Paese che vai, piatto che butti. Intervista a Roberto Cavallo (presidente Erica ed Aica)
Raccolta differenziata e riciclo di piatti e bicchieri di plastica monouso: la situazione in Francia, Belgio, Gran Bretagna e Stati Uniti. Il meccanismo del contributo ambientale. Intervista di Eco dalle Città a Roberto Cavallo, presidente di Erica ed Aica
18 July, 2011
In Italia piatti e bicchieri di plastica monouso non vengono intercettati dalla raccolta differenziata. Dopo la proposta Corepla la situazione potrebbe cambiare. All'estero come funziona? Lo abbiamo chiesto a Roberto Cavallo, presidente della Cooperativa Erica e di AICA (Associazione Internazionale Comunicazione Ambientale).
Corepla sta studiando l'estensione della raccolta differenziata a piatti e bicchieri di plastica monouso. Qual è la situazione nel resto d'Europa, vengono raccolti separatamente ed avviati al riciclo?
In Francia la raccolta differenziata è praticamente gestita in esclusiva da Ecoemballage che ammette nel contenitore giallo solo imballaggi. In tutta la Francia infatti la raccolta differenziata degli imballaggi si fa porta a porta o di prossimità con un unico contenitore, il sistema prevede poi del centri di selezione (centre de tri) che separano le diverse materie (cartone, metalli, plastica, ecc.). Non è ammesso nessun prodotto che non sia imballaggio, nemmeno per la carta, così ad esempio i giornali o le riviste vanno gettate in campane stradali (points d’apport volontaires) gli altri prodotti come legno o vetro non imballaggio o metalli vanno portati nelle rifiuterie (dechetteries) molto diffuse in Francia. In questo quadro ovviamente nessuno spazio per piatti e bicchieri in plastica che se ne vanno dritti all’inceneritore.
In Belgio la situazione è più complessa, perché in senso generale funziona come in Francia o in Italia, ma da anni è più attiva l’industria del riciclo. Nello specifico della plastica è nata fin dal 2002 PLAREMEC una piattaforma nazionale di tutte le aziende che riciclano la plastica che escono così dalla logica dell’immesso al consumo, ma piuttosto del prodotto come materia prima e seconda. Il “Conai” Belga, che in realtà sono due la FOST Plus e la Val-I-Pac, aderiscono a questa piattaforma insieme a AGORIA Plastiques, che è l’Associazione dei trasformatori delle materie plastiche, la FEBEM, che è la Federazione delle imprese che si occupano di ambiente un po’ come Federambiente in Italia), FEBELPLA, che è la Federazione delle imprese che riciclano materie plastiche la FECHIPLAST, che è l’Associazione dei trasformatori chimici di plastica, PLAREBEL, che è l’Associazione per la valorizzazione dei rifiuti plastici. Uscendo dunque dalla logica del tipo di prodotto, ma piuttosto del tipo di materia con cui è costituito il rifiuto sono le aziende a contrattualizzare direttamente con gli enti locali l’acquisto della materia seconda in base alle necessità.
In Gran Bretagna tutto il comparto del riciclo è piuttosto indietro. La regola è più o meno sempre la stessa, ma il governo Cameron sta investendo centinaia di milioni di sterline per promuovere le differenziate e il riciclo (anche dell’umido). In questo quadro molte attività industriali si stanno attrezzando nel caso della plastica lavorano direttamente sui polimeri. Ne vengono in genere recuperati 6 tipi: tutti i Polietileni, quelli tereftalati (PET), quelli normali (PE), a bassa (LDPE) e alta densità (HDPE), e poi il polipropilene (PP) quello delle cassette da ortofrutta per capirci e il Polistirene (PS) con cui appunto sono fatti i piatti e bicchieri in plastica (http://www.99precycling.com/subpalstic.html)
Negli USA alcuni piatti in plastica sono riciclati altri no in base alla molecola plastica della quale sono costituiti, segnalata da un numero all’interno del triangolo fatto di frecce che si rincorrono: http://www.ehow.co.uk/how_7459629_recycle-plastic-plates.html. In particolare quelli in Polistirene o la cui molecola è nota si (i numeri vanno da 1 a 6) se invece il numero è il 7 che indica altre molecole generiche senza specificare quel il materiale non viene riciclato.
