Sacchetti, leggendo il bando con un piede in Inghilterra: orgoglio o pregiudizio?
Il Prof. Franco Silvano Toni di Cigoli, docente all’Università di Padova e al British Institute of International and Comparative Law di Londra risponde alle domande di Eco dalle Città, per aiutarci a inquadrare il divieto italiano all’interno del panorama giuridico europeo
08 March, 2011
Durante il Suo intervento Lei ha affermato che, se ben difeso e argomentato, il bando emanato dal Governo, non verrà fermato a Bruxelles, poiché in realtà non sussistono ragioni valide per intraprendere una procedura di infrazione. Ma allora che cosa accadde con la Francia, che decise di ritirare il provvedimento dopo il parere negativo della Commissione Europea?
L’elemento portante è il modo con cui si giustificano le scelte. Il bando italiano viene giustificato sulla base di tre motivi: i cambiamenti climatici, la protezione dell’ambiente e lo sviluppo di un’agricoltura che sia un’agricoltura per lo sviluppo sostenibile. Sono argomentazioni che dovranno essere difese bene, perché la compatibilità con il diritto europeo c’è senza alcun dubbio. (NdR, cfr. Art. 3 del Trattato di Lisbona).
Ora, il precedente della Francia non a caso è del 2007. E che cosa è accaduto negli ultimi anni? Copenaghen, (Copenhagen Accord, dicembre 2009), Cancun, (Cancun Agreement, dicembre 2010) ma soprattutto il Trattato di Lisbona. Il diritto europeo in materia di rapporti tra ordine giuridico del mercato e ambiente non è più il diritto del 2007, anche perché ci sono questi elementi di novità sul piano internazionale che condizionano sia l’Europa che l’Italia. Il precedente francese riletto oggi con ogni probabilità è un precedente che va storicizzato. Il mondo non è rimasto fermo al 2007, oggi il quadro giuridico è diverso, ma dipende sempre dalle giustificazioni che si vanno a dare.
E chi sarà incaricato di darle queste giustificazioni?
L’Italia dovrà rendere conto della scelta, e quindi sarà rappresentata dal suo Governo. Saranno poi coinvolti i principali stake holders e ho ragione di ritenere che il dibattito possa spostarsi da una dimensione nazionale ad una europea intelligentemente. Certo, è importante che si costruisca un coro in cui tutte le voci possano essere rappresentate. Sarà bene che la battaglia sia di avanguardia e non di retroguardia. Mi spiego: sarà bene porsi il problema dello sviluppo di questo Stato membro dell’Unione dove il diritto diventa un elemento di strategia per l’esercizio dell’attività di impresa perché l’indirizzo con cui almeno la parte occidentale del mondo – ma devo dire recentemente anche l’Oriente – è un indirizzo che fa dell’ambiente non un limite allo sviluppo ma un motore. E allora mettersi in controtendenza rispetto a queste linee di sviluppo può dare un fiato immediato ma sul lungo termine crea una logica da riserva indiana, da giardino zoologico. Una gabbia, che invece di essere tutela diventa schiavitù, condannando l’Italia a non essere né parte né partner di uno sviluppo mondiale che fa della sostenibilità un elemento di scelta.
Si è detto ad oggi l’unico riferimento normativo valido per la definizione di biodegradabile è la Direttiva Imballaggi, che però non indica tempi di degradazione precisi, e appare invece piuttosto fumosa: I rifiuti di imballaggio biodegradabili devono essere di natura tale da poter subire una decomposizione fisica, chimica, termica o biologica grazie alla quale la maggior parte del compost risultante finisca per decomporsi in biossido di carbonio, biomassa e acqua . Ad oggi, un produttore di sacchetti bio non compostabili come fa a capire se i prodotti che vende sono a norma di legge o no? E soprattutto, come può convincere i rivenditori che sentono parlare di compostabilità come unico criterio valido?
Ribadisco che questa norma è l’unico criterio valido. Si tratta di una norma molto larga, questo è vero, ma ci si attenga alla sua larghezza. Con una battuta un po’ provocatoria aggiungerei che non è il caso di essere masochisti…
Sì, però i distributori non comprano se non si fidano. Secondo Lei perché il Ministero non è stato chiaro nell’esplicitare i requisiti di biodegradabilità?
