Inquinamento luminoso: ecco cosa dicono le leggi
Tutte le regioni italiane ad eccezione di Calabria e Sicilia si sono dotate di leggi regionali contro l'inquinamento luminoso. Le norme stabiliscono i livelli di luminanza da non superare, la distanza minima tra i pali della luce e il tipo di lampade da installare. Ma le differenze tra regioni sono enormi e il rispetto delle leggi è ancora parziale
29 March, 2012
L'Italia è illuminata troppo e male, almeno secondo le associazioni che si battono per contrastare l'inquinamento luminoso. Un problema che ha implicazioni non soltanto sul consumo energetico (proprio alla riduzione degli sprechi e al cambiamento climatico è dedicata la manifestazione “Ora della Terra”, in programma sabato 31 marzo, ndr), ma anche sulla possibilità di osservare il cielo stellato, sul comportamento degli animali e addirittura, secondo recenti studi, sulla salute umana. Eppure, in Italia non mancano leggi concepite proprio per contrastare eccessi e storture dell'illuminazione stradale.
Le leggi regionali
Il quadro normativo, in realtà, si è andato completando solo negli ultimi anni, con l'emanazione delle leggi regionali in materia di inquinamento luminoso e risparmio energetico. Le norme regionali, varate da 18 regioni su 20 (fanno eccezione la Sicilia e la Calabria, ndr) disciplinano in generale le caratteristiche degli impianti da installare, l'orientamento delle lampade e l'intensità del flusso luminoso nelle varie tipologie di strade. In molti casi, inoltre, viene fissata anche la distanza minima che deve essere mantenuta tra i pali della luce, che di solito deve essere proporzionale alla lunghezza dei lampioni stessi, e alcune regioni hanno introdotto anche delle regole per le insegne pubblicitarie luminose, in particolare per quanto riguarda l'orario di spegnimento. I provvedimenti, in ogni caso, variano molto da regione a regione, sia in termini di “severità” delle disposizioni che di completezza delle regole introdotte. In Lombardia, ad esempio, è in vigore una legge considerata tra le più avanzate del settore, che, oltre a disciplinare il corretto orientamento delle lampade, prevede una riduzione entro le ore 24.00 dell’emissione di luce in misura non inferiore al 30%, a condizione di non compromettere la sicurezza. La norma, inoltre, impone l'uso di lampade ad alta efficienza luminosa, come quelle con tecnologia al sodio, e prescrive che le superfici illuminate non superino il livello minimo di luminanza media mantenuta previsto dalle norme di sicurezza Uni.
Le norme di sicurezza Uni
La luminanza rappresenta il rapporto fra l'intensità luminosa emessa da una sorgente e l'area della superficie illuminata perpendicolare alla sorgente stessa (unità di misura: candele per metro quadro, cd/m2) ed è un concetto introdotto dalla norma tecnica Uni 10439. Prima dell'adozione delle leggi regionali, infatti le norme tecniche rappresentavano l'unico riferimento normativo esistente in materia di illuminazione stradale (e ancora lo rappresentano per le Regioni che non hanno ancora legiferato). Trattandosi di norme di sicurezza, però, le Uni si concentrano soprattutto sui livelli minimi di luminanza da assicurare a seconda del tipo di strada. La Uni 10819 a difesa della volta celeste, però, stabilisce anche i valori massimi ammissibili del cosiddetto “rapporto medio di emissione superiore” (Rn), che rappresenta un indice della dispersione verso l’alto del flusso luminoso. I lampioni stradali, in altri termini, devono essere progettati in modo da indirizzare il più possibile la luce verso il basso. La norma Uni 10439, invece, nella sua ultima versione del 2011, autorizza una ulteriore riduzione della luminanza media nelle ore in cui il traffico veicolare è particolarmente ridotto: nel dettaglio, è consentita una riduzione del flusso luminoso del 25% e del 50% con riduzioni del traffico rispettivamente del 50 e del 75%. Accorgimento giudicato comunque insufficiente dall'associazione CieloBuio, secondo la quale la norma impone soglie di luminanza media ancora troppo elevate. Sia le norme tecniche che i regolamenti regionali, infine, individuano delle zone particolarmente “sensibili”, di solito limitrofe ad osservatori astronomici, in cui vanno osservate regole più stringenti.
Il rispetto delle norme
Le leggi, insomma, non mancano. Il problema, in molti casi, rimane la loro applicazione, soprattutto per quanto riguarda alcune norme specifiche. Se, infatti, in molte città italiane i lampioni sono effettivamente orientati verso il basso, è sicuramente minore l'attenzione alla distanza tra i pali della luce, così come non sempre vengono osservate le disposizioni in materia di luminanza massima. L'Italia, a quanto pare, deve fare ancora molta strada per uscire a riveder le stelle.
L'elenco delle leggi regionali in materia di inquinamento luminoso