Il premier libanese su Twitter: “Facciamo il bike sharing?”
“Il bike sharing di Parigi mi sembra interessante. Beirut potrebbe diventare più ecologica, amica dei pedoni, e ridurre il traffico. Che ne dite?” è il messaggio lanciato via Twitter dal primo ministro libanese Najib Mikati. E Beirut come risponde?
02 November, 2011
Il primo ministro libanese Najib Mikati ha lanciato un messaggio su Twitter: “Il bike sharing di Parigi mi sembra interessante. Beirut potrebbe diventare più ecologica, amica dei pedoni, e ridurre il traffico. Che ne dite?”.
Sarebbe il secondo bike sharing del Medio Oriente, dopo Tel Aviv, in Israele. Ora bisogna capire se il tweet di Mikati resterà solo una cinguettata in rete, o se si tradurrà in un investimento concreto. “Ammetto che pensare al bike sharing possa sembrare triviale in confronto ai problemi del Libano – ha spiegato il premier al quotidiano The Daily Star – ma perché non pensare seriamente ad una possibilità che potrebbe portare miglioramenti concreti su più fronti, dalla riduzione di traffico e inquinamento alla facilitazione degli spostamenti per i turisti”.
Le piste ciclabili
Hai voluto la bicicletta, ora pedala. Sì, ma dove? Se Beirut deciderà di dotarsi di un sistema di bike sharing dovrà prima di tutto ampliare la rete delle piste ciclabili: ad oggi ne esite una sola. Una pista di piccole dimensioni, 5 km, che corre lungo il New Waterfront, una delle mete più apprezzate dalle famiglie di turisti, proprio perché la passeggiata chiusa alle auto permette loro di lasciar scorazzare i bambini senza rischi. Peccato che la strada sia chiusa alle auto solo di domenica.
Eppure i ciclisti non mancano, e neppure la “massa critica” che chiede alle autorità di fare di più per supportare i cittadini che scelgono di lasciare a casa l’auto; nel giugno del 2010 nacque infatti Darreja, un movimento lanciato dall’ambasciata olandese a Beirut a cui aderirono centinaia di cittadini, che organizzarono una pedalata di protesta per mostrare agli irriducibili dell’auto un modo diverso di vivere la città. Viviamo in una “my car is bigger than yours society” scrivono gli ecologisti di Critical Mass, ma qualcosa si sta movendo. “E’ sorprendente quanto sia facile noleggiare una bicicletta in questa città” scrive una blogger nel suo diario di viaggio, This is Beirut “E anche se il Waterfront district è ancora abbastanza sottosviluppato, la pista ciclabile è bellissima, con una corsia per pedoni e una per le due ruote. Ci sono perfino delle guardie incaricate di controllare che ciascuno stia utilizzando la pista giusta. Si vede che la città sta facendo sforzi nella giusta direzione”
Bike sharing a Beirut: un progetto realizzabile?
Le difficoltà di realizzazione per il progetto di bike sharing sono ben chiare nella testa del primo ministro, che infatti chiarisce: “Credo che sarebbe opportuno cominciare con un progetto pilota in un solo quartiere, Downtown Beirut, dove le infrastrutture esistenti già lo permettono”. A sorpresa, le critiche all’idea di Mikati sono arrivate proprio dal fronte ambientalista: Wael Hmaidan, direttore di uno dei più importanti gruppi di attivisti del Paese, IndyACT, avverte: “Ragionare su forme di trasporto alternative all’auto è un passo importante. Il Libano deve assolutamente ridurre la propria dipendenza dalle auto, ma bisogna fare attenzione a non buttarsi a capofitto in un’azione scoordinata, che rischia di restare un’una tantum. Se il progetto fallisce la gente perderà ancora più fiducia nella capacità del governo di risolvere il problema. Abbiamo bisogno di una strategia su scala nazionale che regoli la mobilità, che comprenda il trasporto pubblico, i pedoni, le biciclette, la manutenzione delle strade e tutto il resto”.
Dubbi simili sono condivisi anche da Tammam Nakkash, un esperto di mobilità della società di consulenze Team International, con base a Beirut, che aggiunge: “Per molti libanesi l’auto è uno status symbol: difficile pensare che di colpo siano pronti ad abbandonarla a favore di due ruote senza motore”.
Difficile, ma non impossibile. E poi le rivoluzioni da qualche parte devono partire. Oltretutto gli ingorghi automobilistici di Beirut hanno raggiunto livelli insostenibili, e questa potrebbe essere una buona molla per il cambiamento, anche secondo Hmaiden. “Il traffico in Libano è un disastro per la nostra economia, per la società, per la salute e per l’ambiente. Dobbiamo fare qualcosa, e farlo in fretta”. Cominciamo da un bike sharing?