Uk, un crematorio per riscaldare la piscina comunale
La proposta originale arriva da una cittadina a sud di Birmingham: utilizzare l'energia dispersa dalla cremazione per riscaldare l'acqua della piscina comunale. Non si tratta del primo tentativo di recuperare il calore generato dai forni crematori, ma l'idea non convince la popolazione. Protestano i gruppi religiosi, le associazioni e finanche i becchini
26 January, 2011
Utilizzare il calore generato da un impianto di cremazione per riscaldare l'acqua di una piscina comunale. L'idea è venuta all'amministrazione di Redditch, una cittadina inglese che si trova 20 km a sud di Birmingham, dove il consiglio ha proposto di riscaldare la piscina Abbey Stadium con il calore prodotto dal crematorio cittadino, che sorge proprio in un edificio adiacente. L'idea, però, non sembra incontrare il favore dei residenti, tanto che la contea di Warwickshire, entro i cui confini amministrativi è ubicata Redditch, è divenuta teatro di proteste di gruppi religiosi, agenzie funebri, associazioni cittadine e perfino di becchini. Secondo le stime diffuse da uno degli assessori, in questo modo sarebbe possibile recuperare oltre il 40% dell’energia necessaria al riscaldamento dell'impianto, risparmiando fino a 15mila sterline annue e ammortizzando i costi dell'intervento iniziale in 48 mesi.
Il “calore” della cremazione
In realtà, l'idea di sfruttare il calore disperso dagli impianti crematori non è nuova. Già qualche anno fa l'amministrazione di Taipei aveva investito oltre 240mila dollari in un impianto per il recupero dell'energia del forno cittadino, in modo da utilizzarla per climatizzare dei locali e per l'illuminazione stradale. Anche in quel caso l'iniziativa fu accompagnata da polemiche feroci. Più tranquilla la situazione in Danimarca, dove il Consiglio etico nazionale ha approvato la proposta di sfruttare l'acqua impiegata per raffreddare le ciminiere all'interno di impianti di riscaldamento. Del resto, i 31 crematori danesi rivendono già ad una società che ricicla metalli i resti delle protesi che resistono all'incenerimento, una prassi che ha consentito di recuperare 4.810 chili di materiale dal 2006 ad oggi. Effettivamente, la quantità di energia necessaria per il funzionamento di un forno crematorio, che richiede una temperatura di esercizio costante di 800 gradi centigradi, è notevole. L'incenerimento di un cadavere, infatti, comporta in media un consumo energetico compreso tra i 100mila e i 130mila kiloJoule, e richiede una quantità di gas naturale o di altri combustibili pari a quella necessaria per percorrere 800 chilometri in auto. Un'attività particolarmente energivora, tanto da far diffondere nel mondo le iniziative per l'abbattimento dei consumi o per il recupero del calore.
Piscine rinnovabili
L'idea di convogliare l'energia termica dei crematori per riscaldare una piscina, però, è decisamente innovativa. Finora, per mitigare in modo sostenibile il freddo delle acque clorate si era ricorso solo a fonti rinnovabili “tradizionali”, dalla geotermia (molto apprezzata in Islanda e in Giappone, dove l'energia proveniente dal sottosuolo riscalda rispettivamente un centinaio e addirittura 5.500 piscine pubbliche) alle pompe di calore, dal solare termico (impiegato ad esempio nell'impianto natatorio di Imperia) al fotovoltaico, scelto per soddisfare il fabbisogno energetico della piscina olimpica di Pechino, realizzata per i Giochi del 2008, e sempre più amato anche dalle amministrazioni comunali di casa nostra (Verona, Grosseto, Roma, giusto per citare qualche esempio). Agli amministratori di Redditch, dunque, va riconosciuto se non altro il merito dell'originalità, anche se per ora precisano che «si tratta soltanto di una proposta». Prima di passare ai fatti, dovranno verificare che il numero di cremazioni sia effettivamente sufficiente a mantenere adeguata la fornitura di calore. Oltre a placare le ire dei vivi, naturalmente.