Ritengo sia semplicemente un problema di tempi della politica. Le specifiche tecniche arriveranno e devono arrivare però al momento si tratta di avere una linea di tendenza. Quando Marco Polo partì da Venezia per andare in Cina cominciò pur sempre con un passo. Era un passo, ma sempre in quella direzione. Non c’era ancora in Cina, ci sarebbe arrivato poi. E allora noi con questa normativa abbiamo l’indirizzo del viaggio. Certo, si può sempre decidere di non viaggiare, posizione rispettabile, ma allora si dica francamente che si vuol rimanere a casa, con tutti i limiti che ciò comporta.
Insistiamo: non è scritto da nessuna parte che un sacchetto debba essere anche compostabile?
La norma è sulla biodegradabilità. La nozione europea di biodegradabilità richiama il compostaggio. Lo richiama nel senso che la compostabilità è un elemento di questa nozione.
Sì, ma è un elemento che in realtà è più selettivo di quello che in teoria lo racchiude. Un sacchetto può essere biodegradabile ma non compostabile. E allora come si fa?
Il produttore deve leggere e applicare la definizione data dalla Direttiva Imballaggi. La direzione è quella lì, poi quando arriveranno le specifiche più precise sarà avvantaggiato dal fatto di essere andato nella direzione giusta. Anche la nozione di compostabilità è una nozione che io devo ricavare non saltando da una norma all’altra, ma riferendomi sempre alla stessa direttiva. Che nella normativa italiana sia stato introdotto per un particolare ambito anche il concetto di compostabilità va bene, ma è un’altra cosa. (NdR, le disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE, contenute nel D.Lgs 205/2010, che inseriscono all’interno del D.Lgs 152/2006 l’art. 182-ter in cui si stabilisce che la raccolta separata dei rifiuti organici deve essere effettuata con contenitori a svuotamento riutilizzabili o con sacchetti compostabili certificati a norma UNI EN 13:432). Poi, visti anche i tempi strozzati e il fatto che al Ministero hanno capito che il periodo di transizione non c’è mai stato, non è il caso di interpretare il difetto di norma come un elemento esclusivamente negativo. Può avere una valenza positiva, quella di indicare ed avviare la prospettiva verso la quale dobbiamo muoverci.
Insegnando a Londra, avrà avuto modo di raccogliere le reazioni suscitate dallo studio pubblicato dall’Environment Agency, che ha confrontato il ciclo di vita di diversi tipi di “sacchi da asporto”, per valutarne l’impatto ambientale. Noi siamo rimasti un po’ perplessi davanti alle conclusioni: sostanzialmente lo studio “scopre” che, fra produzione e smaltimento, i sacchetti di plastica producono talmente poca CO2 rispetto alle sporte di cotone che queste ultime hanno senso solo se vengono riutilizzate molte volte. In Inghilterra che si dice?
Ho lo studio qui con me. Anche in Inghilterra sono state sollevate molte questioni su questo studio, però vale il principio per cui perlomeno in certe società queste cose si studiano. Non lo dico perché sono notoriamente un anglofilo, ma perché mi piace che ci sia un approccio concreto e pragmatico, dove magari le cose che vengono dette possono essere contestate ma sulla base di studi. E infatti le critiche mosse a questa ricerca sono proprio a causa della sua parzialità: quando io misuro qualcosa, se decido di prendere le misure solo alcuni lati rischio poi di non avere di fronte l’oggetto reale…
Pensa che in Inghilterra si potrebbe arrivare ad emanare un bando dei sacchetti come in Italia?
In Inghilterra, come del resto in Francia, le cose sono andate diversamente rispetto all’Italia. Ormai la maggioranza di quello che viene utilizzato è già in qualche modo biodegradabile. Mentre in Italia avevamo bisogno di uno scalino, altrove è stato sufficiente un piano inclinato. La Francia ha provato nuovamente ad inserire nell’ultima finanziaria una tassa sui sacchetti che poi è stata ritirata, proprio in ragione del fatto che ormai la maggior parte dei sacchetti sono biodegradabili.
