Emo Chiellini (BIOLab): “Una buccia di banana non è compostabile?”
Pubblichiamo la replica di Emo Chiellini, Direttore del BIOlab di Pisa e referente scientifico di Assoecoplast allo studio di Assobioplastiche sulla biodegradazione degli shopper: “Lo studio ha concluso che la plastica oxo-biodegradabile non supera la norma UNI EN 13432. Ma nessuno ha mai affermato il contrario. Semmai, bisognerebbe riflettere sul fatto che non la superera nemmeno una buccia di banana”
24 February, 2012
(Per ragioni di spazio, il commento è stato accorciato. Pubblichiamo la versione integrale scaricabile in allegato).
La norma UNI EN 13432:2002 non ha a che fare con la biodegradabilità, ma con la compostabilità. Nessuno mette in dubbio che la compostabilità dei sacchi che servono alla raccolta della frazione umida dei rifiuti sia necessaria, e del resto è già stata sancita dal legislatore (DLgs 3/4/2006, n. 152, art. 182-ter). Ma che la compostabilità venga imposta per tutti i sacchi per asporto delle merci non è certo una necessità ambientale, anzi potrebbe avere conseguenze negative.
Venendo allo studio commissionato da Assoecoplastiche, l'errore metodologico grave da cui è completamente invalidato sta proprio nel fatto che la norma UNI EN 13432: 2002 non è adatta a valutare le caratteristiche di biodegradazione dei materiali e manufatti oxo-biodegradabili (EPI, d2w) e la ragione è molto semplice: la plastica oxo-biodegradabile utilizzata per i sacchetti ha un "periodo di latenza" di 18-24 mesi, durante il quale non si biodegrada e può essere utilizzata e riutilizzata normalmente più e più volte, mantenendo le sue caratteristiche di leggerezza, resistenza, riciclabilità ed economicità. La biodegradazione inizia solo dopo questo periodo. (Infatti le norme che vanno utilizzate per valutare i manufatti oxo-biodegradabili - BS 8472:2011, ASTM D 6954-04, UAE 5009:2011 - premettono alla prova di biodegradazione un invecchiamento accelerato, per simulare appunto il "periodo di latenza", prevedibile in un determinato profilo medio tempo/temperatura.
Nello studio di Assobioplastiche la biodegradazione della plastica oxo-biodegradabile è stata valutata, dunque, senza pretrattamento e per un periodo di 180 giorni, conseguentemente non si è evidenziata una significativa biodegradazione Lo studio ha pertanto concluso che la plastica oxo-biodegradabile non supera la norma UNI EN 13432:2002. Ma questa non è una affatto scoperta! Lo sapevamo già: nessuno ha mai affermato il contrario, men che meno i produttori ed i distributori di additivi oxo-biodegradabili certificati! Non deve certo essere il compostaggio la destinazione finale della plastica oxo-biodegradabile. Lo sappiamo e lo abbiamo sempre detto, come mostrano le stesse foto dei campioni pubblicate da Assobioplastiche, che riportano la dicitura “Non utilizzarli come contenitori della frazione umida nella raccolta differenziata dei rifiuti”.
Anticipo a questo punto un'obiezione: i sacchetti oxo-bio nel compostaggio per sbaglio ci finiscono lo stesso! Questo è possibile, come è possibile che nella raccolta dell'umido per sbaglio ci finisca il sacco nero dell'immondizia o altra plastica. Premesso che negli ultimi mesi anche molta cosiddetta "bioplastica" compostabile è finita per errore nel riciclo della plastica convenzionale, e quindi ci troviamo in una situazione quantomeno simmetrica, desidero fare a questo proposito due considerazioni.
