Bruciare rifiuti (CSS) nei cementifici. Agostino Di Ciaula (Isde Italia): "Salute pubblica a rischio"
Dopo l’approvazione in Senato, passa alla Camera la proposta di legge che consente l’utilizzo di combustibili solidi secondari (CSS) nei cementifici. “Questa pratica – spiega Agostino Di Ciaula, Associazione Medici per l’Ambiente (Isde Italia) – è conveniente per l’imprenditoria di settore, ma comporterà uno svantaggio per la salute pubblica di tutti gli italiani”. L’articolo scientifico
05 February, 2013
di Agostino Di Ciaula - Isde Italia
Il 23 gennaio 2013 è arrivata alla Camera la proposta di legge denominata “Utilizzo di combustibili solidi secondari (CSS) in cementifici soggetti al regime dell’autorizzazione integrata ambientale”, in seguito alla sua approvazione da parte del Senato. Il testo è consultabile al seguente link http://documenti.camera.it/Leg16/Dossier/Testi/Am0328.htm ed è imminente la discussione per l’approvazione definitiva del testo.
Qualora questo avvenga, ci sarebbe un’estrema agevolazione del procedimento autorizzativo unico necessario ai cementifici per bruciare rifiuti (sotto forma di “combustibile solido secondario”, CSS) in sostituzione parziale dei combustibili fossili. Nonostante questa pratica, economicamente conveniente per l’imprenditoria di settore, possa teoricamente comportare una riduzione di alcune emissioni di gas serra, gli svantaggi per gli italiani sarebbero enormemente maggiori rispetto ai possibili benefici, comunque ottenibili con metodi alternativi e più sostenibili.
I cementifici sono impianti industriali altamente inquinanti con e senza l’uso dei rifiuti come combustibile [1] e i limiti di legge per le emissioni di questi impianti sono enormemente più permissivi e soggetti a deroghe rispetto a quelli degli inceneritori classici. Ad esempio, considerando solo gli NOx, per un inceneritore il limite di legge è 200 mg/Nmc, mentre per un cementificio è tra 500 e 1800mg/Nmc. Inoltre, un cementificio produce di solito almeno il triplo di CO2 rispetto a un inceneritore classico. La lieve riduzione dei gas serra ottenuta dalla sostituzione parziale dei combustibili fossili con rifiuti ridurrebbe le emissioni dei cementifici in maniera scarsamente significativa, considerata la abnorme produzione annua di CO2 da parte di questi impianti che, secondo i dati del registro europeo delle emissioni inquinanti (E-PRTR) ammonta in Italia a circa 21.237.000 tonnellate/anno. Basterebbe un piccolo aumento della capacità produttiva dei singoli impianti per recuperare abbondantemente la quantità di gas serra “risparmiata” dalla sostituzione parziale dei combustibili fossili con i rifiuti. Questi ultimi, infatti, sono economicamente molto più vantaggiosi dei combustibili tradizionali e, dunque, agirebbero da concreto incentivo all’aumento della produzione. Se l’obiettivo del legislatore è dunque quello di ridurre le emissioni inquinanti di tali impianti, sarebbe opportuno proporre, in luogo di una mera variazione di combustibile, l’imposizione di miglioramenti tecnologici e di limiti produttivi ed emissivi che possano garantire maggiormente la tutela dell’ambiente e della salute pubblica.
La combustione di rifiuti nei cementifici comporta una variazione della tipologia emissiva di questi impianti, in particolare in merito alla emissione di diossine/composti organici clorurati [2-4] e metalli pesanti [5]. La produzione di diossine è direttamente proporzionale alla quantità di rifiuti bruciati [6]. Riguardo alle diossine, viene sottolineato da parte dei proponenti di tale pratica come le alte temperature dei cementifici diminuiscano o addirittura eliminino le emissioni di queste sostanze, estremamente pericolose per la salute umana. Tale affermazione sarebbe invalidata da evidenze scientifiche che mostrano come, sebbene le molecole di diossina abbiano un punto di rottura del loro legame a temperature superiori a 850°C, durante le fasi di raffreddamento (nella parte finale del ciclo produttivo) esse si riaggregano e si riformano [7]. Inoltre, considerata la particolarità chimica delle diossine (inquinanti persistenti per decenni nell’ambiente e nei tessuti biologici, dove si accumulano nel tempo), l’eventuale riduzione quantitativa della concentrazione di diossine nelle emissioni dei cementifici sarebbe abbondantemente compensata dall’elevato volume emissivo tipico di questi impianti. È stato dimostrato che la combustione di CSS nei cementifici causa un significativo incremento delle emissioni di metalli pesanti [5], in particolare mercurio, enormemente pericolosi per la salute umana. È stato calcolato che la combustione di una tonnellata di CSS in un cementificio in sostituzione parziale di combustibili fossili causa un incremento di 421 mg nelle emissioni di mercurio, 4.1 mg in quelle di piombo, 1.1 mg in riferimento al cadmio [8]. Particolari criticità dovute alla tipologia di rifiuti bruciati sono state riportate in merito alle emissioni di piombo [9-11].
L’utilizzo del CSS nei cementifici prevede l’inglobamento delle ceneri tossiche prodotte dalla combustione dei rifiuti (di solito smaltite in discariche per rifiuti speciali pericolosi) nel clinker/cemento prodotto. Questo comporta rischi potenziali per la salute dei lavoratori [12, 13] e possibili rischi ambientali [14-16] per l’eventuale rilascio nell’ambiente di sostanze tossiche. Inoltre, le caratteristiche fisiche del cemento potrebbero essere alterate dalla presenza di scorie da combustione [17, 18] in modo tale da non renderlo universalmente utilizzabile [19].
La destinazione dei rifiuti a pratiche di incenerimento è contraria alla recente raccomandazione del Parlamento Europeo (A7-0161/2012, adottata a Maggio 2012, http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?type=TA&reference=P7-TA-2012-0223&language=EN&ring=A7-2012-0161) di rispettare la gerarchia dei rifiuti e di intraprendere con decisione, entro il prossimo decennio, la strada dell’abbandono delle pratiche di incenerimento di materie recuperabili in altro modo. Una politica finalizzata alla transizione dal concetto di rifiuto a quello di risorsa, che preveda una progressiva riduzione della quantità di rifiuti prodotti e una concreta politica di riutilizzo della materia attraverso trattamenti a freddo, sarebbe pratica decisamente più sostenibile, economicamente vantaggiosa e orientata al bene comune di quanto sia qualunque scelta che comporti forme di incentivo alla combustione.
L’Italia è la nazione Europea con il maggior numero di cementifici e questi impianti causano conseguenze misurabili sulla salute dei residenti nei territori limitrofi, in particolare in età pediatrica [20]. L’incentivazione e l’agevolazione della combustione dei rifiuti nei cementifici potrebbe produrre significative conseguenze ambientali, sanitarie ed economiche e sarebbe ad unico vantaggio dei produttori di CSS e dei proprietari di cementifici.
Per le ragioni esposte, sarebbe assolutamente opportuno evitare l’approvazione del D.Lgs. denominato “Utilizzo di combustibili solidi secondari (CSS) in cementifici soggetti al regime dell’autorizzazione integrata ambientale” e prevedere, nel corso della prossima legislatura, una serie di misure finalizzate a rendere maggiormente sostenibile nel nostro Paese sia la produzione di cemento che la gestione dei rifiuti.
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