Caso Ikea: perché e come la Provincia di Torino ha difeso il suolo
La ricostruzione della vicenda punto per punto nelle parole del Direttore dell’Area Territorio e Trasporti della Provincia Paolo Foietta: "Ikea conosceva fin dall'inizio le norme e la posizione della Provincia, ma probabilmente riteneva si potesse operare un superamento delle stesse. Contro il consumo del suolo non abbiamo scherzato".
15 August, 2011
1. Dottor Foietta, il sindaco di La Loggia Salvatore Gerace aveva dichiarato di essere pronto ad effettuare una variante al piano regolatore per trasformare 200.000 metri quadrati destinati ad uso industriale in terreni agricoli, in modo da compensare il consumo di suolo che avrebbe comportato al csotruzione dello stabilimento Ikea. Questa proposta era concretamente realizzabile o no?
Sostituire a saldo invariato la superficie utilizzata da un nuovo insediamento con altre aree già inserite nel piano regolatore vigente e non ancora trasformate è una strada condivisibile. Nel caso di La Loggia, però, questo sistema non è applicabile per due ragioni: prima di tutto, non si sarebbero tagliate aree di un piano regolatore già esistente ed effettivo, ma aree solo “annunciate” in un progetto preliminare che non ha ancora efficacia e non ha ancora ottenuto l’approvazione della Regione. Non si trattava dunque di aree già ufficialmente destinate all'uso industriale, ma di terreni la cui destinazione deve essere ancora ufficialmente "assegnata".
Il piano regolatore del Comune di La Loggia, che, come dicevamo, si trova appunto ancora in fase di approvazione, prevedeva un incremento di ulteriori 330.000 mq di superficie residenziale pari a 1192 nuovi abitanti, (+ 18% di capacità insediativa); prevedeva inoltre un incremento di ulteriori 301.000 mq di superficie industriale pari a 124.000 mq di ulteriore superficie coperta. Su questo “progetto preliminare” si ritiene necessario operare tagli significativi.
Inoltre, le aree "da restituire a destinazione agricola" e le nuove aree da "occupare" devono essere equivalenti; la circonvallazione di La Loggia recentemente realizzata costituiva una sorta di bastione, un limite fisico all’edificazione, a protezione del Parco del Po e dell’area già tutelata dal Piano Territoriale del Po. L’insediamento Ikea rappresentava uno sfondamento a questo bastione, al di fuori di ogni logica urbanistica, che inoltre potrebbe produrre contagio, e cioè ulteriori ampliamenti ed urbanizzazioni al confine con il Parco del Po.
2. A livello operativo, come è stata presa la decisione di negare il consenso per la costruzione di un nuovo stabilimento IKEA sui terreni agricoli? Secondo l'azienda il "no" sarebbe arrivato in modo del tutto inaspettato, dopo sei conferenze dei servizi. Il consenso negato è frutto di un confronto interno alla Provincia (e dedicato a questo singolo caso) o fin dall'inizio la possibilità di costruire su terreni agricoli era fuori discussione?
IKEA era senz’altro a conoscenza della normativa (che non avrebbe consentito l’insediamento) e della posizione della Provincia, più volte espressa sia in sede politica che tecnico-amministrativa. La Provincia ha applicato con linearità e coerenza le norme del proprio piano territoriale (2003).
Non esiste e non può esistere su questo tema discrezionalità. IKEA è per la Provincia uguale a qualsiasi operatore.
Gia’ nella prima riunione di Conferenza di Servizi (15/10/2009) il rappresentante della Provincia evidenziò che il Piano Territoriale di Coordinamento provinciale vigente prevedeva per le aree agricole delle apposite “direttive” di tutela.
Le aree agricole interessate dal progetto IKEA, sulla base delle previsioni del PTC vigente, sono individuate in 1^ classe di fertilità; per il sistema di classificazione IPLA (Istituto per le Piante da Legno e Ambiente) si tratta di aree di 2^ classe di produttività. La norma di tutela prevista nel PTC è comunque applicabile, a prescindere dalla effettiva classe di fertilità (1^ o 2^), in quanto i territori di che trattasi sono compresi nelle Aree Agricole in Contesto Metropolitano. Per poter derogare alla destinazione agricola per questo tipo di aree è necessario dimostrare il rilevante interesse collettivo derivante dell’intervento, interesse collettivo che coincide anche col rilevante interesse pubblico urbanistico.
In tutte le successive riunioni è stata ribadita tale interpretazione e la posizione della Provincia è stata in merito assolutamente lineare. Nella Conferenza dei Servizi dell’08/02/2010 la Provincia depositò agli atti della Conferenza una nota predisposta dal Servizio V.I.A. (Valutazione di Impatto Ambientale, NdR), ribadendo che le zone interessate potevano essere trasformate solo nel caso in cui si fosse ravvisato il prevalente interesse pubblico urbanistico.
