Isfort risponde: in calo sono gli spostamenti a piedi non in bici
Gli spostamenti a piedi sotto i 5 minuti sono aumentati ma non rientrano nelle statistiche. "Non è l'invecchiamento della popolazone ma la dispersione delle abitazioni la causa strutturale del calo". La risposta di Carlo Carminucci, direttore dell'Istituto Superiore di Formazione e Ricerca per i Trasporti, alla lettera aperta del direttore di Eco dalle Città, Paolo Hutter
14 March, 2012
Caro Hutter, direttore di Eco delle Città,
ti ringrazio innanzitutto dell’attenzione che come al solito riservi agli studi e alle iniziative di Isfort.
Premetto che non ho colto fino in fondo, ma credo sia un mio limite, il senso dello “sbalordimento” per i dati dell’Osservatorio “Audimob” circa il calo della componente non motorizzata della mobilità. Il trend strutturale di declino della quota modale riferita agli spostamenti a piedi o in bicicletta è stato sempre richiamato e commentato nei nostri lavori (ad esempio nel Rapporto sulla mobilità degli italiani pubblicato per il decennale di “Audimob” o negli ultimi due Rapporti sulla mobilità urbana). La maggiore sottolineatura che si trova nell’analisi riferita 2011 è da attribuire semplicemente all’accelerazione (negativa) registrata lo scorso anno: una diminuzione degli spostamenti ciclopedonali pari al -22% (contro il -14% registrato nel complesso della domanda) e una quota modale scesa di due punti percentuali, che è moltissimo nell’arco temporale di un solo anno. Sono variazioni molto rilevanti, non semplici – in questa misura - da interpretare.
Ma il dato preoccupante, tuttavia, come giustamente sottolinei, è il trend negativo che si protrae sostanzialmente da oltre un decennio. Che cosa sta accadendo?
Credo sia opportuno fornire qualche dato integrativo tratto dal nostro Osservatorio per meglio circoscrivere la portata di una dinamica così negativa.
Un primo dato, che normalmente non pubblichiamo, riguarda il numero di spostamenti a piedi inferiori ai 5 minuti. Qui è necessaria una breve digressione metodologica. Nella nostra definizione, lo “spostamento” è una viaggio effettuato per raggiungere una destinazione, utilizzando qualsiasi mezzo di trasporto comprese le percorrenze a piedi purchè superiori (nella valutazione dell’intervistato) ai 5 minuti. Sul tragitto a piedi inferiore ai 5 minuti non rileviamo informazioni di dettaglio (orario, lunghezza, destinazione, sistematicità ecc.) perché per scelta definitoria quel tragitto non è uno spostamento. Su questa scelta si potrebbe discutere a lungo. Il punto è che misurare gli spostamenti a piedi è molto aleatorio (faccio 50 metri per prendere l’auto in garage, prendo un caffè proprio sotto l’ufficio, faccio 100 metri per andare da una fermata dell’autobus all’altra…sono tutti spostamenti?). Quasi tutte le indagini sulla domanda di mobilità utilizzano comunque una soglia minima per i tragitti a piedi (e di norma è proprio quella dei 5 minuti), proprio per cercare di ridurre la inevitabile disomogeneità dovuta all’inclusione (o meno) tra gli spostamenti di casi come quelli appena citati.
Detto questo, in ogni caso noi chiediamo quanti sono gli spostamenti inferiori ai 5 minuti effettuati nel corso della giornata, pur senza rilevare ulteriori informazioni. Ebbene, il numero di questi spostamenti nel giorno medio feriale è piuttosto rilevante, tra un terzo e un quarto del totale, ed è in crescita tendenziale nei valori assoluti (+3,3% anche nel 2011, a fronte lo ricordo del -22% degli spostamenti in bicicletta o a piedi ma superiori a 5 minuti). Questo significa che il tragitto a piedi tende ad accorciarsi e va ad ingrossare le fila di quella che possiamo definire una “prossimità di sottosoglia”. In parte, quindi, la forte diminuzione della mobilità pedonale registrata negli ultimi anni, e nel 2011 in particolare, potrebbe essere stata compensata da una crescita degli spostamenti a piedi inferiori ai 5 minuti. Il condizionale è d’obbligo, perché pur monitorando la tendenza, riteniamo che il conteggio di questi spostamenti possa risentire dell’aleatorietà e delle possibili distorsioni a cui ho accennato, e per questa ragione preferiamo tenere separati i due sottoinsiemi.
