Piano rifiuti, il punto di vista di Legambiente
«Stralciare lo scenario di controllo, fissare i tempi per la riduzione, il riuso, la differenziata e definire gli investimenti». Il comunicato stampa di Legambiente Lazio
13 December, 2011
«Il piano rifiuti è una cosa maledettamente seria, per evitare di ritrovarci i rifiuti per strada e per superare il ridicolo 15% di differenziata del Lazio, servono obiettivi ambiziosi, ma soprattutto scelte concrete che definiscano modalità, tempi e soldi per raggiungerli. Di tutto ciò nel piano che il Consiglio regionale sta discutendo c'è poco o nulla - afferma Lorenzo Parlati, presidente di Legambiente Lazio -. E' molto grave che nel testo si prevedano due differenti scenari, uno 'scenario di piano' che risponde alle norme di legge e poi a 'scopo descrittivo', come è testualmente scritto, un assurdo 'scenario di controllo', sulla base del quale valuta poi il fabbisogno impiantistico, riducendo la differenziata e raddoppiando i quantitativi residui per gli impianti di trattamento meccanico biologico e quindi per gli inceneritori. Chiediamo al Consiglio Regionale di stralciare dal testo questo pasticcio, di definire nel dettaglio il piano di investimenti per la raccolta differenziata, per scongiurare la nascita di nuove discariche e inceneritori, che aggraverebbero i problemi».
E' surreale, nel testo del piano è, infatti, scritto che «a scopo puramente descrittivo si valuta il fabbisogno impiantistico dedicato al trattamento dei rifiuti urbani nel caso in cui: - non si realizzino le politiche di riduzione e si abbia una crescita “inerziale” della produzione dei rifiuti; - non si raggiungano gli obiettivi di raccolta differenziata previsti dal Piano in linea con la normativa vigente, ma si abbia una crescita pari alla media dell’incremento annuo del triennio 2006 -2008; la capacità operativa degli impianti di termovalorizzazione non risulti pari a quella autorizzata».
Anche la definizione di un enorme incremento della produzione rifiuti, basata su indicatori socio-economici (PIL e spese per famiglie residenti), è davvero irragionevole: dalle 3.332.572 tonnellate di RSU (rifiuti solidi urbani) registrate nel 2009 nel Rapporto rifiuti ISPRA, si passerebbe a ben 3.675.893 tonnellate di rifiuti nel 2017, con una crescita costante. Poi su questi numeri si applicherebbero le azioni di prevenzione, pur affermando che gli 'interventi proposti tuttavia sono difficilmente quantificabili perché spesso legati alla sola responsabilità dei cittadini, in quanto consumatori, e troppo poco a quella dei distributori e dei produttori. In questo caso, con lo scopo di coinvolgere tutti gli attori del sistema, diventa fondamentale il ruolo degli enti locali, e la redazione di un Piano d’azione specifico lo strumento attuativo indispensabile. Eppure, negli ultimi anni la produzione è diminuita senza particolari azioni di prevenzione da 3.343.551 tonnellate del 2008 a 3.332.572 tonnellate del 2009 e, se si valuta la produzione pro-capite, la diminuzione è stata costante in tutto l'ultimo quinquennio.
L'invenzione dello 'scenario di controllo' fa aumentare i numeri del fabbisogno di trattamento meccanico biologico e dell'incenerimento. Con i numeri dello 'scenario di piano', infatti, il CDR recuperato sarebbe al 2017, seppure con tutti i numeri sovrastimati già detti, di 415.456 tonnellate, con una capacità impiantistica già autorizzata di 866.650 tonnellate, ma nello 'scenario di controllo' il CDR raddoppierebbe quasi, arrivando a 793.423 tonnellate, e visto che anche la capacità di incenerimento diminuirebbe a 707.900 tonnellate (non considerando le altre due linee autorizzate), si avrebbe addirittura un deficit di capacità di incenerimento di 85.523 tonnellate. E quindi, «permanendo le ipotesi dello scenario di controllo (…), potranno essere autorizzate ulteriori capacità di trattamento per il rifiuto indifferenziato e di termovalorizzazione. In particolare: - 425.000 t/a di ulteriore capacità di trattamento per il rifiuto indifferenziato localizzate nei sub ATO di Roma (400.000 t/a) e Rieti (25.000 t/a); - 320.000 t/a di ulteriore capacità di termovalorizzazione da localizzarsi nell’ATO regionale.»
«Siamo alle solite, il piano rifiuti di fatto serve a giustificare l'autorizzazione di ulteriori capacità di trattamento e di incenerimento, piuttosto che a imboccare davvero e con decisione la strada della riduzione, del riuso, della differenziata – afferma Cristiana Avenali, direttrice di Legambiente Lazio -. E' evidente come sovrastimare il fabbisogno di impianti di trattamento porti ad un automatico incremento dei materiali da mandare in discarica. Secondo il piano, infatti, a seguito del trattamento si producono CDR 35%, FOS 21%, Metalli 2%, Scarti 15%, Perdite di processo 27%. Di tutto ciò che entra in quegli impianti, quindi, ben il 63% andrà a finire in discarica (21%+15%+27%). È poi sconcertante l'inserimento nel piano di una specifica tecnologia di trattamento dei rifiuti indifferenziati in acqua, brevettata e quindi sotto una sorta di monopolio, peraltro con l'idea di una differenziazione a valle dei rifiuti, in contrasto con le normative vigenti che spingono per la differenziata a monte e domiciliare».