Furti di biciclette, botta e risposta tra Pierfrancesco Maran (Assessore Comune di Milano) ed Eugenio Galli (presidente Fiab Ciclobby)
Pierfrancesco Maran, assessore alla Mobilità del Comune di Milano, scrive al Ministro dell'Ambiente Corrado Clini per proporre un'iniziativa nazionale che risolva il problema dei furti di biciclette nelle città italiane. Gli risponde Eugenio Galli, responsabile Servizio legale FIAB e presidente di FIAB Ciclobby di Milano
19 October, 2012
La lettera di Pierfrancesco Maran al Ministro Clini
Egregio Signor Ministro,
l'allarme per i furti delle biciclette è un problema che sta diventando sempre più grave e riguarda non solo Milano: questo mercato illegale ha purtroppo una dimensione internazionale e non è raro che le biciclette trafugate vengano spedite dai ricettatori in altri paesi, oltre che in alcuni mercatini locali. È quindi necessaria un'iniziativa nazionale, che vada oltre le sporadiche e insufficienti iniziative pensate localmente per dotare di targa le due ruote. Per questo, conoscendo la Sua attenzione verso i temi della mobilità sostenibile, Le chiedo un intervento che individui le modalità utili ad istituire un sistema di registrazione per le biciclette, con regole chiare e uniformi su tutto il territorio italiano. Questa "anagrafe" delle due ruote sarebbe un primo passo efficace per rompere il circuito della ricettazione e rendere tracciabile il mezzo e un segnale concreto di attenzione verso i ciclisti e di collaborazione verso le amministrazioni locali che si stanno impegnando a diffondere l'uso della bicicletta e una maggiore attenzione per l'ambiente. Grato per la collaborazione, Le garantisco, fin da ora che Milano è pronta e offre al Governo tutta la propria collaborazione.
Cordialmente,
Pierfrancesco Maran
Assessore alla Mobilità, Ambiente, Arredo Urbano e Verde.
La risposta di Eugenio Galli, FIAB Ciclobby
Siamo favorevoli alla adozione di una visione nazionale – saldamente ancorata alle best practices internazionali – in tema di repressione del furto di biciclette, con l’adozione di un sistema finalizzato a consentire il riconoscimento delle bici rubate, il loro recupero e la restituzione al legittimo proprietario. Questa, - oltre a rispondere a una richiesta da molti anni inascoltata della nostra associazione – ci sembra l’unica chiave di lettura sostenibile rispetto alla posizione assunta oggi dall’Amministrazione comunale milanese, attraverso l’assessore Maran, con una lettera indirizzata al Governo (per la precisione al ministro dell’ambiente Clini) e di cui abbiamo appreso dai media. Poiché però non vorremmo che, nella creatività che caratterizza il nostro Paese e la stessa Milano, su questo tema delicato, importante ed urgente, venissero date letture distorte, più o meno interessate, né che venissero assunte decisioni equivoche, confuse o frutto di scelte che nulla hanno a che vedere con la reale tutela dell’utente finale (il ciclista quotidiano), fornendo alibi e paraventi ad altri scopi, più o meno espliciti, desideriamo mettere bene in evidenza alcuni punti.
La marchiatura della bici deve essere facoltativa, nel senso che deve caratterizzarsi in un’ottica di servizio all’utenza, e non invece costituire oggetto di un obbligo o un presupposto per altre finalità non dichiarate (ad es. per il reperimento di “nuove” fonti di gettito). Diversamente, deve essere chiaro che la posizione della nostra associazione sarebbe risolutamente contraria. Va poi chiarito che l’efficacia di un simile sistema dipende da due elementi, entrambi coessenziali. Da un lato, l’hardware che fisicamente consente di rendere riconoscibile la bici e che, oggi, annovera varie possibili modalità tecniche di diversa complessità: fresatura di un codice sul telaio, etichette adesive inamovibili, microchip, etc. Altrettanto importante è la parte software, cioè il database nel quale confluiscono le matricole delle sole biciclette di cui viene denunciato il furto, e che in tal modo entrano in una black list. Questa base dati, accessibile alle forze dell’ordine e ad altri soggetti abilitati, deve a nostro parere essere pubblica e istituzionale (dunque, non privata o acquistabile dietro pagamenti di licenze d’uso).
Questo si aggiunge alle numerose altre proposte che la nostra associazione ha avanzato, sia localmente sia a livello nazionale, su questo tema. Non ultima la necessità di un maggiore controllo del territorio per evitare che vi siano delle “zone franche” in cui notoriamente e nell’indifferenza delle forze dell’ordine avviene il commercio delle bici rubate. Che, oltre ad alimentare il circuito in modo perverso, configura anche due fattispecie penalmente rilevanti: la ricettazione, per colui che vende, e l’incauto acquisto, per il compratore.