Torino. Niente giacca e cravatta in Consiglio Comunale, lo chiede il Presidente della Commissione Ambiente
Assessori, consiglieri e personale di sesso maschile sono obbligati per regolamento ad indossare giacca e cravatta nelle sedute del Consiglio Comunale. Anche in piena estate … E allora nessuna speranza di limitare i condizionatori? Ne parliamo con il Presidente della Commissione Ambiente Marco Grimaldi
07 June, 2012
Non si entra in Sala Rossa senza giacca e cravatta. Nemmeno in pieno luglio e sotto il sole, con una temperatura cammello-friendly. Lo dice il Regolamento Comunale, art. 105. (Durante le adunanze del Consiglio Comunale, i partecipanti devono vestire in modo consono alla dignità dell'assemblea, e mantenere un contegno corretto e tale da garantire l'esercizio delle funzioni del Consiglio nel rispetto delle leggi, dello Statuto e dei regolamenti. Consiglieri, assessori ed il personale dedito all'assistenza dei lavori del Consiglio di sesso maschile, devono indossare giacca e cravatta.). Va da sé che con camicia, giacca e cravatta all’aria condizionata non vuole rinunciare nessuno, e a maggior ragione se nessuno li obbliga. La circolare inviata dal Direttore Vaciago, infatti, impone di non accendere il condizionatore sotto i 28° esclusivamente agli uffici, e oltretutto soltanto a quelli chiusi al pubblico. Sala Rossa esonerata quindi. Ma c’è qualcuno che vorrebbe che uno sforzo lo si facesse lo stesso. “Sto scrivendo una lettera al Presidente del Consiglio Comunale proprio per questo – ci racconta Marco Grimaldi, Presidente della commissione Ambiente – Auspico che si tenga conto di questa circolare, e che il Presidente si senta chiamato in causa, anche se l’obbligo di limitazione non è esteso anche alla Sala Consiliare”. Per farlo però bisogna risolvere il problema del dress code, magari tagliando la testa al toro come in Giappone: permesso di circolare in camicia anche nelle occasioni più formali, pur di risparmiare sui condizionatori. “Una cosa che peraltro nelle sedute di commissione facciamo già da tempo, e non è che la Sala dell’Orologio, dove si svolgono, abbia una storia meno nobile. Ma questo è un problema di tradizione, o meglio, di un’interpretazione un po’ troppo rigida di questa tradizione, che per rispettare l’aulicità della Sala finisce per perdere di vista il buon senso. A luglio siamo arrivati ad avere anche 22° nelle sedute. Mi dite che senso ha?” Ventidue gradi: un paio in più di quelli che ci sono a dicembre, insomma. “Ormai ci siamo abituati a non avere più né freddo né caldo, a stare sempre bene. Sulle possibilità che la proposta venga accolta Grimaldi non si sbilancia: “Non mi pronuncio. Certo, sarebbe un bel segnale, una svolta culturale non da poco”. Noi restiamo in attesa.