In seguito, nella riunione del 03/03/2010, il rappresentante della Provincia ribadì che nell’analisi svolta da IKEA non era stata richiamata la norma sulle Aree agricole in contesto metropolitano, ossia quella norma in base alla quale destinazioni differenti da quelle agricole possono essere ammesse soltanto per casi eccezionali e dove si ravvisi un interesse pubblico urbanistico.
Nel corso dell'incontro avvenuto il 06/07/2011 ha avuto luogo la "Concertazione", e cioè sono stati acquisiti i pareri dei Comuni confinanti con quello di La Loggia.
Va ricordato che il riconoscimento delle localizzazioni commerciali può avvenire solo dopo la valutazione di compatibilità ambientale (ma anche degli effetti sul traffico e sulla viabilità)e che, inoltre, il parere della Provincia - obbligatorio - è vincolante quando la dimensione dell'area occupata dallo stabilimento commerciale è superiore a 40.000 mq.
Di conseguenza il 22/07/2011 la Giunta Provinciale ha ritenuto di esprimere un parere negativo sulla proposta di Ikea, opponendosi alla costruzione dello stabilimento commerciale nel territorio del Comune di La Loggia. (Provvedimento della Giunta Provinciale n. 739/25400/2011).
Ricordiamo che già un anno fa, e precisamente il 25/07/2010, il Presidente Saitta aveva, in modo più che esplicito e ripetutamente, comunicato la scelta della Provincia di operare per un radicale contenimento del consumo di suolo agricolo.
Ricordo che, proprio su IKEA, già nell’autunno del 2010, le polemiche non erano mancate e sulla posizione della Provincia c’era stato un ampio dibattito pubblico, Commissioni Consiliari ed interpellanze in Consiglio Provinciale. Il Presidente aveva ribadito la scelta di tutela delle aree agricole e suggerito la ricerca di altre soluzioni localizzative in aree già compromesse o destinate ad insediamenti. Tra l’altro una posizione bipartisan di maggior rigore per la limitazione degli insediamenti commerciali e per il contenimento del consumo di suolo mi risulta essere politicamente ampiamente condivisa.
IKEA quindi conosceva fin dall’inizio le norme e la posizione della Provincia, ma probabilmente, considerava possibile il “superamento” di tali norme.
3. Il Presidente Saitta ha dichiarato: "Le percentuali di consumo di suolo nel torinese non ci consentono di procedere ad ulteriori compromissioni di aree libere". E' possibile fare una stima quantitativa delle aree dismesse che potrebbero essere riqualificate a livello industriale nel torinese?
In tutta la provincia, ma in particolare in questo settore dell’ area metropolitana, si è consumata una grande quantità di suolo libero; Nichelino, Moncalieri, Rivalta e Orbassano in valore assoluto, ma in percentuale i comuni che hanno consumato più suolo al 2006 sono stati Beinasco (51%), Nichelino (32%), Moncalieri (30%).
(Vedi Tabella 1 in allegato, NdR).
Dall’esame della “mosaicatura” dei piani regolatori nell’ambito in questione, emerge che il territorio ancora destinato ad attività agricole è circa il 60%, mentre il restante 40% è destinato ad attività di trasformazione: si tratta di un dato molto rilevante, poiché occorre anche considerare i territori che ricadono in aree a rischio esondazione (del Po, del Sangone)o classificate come C3 all'interno del Piano per l'Assetto Idrogeologico, e cioè caratterizzate da una criticità elevata.
Bisogna inoltre considerare che una grande quantità di suolo è già stata utilizzata o è stata “prenotata” dalla grande distribuzione commerciale. (Vedi Tabella 2 in allegato).
Ad oggi risultano già autorizzati quasi 180.000 mq di superficie complessiva di vendita. Di questi, quasi la metà (81.000 mq) è ancora da realizzare; in particolare Mondo Juve sul territorio di Nichelino-Vinovo per 50.000 mq di superficie. Oltretutto queste autorizzazioni risultano senza scadenza: per quale motivo in un piano regolatore le aree destinate a servizi pubblici, se non attuate entro un quinquennio, decadono (per effetto di numerose sentenze), invece le aree ad altra destinazione possono rimanere tali sine die?