A suo parere da cosa dipende il consumo spropositato di sacchetti che è stato fatto in Italia fino ad ora, che sarebbe pari ad un quarto del totale europeo?
Da un fatto di abitudine e le abitudini sono costruite da una molteplicità di soggetti: imprenditori, utilizzatori finali, commercianti… Il sacchetto è un’abitudine che piace anche ai consumatori, che ricercano una busta al posto di un’altra, proprio perché noi italiani abbiamo spesso un gusto particolare per il packaging. In Inghilterra se acquisto un oggetto da regalare nessun commesso si sogna di farmi un pacco regalo né di darmi qualcosa che lo accompagni in modo decoroso. E’ un fatto di cultura, ma se si riesce a mediare un profilo che possa coniugare cultura, estetica, sviluppo sostenibile, ambiente, posti di lavoro, tecnologia ed esportazioni internazionali, è ovvio che si potrebbe fare molto di più di quanto abbia sognato di fare Alice nel suo paese delle meraviglie…
13 commenti
Scrivi un commentoAnnalisa
15.03.2011 08:03
http://www.polimerica.it/index.php?option=com_content&view=article&id=8880:shopper-il-bando-trova-consensi-a-bruxelles&catid=7:leggi%20e%20norme&Itemid=71
C. Maestrini Oxo Plastics Association
15.03.2011 07:03
Scusate... è veramente antipatico dire che lo avevo detto. Però io (e non solo io...) lo avevo detto che l'Europa NON ci avrebbe fatto fare marcia indietro.
Il sito www.ecoshopperinsieme.com sta raccogliendo un buon numero di adesioni, siamo vicini al centinaio, ma siamo lontani dai numeri che credo siano necessari per fare la "voce grossa". Le aziend del settore sono più di mille, e poi ci sono i rivenditori, i distributori, eccetera, eccetera. per cui cento adesioni sono ancora troppo poche.
Per favore passate parola, dateci una mano.
Vincete ed aiutateci a vincere le resistenze: non è una trovata pubblicitaria.
Leggete sul sito: non è assolutamente richiesto denaro e in questa fase ci si limita semplicemente a dare un parere favorevole ad un'iniziativa. Non ci si sta associando a nulla, non ci si sta impegnando ad acquistare nulla!
Gli additivi efficaci sono DAVVERO l'unica (e l'ultima) linea di difesa in questa vicenda.
Stiamo lavorando anche per dare spazio nel sito sia la proposta di un tavolo di crisi come richiesto da Ulisse, sia ad un'altra proposta molto interessante che proviene dal CIA PACKING e che garantisce la tracciabilità ed impedisca le frodi.
Sono entrambe buone idee.
Stiamo osservando con attenzione quello che sta facendo POLIECO, anche se ad oggi sembra che la posizione di questo consorzio consista sostanzialmente nel richiedere di classificare alcuni sacchetti (quelli più spessi?) come beni, invece che come imballaggi, assoggettandoli al contributo POLIECO anziché CONAI, e proponendo che vengano sottratti al divieto di commercializzazione anche se non biodegradabili.
Quello che noi chiediamo è una cosa diversa (non necessariamente contraria):
TUTTI I PRODUTTORI DI SACCHI IN PLASTICA PER ASPORTO DELLE MERCI (non destinati all'utilizzo come contenitori della frazione umida dei rifiuti ed assoggettati al divieto di cui alla 296/2006) DEVONO AVERE LA POSSIBILITA' DI UTILIZZARE GLI ADDITIVI EFFICACI.
Abbiamo fatto una proposta in merito a quello che secondo noi ha senso definire come additivo efficace. Se qualche produttore/distributore di additivi non è d'accordo con questa proposta, faccia la sua. Basta che indichi PERCENTUALI e TEMPI (ci vogliono tutti e due!) di biodegradazione secondo standard tecnici validi.
Ne discutiamo (magari non sui giornali!).
Se i numeri ci daranno ragione finalmente organizzeremo un incontro, al quale potremo anche invitare tutte le associazioni che a qualche titolo si sono occupate della vicenda più o meno dalla parte dei produttori di shopper(UNIONPLAST, UNIONCHIMICA, POLIECO, eccetera, eccetera) perchè sia chiaro che questa non è un'iniziativa contro nessuno, ma per andare verso una soluzione che vada bene a tutti (anche all'ambiente!).
