la messa al bando è sicuramente un’occasione di cambiamento molto importante. Il sacchetto di plastica non è il nemico pubblico numero uno dell’ambiente, ma riuscire a farne a meno è un passo fondamentale per la presa di coscienza ambientale di tutti i cittadini.
Va anche detto che al di là dei Paesi del terzo mondo, dove il sacchetto di plastica è stato completamente proibito perché causava danni ambientali di proporzioni enormi, in tutti i luoghi in cui il bando è stato proposto non sono mai mancate critiche e opposizioni, spesso ricorrendo ad argomentazioni infondate. In California la lobby dei produttori di sacchetti è stata particolarmente pressante, e ha investito somme ingenti per comprare pagine su pagine sui quotidiani, mettendo in ridicolo chi chiedeva l’abolizione dei sacchetti. Un anno fa l’intervento pesante delle compagnie petrolifere ha fatto fallire il referendum di Seattle, che avrebbe dovuto portare alla tassazione straordinaria dei sacchetti di plastica, che in Irlanda ha dato risultati incredibili, riducendone il consumo del 90%. La strada è quella giusta, bisogna creare un fronte d’opinione, che partendo dai sacchetti arrivi a mettere in discussione gli imballi giganti e le confezioni impossibili da riciclare.
Una delle critiche più frequenti che vengono fatte ai sostenitori del divieto riguarda l’alternativa biodegradabile: i sacchetti bio sono spesso considerati poco resistenti e oltretutto hanno un prezzo piuttosto alto.
Il punto è che bisogna cambiare mentalità, superare la cultura dell’usa e getta, biodegradabile o no. Le risorse vanno dosate e risparmiate, anche quando derivano da fonti rinnovabili. Oltretutto non è che i sacchetti biodegradabili abbiano impatto ambientale zero: bisogna sempre puntare alla riduzione dei rifiuti a monte, bisogna fare un passo indietro e tornare a scegliere soluzioni riutilizzabili, come la sporta appunto, invece di puntare esclusivamente su prodotti più ecosostenibili ma comunque usa e getta. In quanto al costo, il problema è questo: se non si cambia la mentalità delle persone, il bando si tradurrà solo in un rincaro dei prezzi. Da una statistica della Coop risulta che quasi la metà dei clienti arriva alle casse senza sporta ma imbustando tutto nei sacchetti biodegradabili. Evidentemente la “fatica” di portarsi da casa la borsa per la spesa, come si è sempre fatto fino a qualche decennio fa, non vale il risparmio: ancora troppi consumatori preferiscono pagare cari i loro sacchetti piuttosto che cambiare abitudine.
Un altro punto che resta ancora da chiarire è quello dei sacchetti per la verdura che si trovano nei supermercati. Guanti di plastica e sacchetti separati per ogni tipo di ortaggio o frutto sono ormai obbligatori in quasi tutti i supermercati, e si tratta di plastiche talmente leggere che perfino il monouso è al limite. In questi casi il consumatore non può utilizzare la sporta portata da casa. Che cosa si può fare?
Noi abbiamo lanciato una campagna molto ambiziosa: Mettila in rete. L’unico scopo dei pacchettini “intermedi” trasparenti è di consentire al cliente di pesare la merce separatamente ed apporvi lo scontrino, in modo che alle casse sia possibile verificare che il prodotto contenuto nel sacchetto sia realmente quello indicato dall’etichetta. E allora perché non utilizzare delle retine? Sono pieghevoli, non pesano, non occupano spazio e sono lavabili, dunque riutilizzabili senza nessun problema. Abbiamo già sperimentato questa iniziativa in alcuni supermercati, ma è importante che venga pubblicizzata a dovere, soprattutto per vincere le resistenze degli esercenti, che spesso considerano questi gesti come stravaganze non conformi al regolamento. E invece è importante diffondere questo tipo di pratiche, perché sono idee semplici, antiche, ma che fanno risparmiare e aiutano davvero a cambiare le cose.
Per maggiori informazioni sulla campagna Mettila in rete, cliccare qui.