Bolletta energetica, Legambiente: «Ecco la verità sulle rinnovabili»
L'associazione ha analizzato le diverse voci che costituiscono la bolletta energetica degli italiani, dimostrando che il peso delle rinnovabili non supera il 10% del totale. Un costo, spiega Legambiente, che è neutralizzato dai benefici economici dell'energia pulita
04 April, 2012
È davvero colpa delle rinnovabili se le bollette lievitano? A chiederlo è Legambiente, che, sulla scia della polemica di questi giorni sul peso economico degli incentivi alle rinnovabili, ha analizzato la bolletta media di una famiglia italiana nella propria casa di residenza: 494 euro l'anno (contratto in fascia protetta da 3kW, dati 2011). Ecco le voci individuate dall'associazione ambientalista: 294 euro l’anno (59,5% della bolletta), vanno a tutte le centrali escluse le nuove rinnovabili (quelle che ricevono incentivi diretti). Per il 90%, si tratta di impianti a metano, petrolio e anche carbone. Il costo del metano e del petrolio sul libero mercato, in particolare, è raddoppiato negli ultimi 5-6 anni (addirittura +40% dal 2010). Altri 69 euro all'anno circa (14% della bolletta) servono per la distribuzione, la gestione degli elettrodotti e le varie misurazioni.
«Le tasse e l’Iva - prosegue l'associazione - si prendono altri 67 euro l’anno, pari al 13,5% della bolletta, col paradosso che paghiamo l’Iva, che è un’imposta su beni e servizi, anche sugli incentivi, che non sono né beni né servizi». La voce successiva è rappresentata dagli oneri generali di sistema, definita da Legambiente una voce “matrioska”: 64 euro in totale (13% della bolletta) dentro cui è compreso di tutto: 48 euro (10% circa della bolletta) per finanziare gli incentivi a fotovoltaico, eolico e biomasse. Altri 10 euro all'anno (circa 2% della bolletta) vanno alle altre "fonti assimilate alle rinnovabili" del CIP6, una definizione che secondo gli ambientalisti è «ingannevole», dal momento che si tratta soprattutto di raffinerie, inceneritori, acciaierie e impianti a carbone.
L'elenco continua con i 6 euro all'anno che gli italiani versano per il nucleare (ricerca e smaltimento delle vecchie centrali), ricerca scientifica (gran parte ancora al nucleare), tariffe sociali, imprese elettriche minori. Il consumatore, aggiunge Legambiente, «finanzia anche cose che con la bolletta ci stanno come i cavoli a merenda, come determinati regimi tariffari delle ferrovie e le compensazioni sociali delle installazioni elettriche». Infine, osserva l'associazione, c'è anche l'efficienza energetica negli usi finali, che però rappresenta solo un millesimo della bolletta.
Il peso delle rinnovabili, conclude Legambiente, è dunque limitato, soprattutto alla luce dei benefici economici che l'energia pulita garantisce al Paese. «Le fonti “nuove”, quelle che ricevono gli incentivi – spiega l'associazione - oggi producono il 10% dell’energia elettrica e ci costano 48 euro all'anno: il 10% della bolletta». Come a dire che la spesa pubblica si neutralizza da sola e che in futuro il bilancio sarà sempre più in attivo. A pesare sempre di più sulle tasche delle famiglie italiane, invece, sarà, secondo l'associazione, il costo delle “vecchie” fonti, del petrolio, degli inceneritori, raffinerie, e impianti a carbone. «Dall'inizio dell'anno – osserva il Cigno - l'aumento delle bollette legato al prezzo del petrolio e al deprezzamento dell'euro è stato di 49 euro sulla bolletta media, mentre per le rinnovabili c'è da attendersi, a partire dal 1 maggio, un aumento di 20 euro».