Ancora grazie per l'attenzione.
Annalisa
14.03.2011 20:03
http://portale.sosutenti.info/notizie/news/per-intesa-s-paolo-chi-tocca-materbi-muore.html
Sacchetto di Plastica
14.03.2011 19:03
http://www.dailyblog.it/ambiente-prestigiacomo-ue-non-fermera-divieto-buste-plastica-commissario-potocnik-apre-a-possibilita-proibizione-europea/14/03/2011/
L'intero articolo.
Sacchetto di Plastica
14.03.2011 19:03
Bruxelles, 14 mar. (TMNews)- L'Italia, che "è il primo paese che ha messo al bando le buste di plastica" usa e getta, non verrà chiamata dall'Ue a sospendere o modificare questa misura. Lo ha garantito, oggi a Bruxelles, il commissario europeo responsabile, Janez Potocnik, al ministro del'Ambiente Stefania Prestigiacomo.
Sacchetto di Plastica
13.03.2011 13:03
http://www.advantageaustria.org/us/news/local/Aktuell/Austria-Launches-Pilot-Project-for-Biodegradable-Plas.en.jsp
Ulisse
10.03.2011 13:03
Caro dottor Maestrini,
visto che i commenti siamo relativamente in pochi a leggerli e visto che il commento di URGENTE è da prendere, stampare e portare al Ministero, senza indugio,e visto che forse noi che leggiamo i commenti, non abbiamo l'opportunità di andare al Ministero la settimana prossima, ho pensato che lei essendo conosciuto da vari produttori e forse tra i produttori che conosce ci sarà qualcuno che avrà l'opportunità di parlare con il Ministro, potrebbe fargli leggere ciò che ha scritto URGENTE .Oppure se lei venisse contattato da Polieco o altre associazioni di categoria potrebbe fare lo stesso.
Ovviamente lei stesso, tramite la sua iniziativa può far conoscere la possibilità di avere un tavolo di crisi e dei fondi.
In ultimo, volevo dirgli, che noi produttori, non abbiamo nessun desiderio di autodistruzione, e speriamo vivamente che il Ministero ci dia l'opportunità di continuare a produrre la plastica additivata, però lei deve capire che dopo tutte queste "bruciature" prese in questo ultimo periodo, fidandoci di chi non voleva il nostro bene, ora continueremo la nostra azione contro il bando (anche tramite la sua iniziativa), ma nel frattempo dobbiamo prepararci al peggio e la proposta di URGENTE va in questa direzione.
Purtroppo le confesso che in svariati anni di attività, non ho mai avuto bisogno della cassa integrazione o di licenziare per esubero e mai avrei pensato di dover ricorrere ad essa, ma purtroppo oggi ho dovuto farlo!Lo spero anche io che, se mai si aprirà un tavolo di crisi e ci daranno i fondi, di non doverli usare, ma se proprio sarò costretto...
Ringraziandola, per l'aiuto che potrà fornirci, le auguro buon lavoro.
C. Maestrini Oxo Plastics Association
10.03.2011 11:03
Caro ULISSE,
non capisco bene cosa mi chiede di fare.
Per quanto riguarda la mia iniziativa è aperta al sostegno di tutti, naturalmente anche di POLIECO se vorrà aderire, così come sono pronto (siamo pronti) a farla confluire in una eventuale inziativa di POLIECO quando ne saranno chiari i contorni e naturalmente se salvaguarderà anche gli interessi dei miei clienti (ed i miei).
Le confesso però che, nonostante io abbia partecipato lunedì, e non mi è ancora chiarissimo cosa "voglia" Polieco, né cosa intenda richiedere al Ministero.
Per quanto riguarda l'apertura di un tavolo di crisi, io naturalmente non sono contrario, semplicemente speravo che non ce ne fosse bisogno. Posso senz'altro metterlo tra le richieste che discuteremo insieme nell'ambito della mia iniziativa.
Non sono però in grado di convincere Polieco a condividerla: vorrei chiarire infatti che io non ho un legame particolare con Polieco. Anzi non ho proprio nessun legame.