Le aree sulle quali sono state rilasciate autorizzazioni commerciali non ancora attuate costituiscono quella che potremmo definire una duratura “rendita di posizione”: le autorizzazioni commerciali di Mondo Juve, per fare un esempio, risalgono addirittura al 2003 ma nulla è stato ancora stato attuato. I dati evidenziano quindi che esiste un enorme stock di Aree industriali non utilizzate, e un altrettanto enorme stock di prenotazioni urbanistiche e commerciali ancora da realizzare. Evidentemente però, queste aree non risultano appetite dagli operatori... Secondo Ikea (e gli eventuali nuovi proponenti, come l'Outlet di Nichelino) queste enormi aree già prenotate e ancora vuote non sono utilizzabili e gli operatori propongono di costituirne altre su aree agricole da loro opzionate.
4. Il problema della riqualificazione (anche industriale) delle aree dismesse è comune a tutte le grandi città italiane. Al di là dei tentativi di speculazione economica sui terreni, perché a Suo parere molte aziende "storcono il naso" davanti ai cosiddetti brownfields, preferendo terreni ancora inutilizzati?
La rendita immobiliare legata alla trasformazione urbanistica del regime dei suoli produce per uno stesso terreno non ancora utilizzato valori immobiliari assolutamente differenti. Se un terreno vale nella destinazione agricola 20 euro al mq, lo stesso a destinazione differente (commerciale, industriale e residenziale), vale fino a 10 volte di più.
Tale valore è regolato dalle leggi di mercato e quindi dalla domanda e dall’offerta. Le aree agricole costano quindi molto meno di aree già compromesse (industriali dismesse) e/o prenotate, che sono già state “valorizzate” dalla rendita prodotta da destinazioni d’uso di piani regolatori o da autorizzazioni commerciali, e da tempo assoggettate al versamento dell’I.C.I.
Seguendo questa logica implementativa le aree agricole sono sempre più soggette a forti pressioni e sempre più destinate a sparire soppiantate da altre destinazioni d’uso speculative più remunerative.
Siamo in presenza di un paradosso: se è possibile a una frazione del valore di mercato acquisire e trasformare aree agricole “ ancora abbondanti” e a basso valore, non ci sarà nessuno che andrà ad utilizzare aree compromesse o già destinate ed autorizzate.
Nel caso delle aree industriali dismesse, va inoltre aggiunto il costo degli interventi di bonifica, preliminari a qualsiasi cambio di destinazione d’uso.
Fino a che il suolo libero (e agricolo) non assumerà un adeguato valore (economico, sociale, culturale) e una normativa coerente sarà in grado di tutelerlo, gli interventi di sostituzione edilizia e/o ristrutturazione urbanistica saranno episodi possibili solo in aree di grandi centralità, e quindi di grande valore immobiliare (per esempio dove sono finite le aree libere disponibili).
E’ per questo, per contenere il consumo di suolo, che il Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Torino, dall’11 di agosto 2011 pienamente operativo, assume come scelta fondamentale l’inedificabilità delle aree “libere” indirizzando gli strumenti urbanistici alla riqualificazione, al riuso e alla ristrutturazione urbanistica delle aree già compromesse (“dense e di transizione”).
Per concludere, Con il Piano Territoriale di Coordinamento il Consiglio Provinciale non ha scherzato.
Quanto contenuto nel PTCP sul contenimento del consumo di suolo costituisce un chiaro, recente ed autorevole indirizzo per il comportamento della Provincia e dei Comuni orientato ad un effettivo contenimento del consumo del suolo.
La coerenza ed il rigore sono valori realmente praticati dalla Provincia di Torino; da Ikea coerenza e rigore risultano invece, almeno nel nostro caso, solo predicati. Vorrei richiamare in merito quanto contenuto nel sito web di Ikea Italia, nel report ambientale “Verso la sostenibilità” del 2009, e precisamente a pagina 28:
Tratto dal report Verso la sostenibilità ambientale del 2009 - Ikea:
Uso sostenibile delle risorse
Per ovviare alla limitatezza delle risorse naturali, un’impresa responsabile deve essere in grado di svolgere la sua attività trovando soluzioni che riducano l’utilizzo delle risorse non rinnovabili impiegate (materie prime, fonti energetiche, acqua, territorio) e privilegiare l’uso di materiali e fonti rinnovabili.
Da sempre l’esigenza di economizzare le risorse ben si coniuga con la cultura di IKEA: uno spreco è considerato, oltre che un costo, un’evidente prova di come non si sia “aguzzato l’ingegno”, ovvero non si sia trovata la soluzione migliore per fare una cosa.
Pertanto gli impegni di IKEA relativi a quest’area sono volti a:
- ridurre la quantità dei materiali necessari per realizzare i prodotti;
- impiegare il più possibile materiali rinnovabili (riciclati post consumo o di origine naturale e sostenibile);
- ridurre gli sprechi nei negozi, negli uffici e in tutti gli ambienti;
- ottimizzare la gestione del ciclo dei rifiuti, anch’essi una risorsa.