Il CDR è un rifiuto: Italia condannata
L'Italia è stata nuovamente condannata dalla Corte di giustizia europea in materia di rifiuti.
20 January, 2009
Il 22 dicembre, dalla Corte di giustizia europea è arrivata un’altra condanna per l’Italia per mancata attuazione della disciplina in materia di rifiuti sottraendo a priori i rottami destinati ad attività siderurgiche e metallurgiche e il combustibile da rifiuti di qualità elevata (Cdr-Q) dall’ambito di applicazione della legislazione italiana sui rifiuti.
La Corte ritiene che i rottami ferrosi siano semplici residui di produzione e di consumo e tali devono essere considerati fino alla conclusione del processo di recupero completo, che si conclude con la loro trasformazione in prodotti siderurgici e metallurgici. L’esclusione a priori di fatto rende inapplicabile la normativa comunitaria sulla tutela dell’ambiente a tali materiali, in particolare alla loro gestione, al loro deposito e al loro trasporto.
Riguardo invece il Cdr-Q, la Corte sostiene che l’operazione di trattamento dei rifiuti solidi urbani per l'ottenimento del combustibile si concretizza in una mera selezione e mescolanza di rifiuti e che, dunque, non può essere considerata un processo di fabbricazione di un prodotto. Un’operazione di recupero è tale e si può dire conclusa solo tanto se il materiale possiede le caratteristiche di una materia prima utilizzabile nelle stesse condizioni di precauzione rispetto all’ambiente e ciò non vale per il Cdr-Q.
Monica Frassoni, presidente del gruppo Verdi/ALE al Parlamento europeo, ha così commentato la sentenza della Corte di Giustizia europea: "Si tratta di un'altra sentenza attesa da tempo sul fronte che oppone l'Italia al diritto comunitario per quanto concerne la definizione di varie categorie di rifiuti. Già l'anno scorso il nostro paese era stato condannato per non aver fatto rientrare, nell'ambito della normativa nazionale, le terre da scavo tra i rifiuti.
Consulta il testo della sentenza della Corte di Giustizia Europea