Riscaldarsi senza termosifoni: le alternative più sostenibili
Come tenersi caldi senza inquinare troppo quando non è possibile utilizzare i termosifoni? Meglio evitare le stufe elettriche a resistenza, preferendo quelle a infrarossi. Ancora più ecologici i modelli a biomassa
14 February, 2012
I termosifoni alimentati da caldaie a gas sono probabilmente il mezzo più diffuso per difendersi dal freddo, soprattutto nelle abitazioni. In qualche caso, però, è necessario ricorrere a un sistema diverso per difendersi dai rigori invernali, perché ad esempio non si ha la possibilità di installare un impianto a metano o perché la caldaia si è rotta e i tempi per la riparazione non sono brevi. Cosa fare in queste circostanze? L'alternativa forse più diffusa è rappresentata dalle stufe elettriche, che hanno l'indubbio vantaggio di essere trasportabili da una stanza all'altra. Il problema, però, è che questi dispositivi non spiccano per efficienza energetica, e quindi dovrebbero essere utilizzati solo in mancanza di alternative più efficienti (pompe di calore, fonti rinnovabili, impianti a gas, etc).
In generale, infatti, utilizzare energia elettrica per produrre calore è un processo già di per sé poco efficiente, dal momento che richiede un passaggio intermedio, con dissipazione di energia, all'interno delle centrali termoelettriche. Nella maggior parte delle centrali, infatti, l'elettricità viene prodotta bruciando combustibili fossili per azionare delle turbine. Questo processo determina una perdita di energia sotto forma di calore, ed è per questo che riutilizzare la corrente ottenuta per produrre di nuovo energia termica non ha molto senso. Dal punto di vista termodinamico, potremmo dire che l'elettricità è una forma più “pregiata” di energia rispetto a quella termica, e quindi che non è molto efficiente utilizzare la corrente per generare calore.
Al di là degli aspetti teorici, comunque, sta di fatto che le stufe elettriche “succhiano” in genere molta energia. Il consumo, espresso in Watt, è di solito indicato sulla confezione esterna e sullo stesso dispositivo, e varia da modello a modello. A parità di “wattaggio”, inoltre, non tutte le tecnologie garantiscono la stessa resa in termini di calore, per cui non tutti i tipi di stufa sono indicati per uno stesso scopo. Le classiche stufe a resistenza e i termoventilatori, ad esempio, funzionano grazie a una ventola che diffonde nell’aria il calore generato dal riscaldamento interno alla stufa, ottenuto appunto grazie a una resistenza che diviene incandescente. Questi modelli hanno il vantaggio di riscaldarsi in fretta, ma richiedono in genere consumi elevati (fino a 2.000 Watt) e, soprattutto, tendono a riscaldare molto solo le zone più vicine alla fonte di calore. L'uso di questi dispositivi, pertanto, dovrebbe essere limitato a piccoli ambienti che si usano per poco tempo, come i bagni, dove è utile ottenere un riscaldamento rapido, ma la stufa può essere spenta dopo pochi minuti.
La situazione non cambia molto con le cosiddette stufe alogene, contenenti appunto due o più lampade alogene che, una volta accese, si riscaldano e rilasciano calore. Nella maggioranza dei casi, le lampade utilizzate in questi dispositivi sono a risparmio energetico e il consumo varia a seconda del numero di candele alogene presenti. I modelli più diffusi vanno dai 1200 ai 1800 Watt e, per quanto queste stufe siano di solito orientabili, la sensazione di tepore in genere si avverte solo nelle immediate vicinanze. Nonostante il costo di partenza sia particolarmente basso, dunque, conviene ricorrere a questi dispositivi solo in caso di stanze piccole e poco usate.
Per intiepidire ambienti più grandi e che vengono frequentati più a lungo, invece, sarebbe meglio preferire modelli meno energivori e con diversi sistemi di trasmissione del calore. Una possibile soluzione è rappresentata dalle stufe a infrarossi, in cui il calore non riscalda l’aria circostante, ma, essendo emesso sotto forma di raggi infrarossi, “colpisce” direttamente l'oggetto che si trova vicino alla stufa, mentre l'aria rimane fredda. Il funzionamento, in qualche modo, ricorda quello dei raggi del sole e garantisce un certo risparmio energetico.
Un'altra opzione è quella di utilizzare stufe portatili a combustibile, come GPL, kerosene o petrolio puro. In questo caso, si evita il passaggio intermedio attraverso la corrente elettrica, ma oltre ai cattivi odori e alle emissioni inquinanti si pongono anche problemi di sicurezza. Qualsiasi stufetta a fiamma libera, infatti, se non aerata in maniera corretta può sprigionare monossido di carbonio, un gas letale e particolarmente subdolo, perché inodore e incolore.
Decisamente più ecologica, anche se più costosa, la soluzione offerta dalle stufe a legna o a pellet, un materiale ricavato dagli scarti industriali del legno. Trattandosi di combustibili naturali e rinnovabili, queste soluzioni sono particolarmente consigliate, ma anche in questo caso è fondamentale fare attenzione alla giusta circolazione dell'aria e allo scarico dei fumi. Per le stufe a biomassa, inoltre, è consigliabile accendere la stufa al mattino e spegnerla di sera, perché le fasi di accensione e spegnimento sono quelle che inquinano di più. In presenza di un termostato, inoltre, è possibile impostare temperature differenti per le diverse ore del giorno o mantenere al minimo. In commercio si trovano anche dei modelli portatili, ma in questo caso occorre assicurarsi che sia garantita la massima sicurezza in materia di scarico dei fumi.