Non faccio neppure parte del gruppo di imprenditori che insieme a Polieco verranno ricevuti dal Ministero.
Pertanto credo che qualsiasi richiesta a Polieco vada indirizzata direttamente a loro.
Spero di averle risposto e di avere chiarito la situazione.
Ulisse
10.03.2011 09:03
Dottor Maestrini,
trovo la proposta di URGENTE A TUTTI GLI OPERATORI molto sensata e come dice lui stesso è praticamente la prassi in queste situazioni, ma nel nostro caso io sinceramente vedo solo sbagli da tutte le parti.
Comunque visto che Lei ha iniziato una meritevole iniziativa, potrebbe affiancare anche questa iniziativa e girarla a Polieco e alle aziende che si incontreranno con il presidente della commissione probabilmente la settimana prossima.
Spero che lo farà...
Urgente a tutti gli operatori
09.03.2011 11:03
Gentilissimo Dr Maestrini,
grazie per darmi l'opportunità di chiarire un qualcosa che non ho fatto nel commento precedente.
Ciò di cui al commento precedente è, e deve essere, un'azione a PRESCINDERE da tutto il resto.Il tavolo di crisi e i fondi devono essere stabiliti e resi disponibili ma non è detto che vengano usati o che dovranno essere usati obbligatoriamente .Nel frattempo ovviamente ogni operatore, secondo quello che più ritiene giusto, deve attivarsi (già avrebbe dovuto farlo!) per cercare di far abrogare il bando,modificarlo o qualsivoglia decisione, non in ultima quella di poter usare additivi o altri prodotti/materiali.
Io non ho scritto di rinunciare a "combattere" anzi mi auguro che la "battaglia" venga vinta, ma nel frattempo ci sono e potranno esserci situazioni irrecuperabili alle quali la soluzione non sarà più se fare shopper in plastica, in bioplastica o plastica additivata, ma sarà se fallire o fallire.Questo per quando riguarda il primo fondo.
Il secondo fondo potrebbe servire a chi vuole produrre ANCHE bioplastica, non ho detto che tutti gli impianti e macchinari dovranno essere riconvertiti, ma se il mercato me lo richiede (e la legge me lo consente) io posso tranquillamente produrre shopper in bioplastica (convertendo alcuni macchinari utilizzando il fondo) e produrre shopper additivati con i macchianri già esistenti.
Già oggi, da quanto ne so, ci sono 20/30 aziende decise a chiudere, non so se falliranno o meno e spero di no.Nel prossimo futuro, probabilmente (mi auguro vivamente di no) potranno seguire questa sorte altre aziende, vogliamo almeno aiutarle in qualche modo?
E infine, non diamoci "con la zappa sui piedi" e l'esperienza a quanto pare non ci ha insegnato nulla. Se ci fossimo preparati in tempo e avremmo eliminato le scorte, avremmo convertito gli impianti (tralasciando per un momento lo shaortage di bioplastica) oggi FORSE non staremmo in questa situazione.
Allora le chiedo, la "battaglia" deve continuare, anche perché è fondata su VALIDE motivazioni, ma mettiamo - e ad oggi le possibilità purtroppo sono altissime! - che il Governo tra 15 giorni ci dice che si può utilizzare solo la bioplastica,che facciamo? O chiudiamo o produciamo shopper in bioplastica!
E nel qualcaso sopra esposto se ci siamo mossi in tempo e abbiamo ottenuto un tavolo di crisi e i fondi di cui parlo, forse almeno avremo alleviato le sorti di chi DEVE chiudere e di chi VUOLE produrre bioshopper.
Quindi la sua iniziativa, che personalmente trovo VALIDISSIMA, potrebbe , anzi DEVE, essere coadiuvata anche dalla mia proposta, per farsì, che nella peggiore delle ipotesi, ci sia quantomeno una via di uscita dignitosa e il meno possibile dolorosa, per tutti gli stakeholder coinvolti, tra cui- IMPORTANTISSIMI - i tanti dipendenti!
Anzi, spero che anche lei porti la proposta in qualche sede che può sposare la causa.
Arrivederci e le/mi auguro vivamente che gli additivi possano essere usati!
