Bando sacchetti. Ministro Fazio: “Obiettivo principale riduzione emissioni gas serra”
Il Ministro della Salute, Ferruccio Fazio, risponde ad un’interrogazione al Senato: "La sostituzione dei sacchetti per asporto merci in polietilene con sacchetti biodegrabili non è alimentata da alcun obbligo comunitario, l’obiettivo principale è soprattutto quello di contribuire all’abbattimento delle emissioni di gas serra". Il testo completo della risposta fornita dal Ministro
22 July, 2011
"La sostituzione dei sacchetti per asporto merci in polietilene con sacchetti biodegradabili non è alimentata da alcun obbligo comunitario, l’obiettivo principale è soprattutto quello di contribuire all’abbattimento delle emissioni di gas serra alla luce del grave ritardo che il nostro Paese ha accumulato rispetto al raggiungimento degli obiettivi fissati nel Protocollo di Kyoto, ipotizzando anche una sottrazione all’ambiente degli stessi una volta diventata rifiuti". Lo ha detto il Ministro della Salute, Ferruccio Fazio, rispondendo ad un’interrogazione al Senato. "Nessun altro Paese europeo - prosegue - ha introdotto obblighi così immediati e stringenti limitandosi ad azioni di scoraggiamento all’uso. Infatti, anche la Francia, che nel 2006 con un decreto ha tentato di mettere al bando i sacchetti di plastica ‘tradizionali’ a favore di quelli biodegradabili, ha dovuto ritirare tale decreto in quanto la Commissione europea lo aveva bocciato a causa del suo effetto lesivo dei principi che regolano il libero scambio di beni e servizi a livello comunitario".
Risposta scritta pubblicata nel fascicolo n. 129
all'Interrogazione 4-04258
Risposta. - Si risponde sulla base delle considerazioni e valutazioni formulate dall'Istituto superiore di sanità (ISS).
Relativamente ai quesiti posti, in particolare per quanto attiene ai supposti problemi di reazione al contatto tra i cibi e i materiali biodegradabili, alla presenza di additivi chimici di sintesi nella composizione delle bioplastiche che potrebbero interferire con il compostaggio, alla sintesi di studi terzi delle caratteristiche teologiche (concernenti la risposta alle sollecitazioni e alle modificazioni esterne) e igienico-sanitarie dei materiali utilizzati per la produzione dei sacchetti biodegradabili, l'ISS ritiene necessario premettere quanto segue.
La sostituzione dei sacchetti per asporto merci in polietilene con sacchetti biodegradabili non è alimentata da alcun obbligo comunitario, l'obiettivo principale è soprattutto quello di contribuire all'abbattimento delle emissioni di gas serra alla luce del grave ritardo che il nostro Paese ha accumulato rispetto al raggiungimento degli obiettivi fissati nel Protocollo di Kyoto, ipotizzando anche una sottrazione all'ambiente degli stessi una volta diventati rifiuti.
L'ISS sottolinea che non esiste alcuna direttiva europea che preveda la messa al bando dei sacchetti di plastica; peraltro, proprio la direttiva europea sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio (direttiva 94/62/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 dicembre 1994) vieta espressamente, all'articolo 18, l'introduzione di norme atte a creare distorsioni di mercato, affermando che "gli Stati membri non possono ostacolare l'immissione sul mercato nel loro territorio di imballaggi conformi alle disposizioni della presente direttiva".
Nessun altro Paese europeo ha introdotto obblighi così immediati e stringenti limitandosi ad azioni di scoraggiamento all'uso. Infatti, anche la Francia, che nel 2006 con un decreto ha tentato di mettere al bando i sacchetti di plastica "tradizionali" a favore di quelli biodegradabili, ha dovuto ritirare tale decreto in quanto la Commissione europea lo aveva bocciato a causa del suo effetto lesivo dei principi che regolano il libero scambio di beni e servizi a livello comunitario.
La sostituzione dei sacchetti in polietilene con quelli biodegradabili è contemplata, a livello normativo, soltanto per quanto attiene agli imballaggi destinati alla raccolta differenziata di rifiuti biodegradabili da destinare a compostaggio.
Tale obbligo è regolato dal decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, "Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive".
Il citato decreto legislativo n. 205, con l'articolo 9 (Principi di autosufficienza e prossimità. Rifiuti organici), inserisce, dopo l'articolo 182 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, l'articolo 182-ter (Rifiuti organici), in cui viene stabilito, al comma 1, che "La raccolta separata dei rifiuti organici deve essere effettuata con contenitori a svuotamento riutilizzabili o con sacchetti compostabili certificati a norma UNI EN 13432-2002".
Il comma 2 del suddetto articolo 182-ter recita che "ai fini di quanto previsto dal comma 1, le regioni e le province autonome, i comuni e gli ATO, ciascuno per le proprie competenze e nell'ambito delle risorse disponibili allo scopo a legislazione vigente, adottano entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto misure volte a incoraggiare: a) la raccolta separata dei rifiuti organici; b) il trattamento dei rifiuti organici in modo da realizzare un livello elevato di protezione ambientale; c) l'utilizzo di materiali sicuri per l'ambiente ottenuti dai rifiuti organici, ciò al fine di proteggere la salute umana e l'ambiente".
