Letti per voi: polemica su parking sotterraneo per onorevoli.
Roma: abbatterebbe platani sul lungotevere. Articolo di Filippo Ceccarelli da la Stampa (22luglio)
22 July, 2004
VERDI SI INCATENANO: A ROMA STANNO PER ABBATTERE ALBERI IN FAVORE DI UN PARCHEGGIO. PER ONOREVOLI Ciao platano, serve il parking di Filippo Ceccarelli PIÙ non vanno gli innamorati pe’ Lungotevere/ a rubasse li baci a mille, là sotto l’alberi...». E’ una protesta in musica, un piccolo coro di signore anziane, dalle vesti molto colorate e i cappelli di paglia, in un piccolo giardinetto, sotto lo schioppo del sole, a mezzogiorno. Un chitarrista smilzo, due altoparlanti, qualche cartello, due palme, una colonna antica, una fontana secca e tutt’attorno, tra le signore canterine e le spallette del fiume, un caos di lamiere e di clacson. Insomma, Roma. In particolare il Lungotevere, un tempo teatro romantico e rinomatissimo di effusioni amorose, come conferma pure quell’altra canzone: «Là sotto l’alberi de Lungotevere/ le coppie fileno, li baci scrocchieno...». Oggi parte del centro storico quindi fonte inesauribile di ogni emotività: politica, storica, culturale, urbanistica, architettonica, paesaggistica, nel caso specifico, se non bastasse, anche idrogeologica. Sullo sfondo della scena s’intravede il cantiere dell’Ara Pacis, castigo e monito delle divinità capitoline alla superbia degli amministratori che si agitano, toccano, scavano, sbancano, sventrano e poi di solito finisce che lasciano tutto per aria, dietro orrende protezioni di plastica, tra infinite polemiche. Quest’ultima riguarda un parcheggio molto speciale, non solo perché da costruirsi perigliosamente entro i visceri dell’Urbe, per l’esattezza sotto i muraglioni del Tevere, ma perché destinato (anche) alle automobili dei senatori e deputati. Una grande opera abbastanza problematica, per non dire pazzesca, che comporta il taglio di diversi platani secolari, quelli appunto delle canzoni, dell’ombra e dei baci. Il Comune (Assessorato alle Politiche Abitative, al Patrimonio e ai Progetti Speciali) dice che no, gli alberi non verranno toccati. E la città politica sarà finalmente libera dalle macchine. Le signore del coro, i verdi, gli ambientalisti, gli animalisti, Italia nostra e le associazioni dei residenti del Centro storico dicono invece che 12 platani secolari verranno certamente abbattuti in un sol colpo e altri quaranta saranno incapsulati, intaccati alle radici e scorciati nelle cime, in pratica condannati a una lenta morte per la manomissione dell’equilibrio di tutta la zona. La senatrice verde Loredana De Petris l’ha fatto presente al presidente di Palazzo Madama, che ha risposto: la ringrazio per la sua sensibilità e per la segnalazione, ma il parcheggio è una iniziativa del Comune che a noi può anche interessare. Punto. Non è chiaro, oltretutto, il numero dei posti-auto disponibili. Chi dice 600, chi 500, chi meno ancora, comunque da dividersi con la Camera. Ora, a parte la voglia di ingraziarsi Camera e Senato cavandogli dal fuoco (molto in teoria) l’annosa patata bollente delle auto più o meno blu, non è che il Comune di Roma e la giunta Veltroni friggevano dalla necessità di impegnarsi nella costruzione del Godzilla-Parking. L’idea sta a cuore al costruttore, finanziere, immobiliarista e anche editore del Tempo Domenico Bonifaci che da quelle parti possiede uno splendido palazzo, quattro piani più superattico da trasformare in albergo. Ai lavori e ai quattrini ci pensa lui, purché gli lascino 150 posti per i clienti dell’albergo. Nel 2003 il Comune approva all’unanimità. I verdi comunali, che fanno parte della giunta, sonnecchiano. Poi Bonifaci ci ripensa, non fa più l’albergo e comincia a vendersi l’edificio pezzo a pezzo («appartamenti taglio minimo 50 mq» si leggeva ieri sul portone), ma gli alberi, beh, i famosi platani del lungotevere sembrano comunque destinati all’estremo sacrificio. Di qui la piccola, ma significativa manifestazione di ieri. Nulla che possa paragonarsi, per vastità di fervore, all’eroico movimento Chipko delle donne indiane che come tecnica di disobbedienza civile respingono i lavori di deforestazione abbracciando gli alberi. Né la pur colorita e accaldata protesta del Lungotevere potrebbe misurarsi con l’epopea californiana di Julia «Butterfly» Hill, la ragazza che salita su una enorme sequoia non ne scese più, per mesi, fino a quando non furono riposte le seghe elettriche. Certo, prima o poi si potrebbe spedire in cima a un platano qualche verde, un Paolo Cento, o lo stesso Pecoraro Scanio. Ma la storia è interessante lo stesso perché incrocia troppe cose e altrettante a suo modo ne prefigura. Abbattere un albero è già un gesto simbolico. Abbatterlo perché i deputati e i senatori possano parcheggiare l’automobile al centro di Roma lo è ancora di più. Certifica in effetti un ulteriore privilegio, l’instaurazione di un rango automobilistico. E non basta perché fra tunnel scavati sotto il Lungotevere e «manufatti» abusivi che spuntano sul tetto della Biblioteca del Senato, a cinquanta metri dalla cupola del Pantheon, si corre anche il rischio di allineare le istituzioni parlamentari all’andazzo di villa La Certosa. Se non suonasse scontatamente ideologico, e proprio sul declinare del berlusconismo, si potrebbe anche discutere della incombente privatizzazione del sottosuolo di Roma, così friabile, così misterioso, così ricco di impicci e di memorie, di reperti e di fantasticherie. Così come, oltre ogni possibile sgomento, colpisce la circostanza che il massimo fautore dei parcheggi interrati (altri e ben più spaziosi sono alle viste) sia il presidente della Sta Chicco Testa, che ha mosso la sua carriera proprio dal mondo dell’ambientalismo. Ma l’enigma degli enigmi resta Walter Veltroni, il più amato del centrosinistra. «Occorre colpire il cuore del sindaco» diceva ieri al megafono il consigliere regionale verde Bonelli. Convincerlo che non si fa così. «Veltroni - si leggeva in un volantino - se abbatti i platani del Lungotevere, sanissimi e amatissimi da generazioni di noi romani, perdi la faccia... E visto che ci tieni alla cultura, come può un popolo apprezzare la bellezza del teatro, della musica e del cinema se gli levi la prima bellezza, quella della vista degli alberi e della musica del vento tra le loro foglie e degli uccelli che lassù hanno la dimora?». Messa così non fa una piega.