Nel 2011 il volume di sacchetti in plastica compostabile in circolazione è almeno triplicato mentre quello della plastica normale o additivata si è almeno dimezzato: perciò pensare che la percentuale di plastica normale o additivata che finisce nel compostaggio sia diventata proprio adesso un problema mi sembra semplicemente in contrasto con la matematica elementare. Ma supponiamo che davvero il compostaggio nel 2011 si sia riempito di sacchi oxo-biodegradabili. Viene da chiedersi allora dove siano andati a finire tutti i sacchi in cosiddetta" bioplastica" che fino al 2010 in circolazione non c'erano e che adesso abbondano. Non è che per caso sono così fragili e si rompono così velocemente che non si riesce a utilizzarli neppure per la raccolta dell'umido ed i poveri cittadini sono costretti ad usare i più resistenti sacchi oxo-biodegradabili, se non vogliono che i gusci d'uovo o le lisce di pesce si spargano per la cucina?
E ora una considerazione po' più tecnica: la norma UNI EN 13432: 2002 richiede per il suo superamento una rapidissima conversione della cosiddetta "bioplastica" in anidride carbonica, ma questo non è il processo che subisce un rifiuto organico naturale, come una buccia di banana o una foglia di quercia, ed infatti, anche se può sembrare paradossale (e secondo me lo è davvero), una buccia di banana, che è ovviamente un oggetto compostabile, non supera la norma uni en 13432:2002! Peraltro, questo semplice fatto dovrebbe da solo fa venire qualche dubbio sulla reale opportunità di rendere obbligatoria una norma del genere. Studi fatti da noi, presso il BIOlab all'Università di Pisa, hanno dimostrato che la plastica oxo-biodegradabile si biodegrada con un meccanismo del tutto simile ai rifiuti naturali, e per dirla molto semplicemente, se la plastica oxo-bio finisce nel compostaggio, basta avere un po' di pazienza, la stessa che si presta per la buccia di banana, e non si avranno problemi né di tossicità né di qualità del compost.
In conclusione mi sento di affermare che lo studio commissionato da Assobioplastiche è quantomeno fuorviante, perché dà dei prodotti oxo-biodegradabili un'immagine negativa che non è giustificata. In un momento delicato come questo certamente si poteva rendere un servizio più equanime e scientificamente obiettivo ai cittadini ed al legislatore, che è chiamato proprio in queste ore a decidere sulla delicata vicenda sacchi biodegradabili.
Leggi anche:
Assobioplastiche pubblica uno studio sulla biodegradazione: "Sacchetti bio non compostabili incompatibili con il riciclaggio dell'organico"
5 commenti
Scrivi un commentoSacchetto
28.02.2012 09:02
Giova,
la plastica additivata è biodegradabile ma non compostabile, questo vuol dire che non è adatta agli impianti di compostaggio ma a fine vita va smaltita nella raccolta differenziata della plastica.
La colpa, come dice "produttore" non è tua, ma dell'informazione sbagliata che è stata fatta e continua ad essere fatta da alcuni giornali e televisioni.
Di Eco Dalle Città, però non possiamo dire proprio nulla, infatti ha trattato e sta trattando l'argomento in modo equilibrato e senza pregiudizi, dando l'opportunità di parola a tutti gli attori coinvolti e cercando di andare a fondo, senza essere superficiali.
Giova
28.02.2012 09:02
per la verità, mi sono soltanto letto l'articolo con interesse. Se la plastica additivata non è formulata per il compostaggio, allora presumo che abbia una sua propria filiera, però nell'articolo non se ne fa cenno. Credo sia meglio chiarire questo aspetto.
produttore
27.02.2012 12:02
Ecco,
Giova è lì'esempio dell'informazione che è stata fatta sulla plastica biodegradabile/compostabile/oxodegradabile...
Un'informazione sbagliata a discapito della plastica "salvando" solo la bioplastica e una in particolare...
Non parlo di questo sito o di pochi altri, che hanno cercato per quanto possibile di descrivere in toto la vicenda, ma parlo dei medi nazionali e altri programmi che hanno fatto solo disinformazione!
Complimenti... e chiudiamo sempre: Evviva l'ambiente!!!
Giova
27.02.2012 10:02
se la plastica oxo-degradabile non può andare nel compostaggio, allora dove deve andare a fine vita? Nel riciclo della plastica? Ad incenerimento? Ma se è così, allora a cosa serve?
Sacchetto
25.02.2012 10:02
Finalmente.
Chiaro e semplice da capire. speriamo che i nostri legislatori si rendano conto.