Rifiuti campani, la Corte di Strasburgo condanna l'Italia: ci fu violazione del diritto alla vita
La Corte europea dei diritti dell'uomo ha giudicato il governo italiano responsabile di violazione di alcuni diritti fondamentali sanciti dalla Convenzione di Strasburgo. La sentenza arriva a 4 anni dal ricorso presentato da un gruppo di residenti nell'area vesuviana: respinte le accuse di danni alla salute e morali
10 January, 2012
La Corte dei diritti dell'uomo di Strasburgo ha accolto il ricorso presentato nel gennaio del 2008 contro lo Stato italiano da 18 cittadini del vesuviano, riconoscendo che l'emergenza rifiuti ha causato loro una lesione del “diritto alla vita” e alla “vita privata e familiare”, in base rispettivamente agli articoli 2 e 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo.
L'Italia è stata dunque riconosciuta colpevole di violazione di alcuni diritti fondamentali dei cittadini per la sua incapacità di gestire la crisi dell'immondizia campana, mentre sono stati respinti tutti gli altri punti del ricorso: il danno alla salute, l'assenza di informazione alla cittadinanza e il danno morale. Secondo la Corte, infatti, nessun ricorrente ha manifestato problemi sanitari causati dalla continua esposizione ai rifiuti, e inoltre le perizie tecniche di parte sono giunte a conclusioni discordanti, incapaci di dimostrare con certezza il collegamento tra la presenza dei sacchetti in strada e l'aumento del rischio di cancro e altre patologie. Respinta anche l'accusa allo Stato di non aver informato adeguatamente i cittadini dei pericoli legati alla presenza prolungata dei cumuli di spazzatura sulle strade, così come il risarcimento di 15mila euro a testa per i presunti danni morali.
L'unica violazione ammessa da Strasburgo, dunque, è la negazione del diritto alla vita e alla vita privata e familiare, sanciti dai due articoli della Convenzione. In particolare, si legge nella sentenza, l'Italia è stata giudicata colpevole per «l'incapacità prolungata delle autorità nazionali ad assicurare il funzionamento regolare del servizio di raccolta, trattamento e eliminazione dei rifiuti, incapacità che ha danneggiato il diritto dei cittadini al rispetto della loro vita privata e del loro domicilio».
Nessun indennizzo, dunque, per i ricorrenti, ma solo la constatazione della violazione di loro diritti fondamentali. Lo Stato, tuttavia, è stato condannato a pagare le spese legali, calcolate in 2.500 euro. La sentenza (vedi allegato, fonte: Il Sole 24 Ore) arriva a 4 anni esatti dalla presentazione del ricorso, e potrebbe essere rivista dalla Grande Chambre della Corte di Strasburgo, se i 18 cittadini vesuviani ricorressero in appello.