Acqua e gestione sostenibile: "Italia ancora in ritardo"
Parla Giulio Conte, coordinatore del progetto europeo Wataclic. Un'iniziativa che ha girato l'Italia per diffondere le tecniche razionali di uso delle risorse idriche e fronteggiare i cambiamenti climatici
14 June, 2012
Giulio Conte è uno dei massimi esperti di risorse idriche e dello loro gestione sostenibile. Vive a Roma e lavora nella sede romana di Ambiente Italia, società di consulenza in campo ambientale. Un paio di anni fa ha pubblicato un bel libro dal titolo eloquente "Nuvole e sciacquoni" (Edizioni Ambiente), in cui ha raccontato come dovrebbe essere organizzato il servizio idrico delle nostre città e negli ottomila Comuni italiani. Più recentemente, con Duccio Bianchi, ha curato l'edizione 2012 di "Ambiente Italia", il rapporto annuale di Legambiente dedicato, quest'anno, al tema acqua ("Acqua: bene comune, responsabilità di tutti"; Edizioni Ambiente). Conte è tra i curatori del progetto Wataclic (Water against climate change), cofinanziato dal programma Life+ dell'Unione europea, che ha visto collaborare Ambiente Italia, le università di Udine e di Bologna, l'università Verde di Bologna e la società Iridra di Firenze. Un progetto che ha girato l'Italia con campagne informative per diffondere la cultura e le tecniche della gestione sostenibile delle acque e fronteggiare il cambiamento climatico. Lezioni sull'uso intelligente delle risorse idriche rivolte agli amministratori pubblici, ai tecnici e ai dirigenti degli enti locali e aperto a urbanisti e architetti. A lui abbiamo rivolto alcune domande sul progetto, sui suoi esiti e sviluppi.
Wataclic ha già fatto un po' di strada. A che punto siete del percorso?
Stiamo concludendo la parte principale del progetto, quella legata alla campagna informativa, con i due temi "acqua e regole" e "acqua e innovazione". Le altre sezioni della campagna seguiranno a ruota nei prossimi mesi. In questo mese di giugno, infatti, saremo impegnati a trattare il tema di "acqua e denaro". Una denominazione non molto fine, ma indovinata. Parleremo cioé del rapporto tra la gestione sostenibile dell'acqua e gli incentivi economici. Un po' sulla falsa riga di quanto è successo sul tema dell'energia. Ne parleremo a novembre a Roma. Poi, partirà una fase di disseminazione all'estero, con meeting a Bucarest e a Creta.
Quali i punti di partenza del progetto?
L'uso poco razionale dell'acqua nelle nostre città contribuisce alla crisi idrica e al cambiamento climatico. Oggi utilizziamo più acqua di quella che è possibile prelevare senza causare danni alle falde o ai fiumi. La situazione, che è già critica, è destinata a peggiorare per effetto dei cambiamenti del clima. E' quindi necessario ridurre i prelievi d'acqua da fiumi e falde. Oggi ogni italiano consuma circa 200 litri di acqua potabile al giorno, ma con le tecnologie adatte sarebbe possibile consumarne meno della metà. Serve anche attuare la Direttiva quadro sulle acque e sulle politiche di adattameento al cambiamento climatico: per fare queste cose è necessario ridurre i prelievi.
Com' è possibile migliorare la gestione delle acque nelle nostre case e città e ridurre così consumi e prelievi?Da anni esistono sul mercato semplici soluzioni per il risparmio idrico domestico che vanno dai frangigetto agli sciacquoni con scarico differenziato agli elettrodomestici a basso consumo idrico. Poi, occorrerebbe puntare alla realizzazione di edifici ecosostenibili. Chi ha detto che per scaricare un wc, per irrigare il giardino o lavare l'auto è necessaria acqua potabile? Gli impianti idraulici delle nostre case sono concepiti come se l'acqua fosse infinita. Un edificio ecosostenibile - che ricorre alla raccolta della pioggia e al riuso delle acqua grigie (quelle che provengono da lavabi e docce, per gli usi meno esigenti) - riduce a meno della metà i consumi di acqua potabile e, di conseguenza, l'energia necessaria per prelevarla, trattarla e distribuirla. Terza e ultima strategia sta nel realizzare reti idriche e sistemi di smaltimento e depurazione più efficaci ed efficienti: numerose sono le tecniche che permettono di ridurre le perdite della rete idrica, risparmiando anche energia, ma esistono soluzioni che facilitano il trattamento decentrato, e l'eventuale riuso, degli scarichi o che permettono di gestire le piogge minimizzandone gli effetti negativi.
