Un programma per il fresco
Intervento del direttore Paolo Hutter per La Repubblica Milano ed Eco dalle Città
22 August, 2012
L’ondata di calore in corso non è una ovvietà estiva né una catastrofe naturale passeggera e imprevedibile. È una esperienza da fotografare, analizzare e tenere come punto di riferimento per gli orientamenti del governo delle città. Il cambiamento climatico, con le sue molteplici conseguenze, è il problema principale nel ventunesimo secolo - lo dicono le Nazioni Unite - e la maggiore frequenza e intensità delle ondate di calore è la sua manifestazione più fastidiosa per chi vive nella Pianura Padana e soprattutto nelle città.
Mai prima d’ora un’ondata di calore così intensa si era verificata dopo Ferragosto. I consumi elettrici, in calo a causa della crisi economica, si sono rialzati. Purtroppo però i condizionatori sono un rimedio parziale e discutibile, perché spesso riversano calore su spazi comuni e perché vengono sovradosati esponendo il corpo a sbalzi di temperatura eccessivi. Le temperature dei locali condizionati non dovrebbero scendere di più di 7 gradi rispetto a quelle esterne. Dopo la terribile estate del 2003 è diventato obbligatorio per le città dotarsi di piani anticaldo, che sono però essenzialmente dei provvedimenti di assistenza di emergenza per gli anziani. Si stenta ancora a riconoscere che il caldo è diventato un problema maggiore rispetto al freddo e che questa consapevolezza dovrebbe ispirare una revisione di molti aspetti della vita cittadina, privata e pubblica.
La cementificazione e la motorizzazione hanno fatto diventare le città isole di calore, con una temperatura maggiore rispetto alle zone prevalentemente agricole. Ma dato che la campagna, e a momenti neanche la montagna e il mare, sono più un rifugio da caldo e afa, è di nuovo sulle città che bisogna puntare, ripensandole. La città smart, la città intelligente del futuro dev’essere capace di proteggerci dall’ondata di calore senza moltiplicare il condizionamento d’aria così come lo abbiamo conosciuto, isolando maggiormente gli edifici, coprendo i vetri di cui si è abusato (al posto dei muri), utilizzando le tubature d’acqua del riscaldamento per portarci acqua fredda.
Senza sopravalutarne l’efficacia, vanno adottate anche le misure generali di adattamento ai cambiamenti climatici raccomandate dall’Onu, come la forestazione urbana e periurbana, la riduzione ulteriore dell’uso dei motori durante le ondate di calore, anche per proteggerci dall’eccesso di ozono, il cambiamento verso il chiaro dei colori delle strade e dei tetti. E persino dei veicoli. C’è un grande lavoro da fare col Politecnico, un vero piano di adattamento. Chissà, tra non molto, nelle campagne elettorali conterà la capacità di convincere i cittadini di avere un programma per farli stare un po’ più al fresco.