Secondo Corepla le difficoltà non sarebbero tecniche né tantomeno di raccolta. Le difficoltà sarebbero legate ai meccanismi del contributo ambientale: "Il fatto è che piatti e bicchieri pagano oggi al 50% perché in parte sono imballaggi, in parte no". Nel frattempo Conai ha appena deliberato la diminuzione del contributo ambientale a partire dal 1° gennaio 2012. Dal punto di vista ambientale, il CAC non dovrebbe aumentare piuttosto che diminuire? Il contributo ambientale all'estero come è strutturato?
Penso anche io che non sia un problema di raccolta né di riciclo. Per la raccolta basta dire ai cittadini di pulire il materiale come per altro occorre fare per i vasetti di yogurt o per le bottiglie di bevande dolci, per il riciclo è appunto una questione di polimero come abbiamo visto per alcune realtà straniere.
La maggior parte dei manufatti sono in Polistirene e il Polistirene (che è come il Polistirolo) può essere riciclato, tanto che esistono anche specifiche macchine per facilitarne e renderne più semlice il riciclo: http://www.plexiglass.biz/compattatore-riciclare-scarti-polistirene-polistirolo-croma-p-2733.html. Ci sono aziende italiane che si stanno attrezzando (http://www.devi-spa.com/it/azienda/ambiente.html) per non parlare dei vicini svizzeri che hanno filiere specifiche per polimero plastico: http://www.echopolistirolo.ch/Prodotti_Riciclati.html
La questione del contributo è senza dubbio il punto centrale.
Da un lato è opportuno riconoscere che il sistema CONAI italiano, uno dei pochi sistemi in Europa ad essere autonomo e non legato al sistema del cosiddetto “punto verde”, raggiunge elevate performance di riciclo e di recupero, maggiori ad altri Paesi europei come la Spagna o la Francia a costi per la collettività decisamente più bassi.
Eco-emballages in Francia, ad esempio, è stato recentemente al centro di uno scandalo finanziario con ulteriori costi per i contribuenti per evitarne il fallimento, mentre erano spariti oltre 20 milioni di euro in qualche paradiso fiscale (http://unmondemerveilleux.eklablog.com/le-scandale-d-eco-emballage-a339281)
Al di là elle cattive gestioni finanziarie, la politica di alcuni consorzi europei è quella di concentrare le raccolte in grandi centri così da recuperare il massimo di materiali senza occuparsi del resto del territorio, con l’accordo con l’ANCI, per il CONAI ciò non è possibile. Occorre anche evidenziare che a parità di recupero, in Italia il CONAI garantisce un più alto riciclo rispetto al recupero energetico.
Ciò premesso però come tutte le cose che costano poco il rischio è che non ci si presti attenzione.
Una cosa che credo sarebbe importante che il CONAI importi dall’estero è la modulazione del contributo in funzione della riciclabilità del prodotto.
Non mi spaventa un contributo basso se il materiale è facilmente riciclabile, perché la filiera industriale e il mercato sono garanzia di meccanismi virtuosi che portano al recupero di materia, esattamente come accade per il vetro, diventa infatti più conveniente per l’industria partire da una materia prima-seconda presente sul territorio che non importare materie prime grezze dall’estero.
Il problema è per quelle materie per le quali o non esiste una filiera di riciclo, o la stessa è troppo onerosa, perché il polimero è difficilmente lavorabile o ancora per quei prodotti che hanno miscele di polimeri accoppiati tra loro che rendono difficile se non impossibile il recupero di materia.
All’estero (ad es. in Spagna o in Austria) esiste una differenza di tassazione degli imballaggi, in particolare quelli plastici, in funzione appunto della loro riciclabilità, arrivando ad essere anche 6-8 volte superiore tra una bottiglia di PET e un imballaggio poliaccoppiato di una merendina.
In ogni caso, quando si organizza una festa in casa o una festa in paese, è sempre meglio pensare a stoviglie lavabili, così non abbiamo dubbi e riduciamo i rifiuti...