Mimmo Fontana (Legambiente): "A Palermo l’emergenza rifiuti si chiama clientelismo"
Eco dalle Città intervista il Presidente di Legambiente Sicilia Mimmo Fontana: “In Sicilia non c’è un’emergenza strutturale, di tipo impiantistico; c’è piuttosto un enorme problema di clientelismo e l’assenza di volontà nell’adottare politiche di gestione in linea con gli standard europei”
26 January, 2011
Presidente, com'è la situazione rifiuti a Palermo?
A differenza di quanto avviene a Napoli, in Sicilia non c’è un’emergenza strutturale, di tipo impiantistico; c’è piuttosto un enorme problema di clientelismo e l’assenza di volontà nell’adottare politiche di gestione in linea con gli standard europei. In questo senso Palermo è un caso esemplare: la discarica di Bellolampo è stata gestita in modo criminale da Amia, una società finita in fallimento, e che ora è gestita da commissari che tentano di salvarla e ristabilire l’ordine.
Dalle intercettazioni di qualche anno fa erano emersi parecchi indizi che facevano pensare che l’azienda fosse direttamente controllata dal clan mafioso dei Lo Piccolo.
E’ possibile, anche se non ci sono evidenze. D’altronde la mafia si è sempre inserita nella gestione dei rifiuti in Sicilia, questo non è un mistero, ed in particolare in attività come la gestione delle assunzioni, il trasporto dei rifiuti, la fornitura di mezzi e servizi. Negli anni dell’amministrazione Cammarata, l’Amia è passata da 1000 a 3000 dipendenti, che avrebbero dovuto operare tutti esclusivamente nel Comune di Palermo: un assurdo che si spiega solo con le assunzioni clientelari.
Detto questo, l’Amia è pubblica, e il principale responsabile di questo disastro è l’ex direttore, il senatore Galioto. La discarica di Palermo deve recuperare una gestione amministrativa sensata: ora l’abbancamento dei rifiuti viene fatto a cielo aperto, creando dunque seri problemi di odori e percolato, ma lo spazio per ampliarla c’è e c’è sempre stato. Solo che non poteva essere destinato alla costruzione di una seconda vasca poiché era “bloccato” dalla società che avrebbe dovuto costruire l’inceneritore, che ora è stata finalmente sciolta.
A Palermo non c’è un problema impiantistico strutturale ma la spazzatura è periodicamente in strada. Qual è la ragione principale?
Palermo subisce l’effetto delle tensioni interne ad Amia, tensioni insanabili se i commissari non opteranno per un cambiamento drastico. L’ondata di assunzioni clientelari ha portato a una situazione paradossale, con la società sul lastrico e parte degli operatori – non tutti, è chiaro – abituati a ricevere uno stipendio per non fare nulla. Ora i commissari hanno stretto la cinghia, ci sono già stati i primi licenziamenti per irregolarità compiute da alcuni operatori, che si vendicano sabotando i macchinari. L’Amia deve avere un piano industriale che guardi oltre Palermo e l’unica alternativa al licenziamento è prendere commesse esterne e destinare parte del personale ad altri comuni.
Palermo non è infatti l’unica città ad avere problemi nella gestione dei rifiuti…
No, assolutamente no, anche se per ragioni diverse. Nella maggior parte delle altre realtà siciliane la spazzatura è per strada perché le ATO hanno accumulato un debito di oltre un miliardo di euro e ora non pagano gli stipendi agli operatori, che dunque scioperano.
Di chi è la responsabilità di questo buco?
Il problema è che le ATO erano società per azioni nelle quali i Comuni avevano il ruolo di soci, senza però nessuna responsabilità nella gestione. Addirittura si è arrivati a vedere dei sindaci che invitavano i cittadini a non pagare la tassa sui rifiuti. Nell’aprile dello scorso anno, dopo lo scioglimento dell’Arra, l’Agenzia Regionale Rifiuti, il sistema è stato riorganizzato, passando da 27 ATO a 9 consorzi, in cui – finalmente – i Comuni sono diventati titolari delle competenze e soprattutto responsabili sia a livello giuridico che amministrativo.
Il Presidente della Regione Lombardo ha recentemente fatto marcia indietro sulla questione inceneritore, a causa dell’alto rischio di infiltrazioni mafiose. Come giudica questa inversione di rotta?
Non è solo un rischio, è stato provato che la gara d’appalto per la realizzazione degli impianti è stata truccata. La procura di Palermo ha archiviato il caso per prescrizione, ma le prove portate da Legambiente sono state registrate negli atti. Inoltre, sappiamo come è andato a finire il caso Falck, fra arresti e indagini ancora in corso.
Bertolaso però ha dichiarato qualche giorno fa che l’emergenza rifiuti palermitana non si risolverà se non con la costruzione di inceneritori. Che cosa risponde Legambiente?
Noi non siamo contro l’inceneritore a priori. Il punto è che a Palermo non ha nessun senso per una semplice ragione: gli inceneritori possono essere utilizzati per produrre energia elettrica o teleriscaldamento, ma in proporzioni di 35 a 65%. Ora, in città fredde l’inceneritore può avere una funzione positiva, se serve a sostituire migliaia di caldaie, ma si può parlare di teleriscaldamento in Sicilia, con le temperature che abbiamo? Ecco, un inceneritore destinato alla sola produzione di energia elettrica non è nemmeno bancabile, è una truffa.
E’ evidente ormai che in Italia si sia formata una vera e propria lobby degli inceneritori, largamente ppoggiata dal centrodestra. Basti pensare al caso del Dott. Paolo Togni, per due volte capo di gabinetto del Ministro dell’Ambiente, che poco prima della nomina era presidente della Waste Italia, una delle più grandi aziende nella costruzione di termovalorizzatori…