L'ISS sottolinea che il suddetto decreto legislativo fa riferimento esclusivamente alla raccolta differenziata dei rifiuti, poiché prevede che i rifiuti organici biodegradabili dovranno essere raccolti in modo differenziato con contenitori a svuotamento riutilizzabili o con sacchetti compostabili certificati, stabilendo pertanto l'obbligo di utilizzare sacchetti biodegradabili esclusivamente per contenere i rifiuti organici, ma non fa alcun riferimento a quelli finalizzati all'asporto delle merci.
Tale norma UNI EN 13432 disciplina, infatti, i requisiti per imballaggi recuperabili mediante compostaggio e biodegradazione, definendo quindi tutte le caratteristiche che un materiale deve possedere per poter essere definito compostabile.
La normativa italiana, che recepisce disposizioni comunitarie e in particolare la direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio, prevede appunto che, ai fini della riduzione delle emissioni di anidride carbonica in atmosfera, del rafforzamento della protezione ambientale e del sostegno alle filiere agro-industriali, vengano condotti studi a livello scientifico relativi soprattutto al ciclo di vita per determinare una precisa gerarchia tra gli imballaggi riutilizzabili, riciclabili e recuperabili per un giudizio che sia complessivo anche degli aspetti riguardanti l'eco-bilancio.
L'obiettivo di sostituire definitivamente i sacchetti per l'asporto di merci non biodegradabili con manufatti biodegradabili è contenuto nella legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007), che ha previsto, all'articolo 1, commi 1129 e 1130, l'avvio di un programma sperimentale a livello nazionale della durata di tre anni, volto alla progressiva riduzione della commercializzazione di sacchi non biodegradabili per l'asporto delle merci, nonché il rinvio ad un "decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali", non emanato, con cui definire il citato programma sperimentale ed individuare le misure "da introdurre progressivamente nell'ordinamento interno al fine di giungere al definitivo divieto, a decorrere dal 1° gennaio 2010, della commercializzazione di sacchi non biodegradabili per l'asporto delle merci che non rispondano entro tale data, ai criteri fissati dalla normativa comunitaria e dalle norme tecniche approvate a livello comunitario".
Peraltro, occorre precisare che l'art. 23, comma 21-novies, del decreto-legge 10 luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, ha prorogato il termine del 1° gennaio 2010 al 1° gennaio 2011.
Premesso tutto ciò, per quanto attiene al primo quesito, va ricordato che i materiali biodegradabili, siano essi assimilati a materie plastiche che a materiali di tipo innovativo, sono disciplinati dal regolamento (CE) 1935/2004 (regolamento quadro), che prevede all'art. 3 che i materiali e oggetti a contatto con alimenti non trasferiscano ai prodotti alimentari componenti in quantità tale da: a) costituire un pericolo per la salute umana; b) comportare una modifica inaccettabile della composizione dei prodotti alimentari; c) comportare un deterioramento delle loro caratteristiche organolettiche.
Se inquadrabili come materie plastiche, sono poi sottoposti anche a disciplina specifica (direttiva CEE 2002/72 e successivi aggiornamenti). Non esiste, quindi, nessun divieto a priori dell'uso di materie plastiche "biodegradabili" a contatto con alimenti, purché vengano rispettate sempre le regole generali del regolamento quadro e, qualora applicabili, le regole specifiche per le materie plastiche tradizionali.
In ogni caso, è responsabilità dei produttori garantire e dichiarare il rispetto di tali regole e dimostrare di aver provveduto a controlli e accertamenti necessari e pertinenti (decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 108). È obbligo per i produttori individuare e dichiarare eventuali limitazioni di impiego da rispettare nell'uso per garantire il mantenimento della conformità ai requisiti di sicurezza alimentare relativi ai materiali a contatto con alimenti (art. 15 del regolamento).
L'ISS fa presente che i sacchetti per asporto merci, per le loro caratteristiche, sono destinati in genere al contatto con alimenti imballati o, meno frequentemente, al contatto con alimenti sfusi; in quest'ultimo caso, si tratta in genere di alimenti ortofrutticoli dotati, per loro natura e forma geometrica, di limitato potere estrattivo nei confronti di sostanze migrabili. Tale limitato potere estrattivo, comprovato da evidenze scientifiche, viene riconosciuto anche dalle leggi nazionali e comunitarie sulle materie plastiche per contatto alimentare, che per l'ortofrutta non prevedono test di migrazione. Nel caso che i sacchetti fossero stampati o presentassero diciture o immagini, alcuni componenti volatili della formulazione degli inchiostri potrebbero, ipoteticamente, essere trasferiti all'alimento, ma in tal caso la situazione non sarebbe peculiare per i sacchetti biodegradabili, potendosi ugualmente verificare nei sacchetti tradizionali.