Una valutazione circa l'esito della prima parte del progetto.La prima considerazione riguarda la scarsa attenzione dimostrata da parte dei tecnici degli enti pubblici, di Comuni e Province. Forse ciò è dipeso dalla scarsità di risorse a disposizione degli enti locali per la formazione del proprio personale. Poi, può avere influenzato l'esito dei referendum sull'acqua.
In che senso?
Nel senso che con il sì ai due quesiti referendari in qualche modo l'opinione pubblica, e anche la cosiddetta cultura tecnica diffusa, si è sentita un poco sollevata rispetto al tema. Un altro piccolo esempio del fatto che con la vittoria ai referendum è prevalsa una visione ideologica del tema acqua e non un approccio scientifico, che è quello che, a mio giudizio, dovremmo sempre mantenere. Mentre vi è stato un grande interesse da parte di architetti e urbanisti, anche perché i temi hanno una loro ricaduta sulla cultura normativa e progettuale di settore.
Veniamo a un altro argomento. Il mondo della produzione è attento alla sostenibilità?
Ci sono esperienze interessanti, sopratutto nei segmenti della rubinetteria e dei sanitari tecnici, ma in Italia siamo ancora all'eccezione. Siamo ancora distanti dalla tecnologia di tedeschi e svedesi. Tra l'altro il mercato del Nord Europa è un mercato in espansione, che esporta. Ma non è solo un problema di tecnologia, innovazione e ricerca. A determinare il cambiamento e lo sviluppo della componentistica è la tariffa dell'acqua che viene applicata: dove la tariffa è alta, come accade nei Paesi stranieri, l'innovazione è una conseguenza naturale.
Quale altra chiave potrebbe essere utilizzata per favorire il miglioramento tecnologico?
Forse, per far crescere la cultura tecnica e indurre il cambiamento, potremmo puntare sul tema dei cambiamenti climatici e sulla necessità di introdurre azioni tese all'adattamento al cambiamento climatico. Dovremmo forse puntare al rapporto che intercorre tra gestione sostenibile delle risorse idriche e rischio idraulico dovuto al clima.
Più in generale, per la gestione sostenibile dell'acqua, cose servirebbe?
Diverse cose. Sicuramente norme nazionali capaci di incidere sul meccanismo tariffario. Poi, la semplificazione del quadro normativo del sistema acqua in generale e, infine, delle regole semplificate valide alla scala di bacino idrografico. Per bacino idrografico penso alla scala dell'Autorità di bacino del fiume Po, ad esempio, un organismo capace di impartire disposizioni agli Ato e ai Comuni. Nessuna autorità di questo livello ha però imposto agli ambiti territoriali ottimali (Ato) obiettivi minimi per quanto concerne, ad esempio, i consumi domestici. Purtroppo, ancora oggi, i piani d'ambito sono realizzati sulla base di una cultura datata. Solo due regioni, l'Emilia Romagna e la Toscana, hanno provato a normare la materia mettendo in rapporto le tariffe e i consumi.
E' tutto?
No, ancora un'ultima questione. Il risparmio delle risorse idriche nelle case è importante, ma non è centrale nel nostro ragionamento. Il tema degli scarichi invece, per il nostro Paese, rappresenta ancora un problema. Abbiamo i depuratori, ma questi impianti lavorano sotto standard. In altre parole, i nostri impianti di depurazione trattano acque troppe diluite. Occorrono reti fognarie miste, occorrono dispositivi che consentano di far lavorare a pieno regime i nostri tanti impianti. Occorre realizzare tipologie di reti di fognatura di tipo nuovo e, al contempo, puntare alla fitodepurazione, come qua e là si sta facendo.