Decreto sviluppo, Anie-Gifi: bene misure su occupazione, ma preoccupa registro Quinto conto energia
L'associazione Anie-Gifi plaude al provvedimento a favore dell’occupazione nella green economy ma lancia l’allarme per il registro degli impianti fotovoltaici che rende inefficaci le misure virtuose introdotte dal Dl sviluppo
18 June, 2012
Con la pubblicazione del decreto legge ‘sviluppo’ sono state approvate una serie di importanti misure a favore dell’occupazione giovanile nel settore fotovoltaico e delle aziende operanti nella green economy.
“Siamo soddisfatti che il Governo abbia recepito le nostre proposte a sostegno dell’industria nazionale prevedendo l'applicazione di un credito di imposta alle imprese che assumono a tempo indeterminato giovani di età inferiore ai 35 anni da impiegare fra l’altro nel solare fotovoltaico – dichiara Valerio Natalizia, presidente di Anie-Gifi – ma allo stesso tempo siamo seriamente preoccupati della persistenza del registro per gli impianti fotovoltaici che così come proposto andrebbe a vanificare gli elementi positivi introdotti dal DL Sviluppo e aumentare il tasso di disoccupazione nel settore fotovoltaico.”
Come noto, la soglia di accesso al registro di 12 kWp è contestata non solo dagli operatori dal settore ma anche dalla Commissione europea, da molti rappresentanti del Parlamento italiano e da prestigiosi istituti indipendenti. “Un registro a 12 kWp – continua Natalizia – non è nell’interesse delle aziende di qualsiasi settore: un impianto fotovoltaico può concretamente ridurre i costi energetici aumentando quindi la competitività.”
Tale meccanismo, secondo gli addetti ai lavori, non contribuisce al controllo della spesa, produce ulteriore burocrazia, contribuisce a far lievitare i costi per le aziende del settore, riduce la competitività del comparto industriale rallentandone lo sviluppo. “Il rallentamento dello sviluppo del settore fotovoltaico – conclude Natalizia – causerebbe notevoli danni a tutti a partire dalle casse dello Stato. Si impedirebbero importanti flussi di Iva e tasse pagate dalle aziende del settore le quali, continuando a crescere, non sarebbero costrette ad assorbire altre risorse pubbliche, a cominciare dalla cassa integrazione. Il registro è una scelta sbagliata.”