Per quanto riguarda il secondo quesito posto inerente alla presenza di additivi chimici di sintesi nella composizione delle bioplastiche che potrebbero interferire con il compostaggio, l'ISS sottolinea che tutti i polimeri biodegradabili che utilizzano, come elemento base, componenti vegetali quali l'amido (da mais, patata ed altre colture amilacee vengono sempre arricchiti con prodotti chimici di sintesi (come, ad esempio, pigmenti sintetici per il colore o plastificanti) allo scopo di poter aumentare le prestazioni del prodotto stesso in termini di rigidità, resistenza al calore, eccetera.
Anche nel "MaterBi", che rappresenta la prima famiglia di polimeri biodegradabili e compostabili, l'amido viene complessato con quantità variabili di agenti complessanti, che possono essere sia naturali sia derivati da fonti rinnovabili, sintetiche o miste.
L'ISS afferma che, in generale, nessuno dei produttori di bioplastiche descrive in modo dettagliato la tipologia degli additivi utilizzati, dato che tale informazione è coperta dal segreto industriale. Comunque, fa presente che la normativa impone che un materiale, per poter essere definito compostabile, debba essere sottoposto a delle prove per valutare quali e quanti inquinanti possano eventualmente essere rilasciati durante il processo di compostaggio. Al termine della degradazione dei biopolimeri, infatti, nel compost si potrebbero ritrovare gli additivi e, di conseguenza, questi potrebbero finire nel suolo e, per ultimo, nella catena alimentare.
La valutazione degli effetti sulla qualità del compost risultante è una delle caratteristiche previste dalla norma UNI EN 13432, che, come già detto, disciplina i requisiti per imballaggi recuperabili mediante compostaggio e biodegradazione, definendo tutte le caratteristiche che un materiale deve possedere per poter essere definito compostabile.
Per quanto riguarda il terzo quesito, relativamente all'aspetto delle caratteristiche igienico-sanitarie dei sacchetti biodegradabili, l'ISS rimanda a quanto è stato già esposto con riguardo al primo quesito.
Per quanto concerne le caratteristiche reologiche dei sacchetti biodegradabili, intese nel senso della loro lavorabilità, l'ISS rileva che le plastiche biodegradabili sono più difficilmente lavorabili, in quanto più sensibili, soprattutto per la viscosità, ai parametri temperatura e umidità; questo rende più difficile lo stampaggio e la lavorazione.
Nei processi di lavorazione del materiale polimerico, infatti, il comportamento reologico del fuso polimerico gioca un ruolo molto importante. La storia termica e di deformazione che un polimero ha subito durante il processo di estruzione può interessare la microstruttura del film e, pertanto, anche le proprietà finali.
La processabilità di un polimero è principalmente determinata dal suo comportamento reologico; è stato visto, infatti, che le lunghe catene delle ramificazioni concorrono ad aumentare gli stress normali o di taglio e ad intensificare sostanzialmente la velocità di allungamento uniassiale; tale comportamento produce una bolla stabile durante il processo.
È tuttavia difficile stabilizzare le condizioni di processo, a motivo del fatto che la viscosità dei polimeri può variare nel tempo, e questo fenomeno è più rilevante per i polimeri biodegradabili ed è fortemente dipendente dalle condizioni di stoccaggio e di essiccamento del materiale stesso.
La caratterizzazione delle proprietà di processo in funzione delle condizioni di pretrattamento o di stoccaggio è pertanto fondamentale per i polimeri biodegradabili che, come detto, sono particolarmente sensibili alle condizioni di umidità ambientali.
Inoltre, è fondamentale comprendere come cambiano le proprietà, soprattutto la viscosità, nel tempo, in determinate condizioni di temperatura e di umidità. È noto, infatti, che durante lo stampaggio di polimeri biodegradabili le condizioni cambiano continuamente, tanto che l'operatore è costretto a modificare di continuo i parametri di processo.
Tuttavia, all'ISS risultano ancora pochi gli studi disponibili riguardanti le caratteristiche reologiche ed igienico-sanitarie dei materiali utilizzati per la produzione dei sacchetti biodegradabili.
La difficoltà di trovare riferimenti bibliografici e informazioni adeguate che ne individuino correttamente le caratteristiche è ascrivibile molto probabilmente al segreto industriale.
Per quanto concerne, infine, gli aspetti connessi con la problematica dello smaltimento dei rifiuti nella Regione Campania, la Prefettura-Ufficio territoriale del Governo di Napoli ha comunicato che il Comune di Napoli ha fatto presente che, in ragione dell'entrata in vigore, dal 1° gennaio 2011, in base al citato art. 23, comma 21-novies, del decreto-legge n. 78 del 2009, del divieto della commercializzazione dei sacchi per l'asporto delle merci i quali risultino non biodegradabili, ha ritenuto di impegnarsi in azioni che riducano la quantità dei rifiuti prodotti, ovvero consentano un contenimento di quelli non biodegradabili.
Pertanto, in tale ottica, il Comune ha adottato l'8 novembre 2010 una delibera sulla riduzione degli "shoppers", con l'intento di sensibilizzare l'opinione pubblica sulla problematica.
Ferruccio Fazio Ministro della salute