C. Maestrini Oxo Plastics Association
09.03.2011 11:03
Solo una domanda per URGENTE A TUTTI GLI OPERATORI.
Ma scusa, sei sicuro che le alternative sono:
1. chiudere
2. utilizzare le bioplastiche?
Io no.
Io penso che gli additivi efficaci siano una soluzione valida che non fa chiudere nessuno.
Comincio a pensare che nella categoria dei produttori di shopper alligni una sorta di desiderio di autodistruzione.
Ma scusate: gli additivi sono una soluzione economica ed afficace. Mi spiegate perché preferite chiudere piuttosto che mettervi insieme e richiedere a gran voce che sia finalmente chiaro per tutti che è possibile usare additivi efficaci (che sono pure più ecologici delle plastiche amidacee)?
Ricordo che ho creato questo sito allo scopo:
www.ecoshopperinsieme.com
Non ci sono secondi fini. certo: io vorrei vendere gli additivi, ma anche darvi una mano a continuare ad esserci, il tutto compatibilmente con l'ambiente.
Poi, fate un po' quello che volete.
Grazie e saluti a tutti.
Urgente a tutti gli operatori
09.03.2011 11:03
Salve a tutti,
ho letto molte cose interessanti su questo sito e nei commenti dei vari lettori. Vorrei però farvi notare che una delle primissime richieste che vengono esposte al Governo (Ministero dello Sviluppo Economico) nelle situazioni come la questa è l'istituzione di un tavolo di crisi tra le parti interessate. Ovviamente il nostro caso (bando degli shopper) è tutto particolare e la gestione, pre e post bando e quantomeno criticabile per come è stata e tuttora viene gestita dalle associazioni di categoria e dagli esponenti del governo, per non parlare dei sindacati (totalmente assenti!).
Senza creare ulteriori polemiche o rotture vorrei presentarvi quello che andrebbe fatto al più presto da un lato prettamente economico e sociale. Quello che scriverò ovviamente è un incipit e di sicuro andrebbe migliorato/modificato in fase di negoziazione,ma la base è questa:
Richiedere con urgenza al Governo di concerto con il Ministero dello Sviluppo Economico, l'istituzione di un tavolo di crisi e l'istituzione di un fondo a favore dei trasformatori.
Sarebbe ideale costituire 2 fondi diversi:
1- Aziende che devono/vogliono chiudere;
2- Aziende che vogliono/possono convertire la produzione in bioplastica.
Il primo fondo, dovrebbe coprire parzialmente o interamente (a seconda della somma stanziata), le spese di liquidazione di tali società, per evitare fallimenti e risvolti socio-economici a catena sfavorevoli per intere comunità.
Il secondo fondo, dovrebbe essere destinato alle aziende che voglio convertire gli impianti e gli stabilimenti. Il fondo dovrebbe coprire dal 60 al 80 % dei costi di conversioni degli impianti e dei macchinari, inoltre bisognerebbe stabilire almeno per i primi 3 anni (2011-2014) degli sgravi fiscali per tali aziende.
Come detto, quanto sopra è solo un incipit. Spero che qualche attore interessato personalmente, faccia presente ciò a chi di dovere (Unionplast,Sindacati,Politici,Legambiente,ecc…) perché anche questa è un anomalia, infatti di solito, quello sopra scritto è la prima cosa che si fa in queste situazioni, ma vedendo la vostra "divisione interna" la mancanza di un'associazione di categoria e il disinteresse dei "grandi sindacati", forse è il caso che questa proposta venga spinta da voi filmatori, almeno per "alleviare le vostre sofferenze".
Invito anche la redazione o altri giornalisti a chiedere a (Unionplast,Sindacati,Politici,Legambiente,ecc) come mai non è stato istituito un tavolo di crisi.
Spero di essere stato utile e spero che si sblocchi qualcosa, ma bisogna che ognuno di voi, anche nel suo piccolo si mobiliti.
Arrivederci e se avete qualche domanda vi risponderò volentieri.
Maurizio P.
08.03.2011 18:03
Credo che domani mattina molti di noi dovrebbero fare proprie molte affermazione del dott. Di Cigoli.