Emissioni: l'Italia è davvero vicina al target di Kyoto?
Dopo l'annuncio Ispra sull'aumento del 2% delle emissioni italiane nel 2010, facciamo il punto della situazione: i dati ufficiali sui gas serra, le stime per l'anno in corso e il ruolo della crisi nell'avvicinamento agli obiettivi del Protocollo. Il parere degli esperti consultati da Eco dalle Città
26 April, 2012
Qual è il reale andamento delle emissioni di gas serra dell'Italia? Il nostro Paese riuscirà a centrare il target previsto dal protocollo di Kyoto (-6,5% rispetto ai livelli del 1990)? Domande non facili, che dovranno attendere ancora diversi mesi per una risposta certa e definitiva. La sensazione, in ogni caso, è che salvo sorprese dovremmo farcela.
Una stima difficile
I dati ufficiali sulle emissioni nazionali vengono in genere presentati con grande ritardo (nei giorni scorsi sono stati diffusi quelli relativi al 2010) e anche sulla metodologia di calcolo persiste qualche divergenza tra i diversi soggetti coinvolti, come l'Ispra e il ministero dell'Ambiente. Su una cosa, però, tutte le stime pubblicate negli ultimi anni sono concordi: dopo lunghi anni di impasse, l'Italia è riuscita, complice la crisi, ad avviare un processo di decarbonizzazione dell'economia e a inaugurare una stagione di riforme strutturali finalizzate al taglio delle emissioni. «I dati ufficiali arrivano sempre in ritardo e ci sono ancora alcuni aspetti da chiarire per quanto riguarda i calcoli – spiega a Eco dalle Città Edoardo Zanchini, vicepresidente e responsabile energia di Legambiente – Ma in ogni caso si notano gli effetti di alcuni cambiamenti strutturali, in materia soprattutto di rinnovabili ed efficienza energetica, che potrebbero permetterci di rispettare il Protocollo, anche se è ancora presto per dirlo con certezza».
L'ottimismo dell'Ispra
Pur se con un grave ritardo rispetto alla ratifica del Protocollo di Kyoto, insomma, uno scarto alla fine c'è stato. Ma sarà sufficiente a rispettare gli impegni assunti dal nostro Paese? L'Ispra, l'agenzia nazionale deputata al conteggio ufficiale delle emissioni dell'Italia, ritiene di sì, nonostante l'aumento dei gas serra del 2% registrato nel 2010, in linea con le stime pubblicate lo scorso settembre dal Joint research center (Jrc) dell'Unione europea. Nel conteggio finale, infatti, saranno incluse le quote di assorbimento della CO2 relative alle foreste, nonché il contributo di alcuni progetti di decarbonizzazione realizzati in Paesi in via di sviluppo (ma su questo ultimo aspetto non c'è accordo tra la stessa Ispra e il ministero dell'Ambiente, ndr). Più severo, invece, il giudizio dell'Agenzia europea dell'ambiente, che nonostante abbia quantificato in appena lo 0,4% l'aumento annuo delle emissioni nazionali nel 2010, ha indicato l'Italia come uno dei Paesi in ritardo nell'avvicinamento al target di Kyoto, insieme ad Austria e Lussemburgo.
2011: le stime della Fondazione per lo sviluppo sostenibile
I bilanci preliminari per il 2011 e il 2012, in ogni caso, fanno ben sperare, almeno secondo la Fondazione per lo sviluppo sostenibile presieduta dall'ex ministro dell'Ambiente Edo Ronchi, che ogni anno pubblica con molto anticipo rispetto all'Ispra le stime di emissione per l'annualità precedente. «Secondo i nostri calcoli relativi al 2011 – ci spiega al telefono Andrea Barbabella, responsabile energia della Fondazione – l'anno scorso dovremmo aver toccato il minimo storico delle emissioni nazionali, cosa che ci fa ben sperare per quanto riguarda il raggiungimento degli obiettivi di Kyoto». Secondo il ministero dello Sviluppo Economico, infatti, nel 2011 i consumi di gas sono diminuiti del 6,5% rispetto all'anno precedente, mentre per quanto riguarda i prodotti petroliferi per usi energetico c'è stato un calo del 2,5%. «Pur nell’incognita dei consumi di carbone, per i quali a oggi non si dispone di indicazioni affidabili ma che verosimilmente non dovrebbero essere cresciuti molto - scrive la Fondazione - nel 2011 le emissioni italiane di gas serra dovrebbero attestarsi tra le 485 e le 490 Megatonnellate di CO2 equivalenti».