L’altro dato di interesse per questa analisi riguarda le biciclette. Anche il pedale dal 2007 al 2011 perde passeggeri e quote modali, ma con una dinamica molto più graduale. Nel 2011 il peso degli spostamenti in bicicletta è stato, secondo “Audimob”, pari al 3,3% contro il 3,5% del 2010, mentre per gli spostamenti a piedi si è passati dal 17,3% (2010) al 15,4% (2011). Il decremento della componente non motorizzata della mobilità è quindi quasi interamente da attribuire alle percorrenze a piedi (con le precisazioni di cui sopra). Sulla bicicletta, poi, andrebbero fatte analisi più fini. Ad esempio, il numero di ciclisti anche solo occasionali diminuisce meno del numero di spostamenti; quindi è l’intensità d’uso del pedale che si riduce, più che la platea dei ciclisti. E ancora, è ben noto che il dato medio sulla quota modale della bici o sul numero dei ciclisti nasconde realtà molto differenziate tra i contesti urbani (chi vive nelle medie città va in bici tre volte più di chi vive nei grandi e nei piccoli centri) e tra le regioni (Emilia-Romagna, Veneto e Tentino AA hanno quote modali sulla bici superiori anche 10 volte rispetto a quasi tutte le regioni del Sud e delle Isole).
Per sintetizzare, si può dire che, da un lato, il trend negativo della mobilità motorizzata negli ultimi 10 anni è dovuto soprattutto al calo degli spostamenti a piedi – e tuttavia anche la bici non gode di ottima salute da questo punto di vista, se non in specifici contesti urbani e territoriali dove continua a crescere -, e che, dall’altro lato, è molto probabile che una parte della domanda di mobilità a piedi si sia spostata sulla “prossimità di sottosoglia”.
Torniamo ora all’interrogativo iniziale. Perché questa dinamica comunque negativa?
La possibile linea di interpretazione legata all’ invecchiamento della popolazione non è convincente per una ragione molto semplice: gli anziani, contrariamente a quanto si afferma nella lettera aperta, in proporzione vanno di più a piedi rispetto alla media della popolazione e non di meno! Nel 2009, secondo i dati del nostro Osservatorio, il 31,5% degli spostamenti a piedi erano stati effettuati da over 65 (peraltro in significativa crescita dal 27,6% del 2000). Per gli altri mezzi di trasporto, il contributo della fascia di popolazione meno giovane era rispettivamente: il 22,7% di tutti gli spostamenti in bicicletta, il 5,1% di quelli in moto, il 12,2% di quelli in auto e il 15,6% di quelli con mezzo pubblico. Insomma, se la popolazione invecchia la quota modale della mobilità pedonale (e anche di quella in bicicletta, seppure in misura minore) tenderà a crescere, a parità di altre condizioni.
Personalmente, io ritengo che le cause della contrazione della mobilità non motorizzata dall’inizio del millennio siano soprattutto di tipo urbanistico e territoriale. Per intenderci, si stanno pagando gli effetti della selvaggia espansione urbanistica praticata nei decenni precedenti e dell’ espulsione di fasce cospicue della popolazione, soprattutto nelle grandi aree urbane, dai centri cittadini verso le cinture metropolitane (a causa dei costi delle abitazioni). D’altra parte, i dati di !Audimob” confermano che tra il 2001 e il 2008 (dopo ci sono gli effetti della crisi…) la lunghezza media degli spostamenti si è allungata, la domanda complessiva di mobilità è cresciuta (non tanto nel numero medio di spostamenti ma nel numero dei passeggeri*km) ed è molto aumentata anche la quota modale dell’auto, peraltro accompagnata da una diminuzione sensibile dei coefficienti di occupazione veicolare. Le città invece di ricompattarsi e “densificarsi”, assicurando una possibilità di accesso “a corto raggio” ai luoghi di lavoro e ai servizi, si sono allungate penalizzando proprio la mobilità non motorizzata (e come sappiamo anche il trasporto pubblico che non è in grado di “inseguire” la dispersione urbana sia essa residenziale, commerciale o produttiva). Poi certo, si può sempre andare a passeggio, ma questa non è “domanda di mobilità”! La vera scommessa è riuscire a rendere gli ambienti urbani accessibili, sicuri e anche gradevoli per chi vuole muoversi a piedi o in bicicletta. Ma se si è costretti a vivere fuori città o se i centri commerciali, i cinema multisala, i mega centri ricreativi/sportivi o i centri direzionali si spostano in periferia è veramente difficile non prendere la macchina (al netto della crisi e dell’aumento del prezzo della benzina!). E le pur lodevoli iniziative di tante città, soprattutto medie, per sviluppare isole pedonali, piste ciclabili o servizi dedicati alla mobilità ecologica non possono certo invertire fenomeni distorsivi di organizzazione dello spazio urbano e territoriale con i quali credo che tutti dovremo fare i conti ancora per un po’ di anni.
Carlo Carminucci
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