Gli ambientalisti a difesa delle rinnovabili: «L'attacco agli incentivi mette in discussione gli obiettivi europei»
Greenpeace, Legambiente e Wwf replicano all'affondo dell'Authority sui costi pubblici delle rinnovabili, ricordando i benefici economici e occupazionali legati allo sviluppo dell'energia “green”. Duro l'attacco degli ambientalisti sul nucleare: «finora è costato 400 milioni l'anno, ma l'Aeeg non si scandalizza»
09 February, 2011
«Si attaccano gli incentivi alle rinnovabili per favorire il nucleare, quando per anni i soldi sono andati per la maggior parte alle cosiddette “assimilate”, cioè ai combustibili fossili e inceneritori». È la replica di Greenpeace, Legambiente e Wwf alla recente presa di posizione dell’Autorità per l’energia sui presunti eccessi nell'incentivazione delle fonti rinnovabili. Gli ambientalisti criticano duramente quella che definiscono «una campagna miope e strumentale», sottolineando, da una parte, gli effetti positivi dello sviluppo delle rinnovabili sull'economia e sull'occupazione, e, dall'altra, che gli investimenti sulle fonti energetiche eco-compatibili crescono progressivamente in tutto il mondo.
Le associazioni accusano l'Authority di concentrare «i suoi sforzi per ridurre la bolletta sulle rinnovabili, senza invece essere riuscita ad eliminare l’obbrobrio delle assimilate e di altri costi». A sostegno della propria tesi, Greenpeace, Legambiente e Wwf chiamano in causa la Commissione europea, che nella comunicazione “Renewable energy: progressing towards the 2020 target”, riferendosi proprio ai costi delle incentivazioni, afferma che «è essenziale che tali costi siano “fuori bilancio”, cioè sopportati dai consumatori di energia piuttosto che dalla fiscalità, in modo da evitare le tipiche interruzioni “stop-start” ogni qual volta i bilanci degli stati diventano più vincolati». Il rischio, in assenza del sostegno delle bollette, è che in tempi di crisi gli incentivi finiscano per assottigliarsi (o sparire) sotto i colpi dei continui tagli di bilancio. Gli ambientalisti insistono poi nel sottolineare che gli incentivi «non rappresentano soltanto un costo, ma hanno ricadute positive in termini economici e sociali che alla lunga prevalgono sui costi stessi». Gli incentivi alle rinnovabili, secondo loro, rappresentano «l’equivalente civile di quanto hanno fatto per altre tecnologie energetiche i programmi militari e spaziali, cioè incentivi all’innovazione».
L'affondo finale è riservato al nucleare e ai rischi economici che il ritorno all'atomo potrebbe comportare per i consumatori italiani. Il decreto legislativo 31/2010, sottolineano le tre associazioni, individua infatti «gli strumenti di copertura finanziaria e assicurativa contro i rischi di ritardi nei tempi di costruzione e messa in esercizio degli impianti per motivi indipendenti dal titolare dell’autorizzazione unica, con esclusione dei rischi derivanti dai rapporti contrattuali con i fornitori». Una copertura che «per due reattori Epr localizzati nello stesso sito, potrebbe comportare oneri fino a diversi miliardi di euro». Costi che si aggiungerebbero a quelli già sostenuti finora dagli italiani per il nucleare, che secondo gli ambientalisti ammontano a «circa 400 milioni di euro l’anno, ma questo non scandalizza l’Authority».