Progetto Gaia, 3.000 alberi per purificare l'aria di Bologna
La piantumazione degli alberi partirà a fine marzo e andrà avanti per un anno. Alla base del progetto, una partnership tra Comune, Cnr e aziende
14 March, 2012
L’idea, di per sé, è fin troppo semplice: piantare alberi per abbattere la Co2 e gli altri inquinanti. Lo strumento scelto, però, è innovativo: una collaborazione tra Comune, Cnr e imprese, interessate a neutralizzare la propria impronta di carbonio attraverso la piantumazione di alberi. È questo, in concreto, il progetto Gaia (Green Areas Inner-City Agreement), lanciato a ottobre 2010 dal Comune di Bologna e finanziato per il 50% dal programma Life+ dell’Unione europea (il costo totale è di 1,2 milioni di euro). Di gaia si è parlato questa mattina nel convegno organizzato da Cittalia, la fondazione di ricerca dell'Anci, dal titolo "Il progetto Gaia e gli alberi contro la CO2: un modello di partnership pubblico-privato per le città italiane".
Nella prima fase del progetto, il Comune, in collaborazione con Unindustria Bologna e l’associazione Impronta Etica, si è impegnato per allargare la collaborazione al maggior numero possibile di aziende, tra le quali oggi spiccano gruppi come Hera, Enel, La Perla e Unipol. Da fine marzo partirà invece la piantumazione vera e propria degli alberi, che da qui ad aprile 2013, quando si concluderà il progetto, saranno circa 3.000, per un abbattimento di Co2 pari a 2.400 tonnellate. Le piante, oltre all’anidride carbonica, assorbono anche gli altri inquinanti, svolgendo un’azione di purificazione dell’aria. Inoltre, in estate, evitano il formarsi di “isole di calore”, fenomeno per cui all’interno delle aree urbane si crea un microclima più caldo rispetto alle zone periferiche e rurali.
Si partirà dal parco di villa Angeletti, dove saranno piantati 81 alberi di specie autoctone (acero, carpino, frassino, prugno, melo) per un importo di circa 47.000 euro (la cifra comprende anche le cure delle piante per tre anni). L’Istituto di Biometerologia del Cnr ha svolto precise ricerche sulle piante, in modo da capire quali fossero le più adatte per l’assorbimento dell’anidride carbonica. «Le piante come il sambuco o il melo hanno una crescita più lenta, e dunque immagazzinano Co2 più lentamente rispetto, per esempio, a frassini, ontani e olmi», racconta Rita Baraldi, responsabile della sede Ibimet di Bologna.
Ma come si è organizzata la partnership pubblico-privato per lo sviluppo di Gaia? «Le aziende – spiega Roberto Diolaiti, direttore del settore Ambiente ed energia del Comune di Bologna – sottoscrivono un protocollo con noi, comunicando la quantità di alberi che intendono piantare entro tre mesi dalla firma dell’accordo. Il Comune coordina gli interventi, individua le aree e cura per tre anni le piante in modo da farle attecchire bene». Nel progetto, sottolinea Marjorie Breyton, coordinatrice di Impronta Etica, «sono stati coinvolti anche i presidente dei nove quartieri di Bologna», membri di un Comitato etico che ha il compito di garantire la trasparenza delle attività. «Gaia vuole essere un esempio nuovo di partnership pubblico-privato che, se funziona, può essere replicato a livello italiano ed europeo per aumentare il verde nelle città», continua Diolaiti. La logica, chiarisce Patrizia Gabellini, assessore all’Ambiente e urbanistica del Comune di Bologna, «è creare una rete di scambio per apprendere e diffondere buone pratiche».