Le conferme del 2012
Un dato che, su base annua, sarebbe in linea con gli impegni del Protocollo. Gli accordi di Kyoto, però, prevedono che le emissioni di gas serra siano calcolate sulla base della media quinquennale del periodo 2008 – 2012. «Il problema è il dato del 2008, che è oggettivamente molto alto – spiega Barbabella – ma in ogni caso il valore finale non dovrebbe discordarsi molto, per difetto o per eccesso, dai limiti imposti dal Protocollo di Kyoto». Anche se è presto per dirlo con certezza, insomma, l'Italia dovrebbe cavarsela. «L'ottimismo è rafforzato dalle nostre prime stime relative al 2012 – aggiunge ancora il responsabile energia della Fondazione per lo sviluppo sostenibile – perché i dati relativi al primo trimestre parlano di un calo dei consumi che inciderà anche sulle emissioni».
Il nodo dei trasporti
Salvo sorprese, quindi, ce la faremo, ma per qualcuno è ancora presto per parlare di una vittoria definitiva. «I dati Ispra sulle emissioni fotografano un Paese in crisi – dichiara Zanchini – per cui esiste il rischio che, in assenza di politiche ad hoc, la ripresa economica coincida con un nuovo aumento delle emissioni e con un peggioramento della qualità della vita nelle nostre città». Il problema, secondo il vicepresidente di Legambiente, riguarda soprattutto il settore dei trasporti e il comparto industriale, per i quali non sono state ancora avviate politiche di riforma strutturale, ma anche alcuni aspetti dell'edilizia. Meno severo il giudizio della Fondazione di Edo Ronchi: «Le ultime stime della Commissione europea prevedono che dal 2020, pur mantenendo le politiche attuali, ci sarà anche un calo delle emissioni nel settore trasporti, che finora era un po' la Cenerentola della decarbonizzazione – sottolinea Barbabella – In generale, a partire dal 2009, l'Italia si è rimessa in linea col target di Kyoto, pur se con 15 anni di ritardo e con la complicità della crisi».
Il peso della crisi
Già, la crisi. Il suo ruolo nel determinare il trend degli ultimi anni è innegabile, ma quanto ha contribuito alla riduzione dei consumi e delle emissioni? «Secondo la Confindustria, il calo dei consumi è riconducibile per il 50% alla congiuntura economica sfavorevole e per l'altro 50% alle politiche di risparmio energetico – aggiunge l'esperto della Fondazione - ma noi pensiamo che per quanto riguarda le emissioni la crisi abbia avuto un peso inferiore nell'inversione di tendenza». La conferma arriverebbe dal confronto tra i consumi energetici del 2010 e le emissioni dello stesso periodo. «Due anni fa i consumi sono cresciuti del 3% rispetto all'anno precedente, ma le emissioni sono aumentate solo del 2% – osserva ancora Barbabella – sintomo che a prescindere dalle condizioni economiche c'è un effettivo scarto nella direzione dell'efficienza». Non è detto, dunque, che la ripresa economica debba coincidere con una nuova impennata delle emissioni, anche perché se da una parte la crisi deprime i consumi, e quindi interviene in favore della decarbonizzazione, è vero anche che la ridotta disponibilità economica scoraggia gli investimenti nel settore delle rinnovabili e della riqualificazione energetica. Dalla fine della crisi, in altri termini, potrebbero venir fuori anche novità positive. Per avere i dati definitivi, in ogni caso, bisognerà attendere almeno un altro anno, tenendo presente che, oltre al Protocollo di Kyoto, l'Italia deve affrontare la fida degli obiettivi europei al 2020, che riguardano anche lo sviluppo delle rinnovabili e l'efficienza energetica. E in questo caso, evidentemente, non potremo di certo contare sulla crisi.