Il contratto mondiale dell'energia come bene comune dell'umanità
Il testo proposto al Social Forum
18 November, 2003
PER UN CONTRATTO MONDIALE DELL’ENERGIA BENE COMUNE DELL’UMANITA’ PACE CLIMA EQUITA’ UN SISTEMA INIQUO E INSOSTENIBILE Gli attuali processi di globalizzazione, dominati da una logica neo imperialista e neo liberista, rendono sempre più gravi ed evidenti quattro nodi fondamentali: · la limitatezza delle risorse naturali · l’impatto ambientale e climatico dell’inquinamento, ormai vicino ad un punto di non ritorno · l’iniquità e l’insostenibilità sociale ed ecologica dell’odierno sistema di governo dell’economia mondiale, che penalizza i popoli del Sud del mondo e mette a rischio gli interessi delle generazioni future · il tentativo di omologare ogni espressione culturale, sociale, ogni identità al modello americano, l’idea che sia lecito depredare in pochi anni le risorse accumulatesi in milioni d’anni d’evoluzione naturale Tali tendenze trovano giustificazione nell’ideologia della crescita economica illimitata e del consumismo, di un positivismo acritico che attribuisce alla scienza poteri quasi taumaturgici, del mercato come unico meccanismo regolatore della convivenza tra gli uomini, le comunità, i popoli. Per i movimenti che si battono contro questo modello di globalizzazione, porre al centro della propria iniziativa la questione energetica è condizione decisiva per imboccare una nuova via ecologicamente sostenibile, Oggi i Paesi industrializzati (1/5 della popolazione mondiale), il cui sistema energetico si basa sui combustibili fossili, consumano per ogni loro cittadino l’equivalente del lavoro di 20 “schiavi energetici”. Ma le possibilità di sfruttare le risorse fossili non sono infinite, ed è di tutta evidenza che la guerra “preventiva” e “permanente” in atto serve proprio ad assicurare ai più ricchi il controllo delle risorse residue di petrolio e gas naturale (quelle più concentrate e più facilmente trasportabili, dunque molto più preziose del carbone). Le ragioni della pace, del dialogo e della collaborazione tra i popoli, della salvezza dell’ambiente, della lotta alla povertà impongono una svolta nelle politiche energetiche. Porre fine alla dipendenza dei sistemi energetici dai combustibili fossili contribuirebbe, infatti, alla fine delle guerre e delle violenze che insanguinano il mondo e fermerebbe i cambiamenti climatici che sono già una drammatica realtà. L’affermazione, invece, di un modello alternativo fondato sulle fonti rinnovabili, presenti in maniera diffusa su tutto il pianeta, garantirebbe il diritto all’energia per miliardi d’uomini e donne e ridurrebbe l’inquinamento dell’aria con enormi vantaggi per la salute di tutti. Servono dunque scelte economiche e fiscali che eliminino le attuali distorsioni di mercato, le quali consentono di produrre energia da fonti fossili scaricando sulla collettività i costi per il recupero ambientale e per la salute dei cittadini. Va inoltre sostenuta la ricerca per la sperimentazione e utilizzazione dell’idrogeno, prodotto però con fonti rinnovabili. Ed infine ai fini della nuova politica energetica, occorre un pieno coinvolgimento nei processi decisionali delle istituzioni locali (regioni, province e comuni). Perché tutti gli esseri umani vedano riconosciuto il loro diritto all’energia e perché al tempo stesso siano salvaguardati gli equilibri ambientali e climatici, occorre innanzi tutto superare l’attuale squilibrio, nei consumi energetici, tra Nord e Sud del mondo: L’obiettivo strategico e di lungo periodo che perseguiamo è che, entro il 2050, i consumi non rinnovabili, pro-capite, si attestino in ogni Paese del mondo entro la soglia di 1 tep fossile. Una grande sfida, possibile ma molto impegnativa, considerando che oggi un europeo consuma mediamente 3 tep d’energia l’anno e un americano arriva quasi agli 8 IL RUOLO DELL’EUROPA Un’Europa diversa è possibile solo con un sistema energetico alternativo. Povera di risorse fossili, più attenta degli Stati Uniti ai bisogni sociali e agli obiettivi di tutela ambientale, l’Europa ha tutto l’interesse di porsi all’avanguardia della battaglia per un nuovo modello energetico. Del resto, anche nel settore dell’energia il fallimento delle politiche liberiste è sotto gli occhi di tutti, confermato dalla successione di black-out che ha segnato gli ultimi mesi. Nessuno può rimpiangere i vecchi monopoli, gestiti spesso in modo clientelare. Ma l’attuale liberalizzazione selvaggia del mercato ha ulteriormente allontanato la gestione del sistema energetico da criteri accettabili di equità sociale, di tutela ambientale, di prevenzione del rischio climatico e sicurezza del servizio. Le tariffe sono le stesse di ieri, e nel frattempo sono peggiorati lo stato di manutenzione della rete e la qualità del servizio. Di fronte all’ormai conclamata insostenibilità sociale ed ambientale dell’attuale sistema energetico (basti pensare alle migliaia di vecchi lasciati morire nelle settimane del “gran caldo”), un’Europa, sempre più indipendente dal petrolio, non solo è possibile, ma è quanto mai necessaria. Con la nostra iniziativa ci proponiamo di promuovere le necessarie riforme economiche, fiscali e tariffarie necessarie per affermare un nuovo modello economico ed energetico che privilegi le fonti rinnovabili, la produzione di energia diffusa sul territorio, il risparmio e il miglioramento dell’efficienza energetica. Questi i terreni su cui costruire una svolta radicale nelle politiche energetiche dell’Europa: · rifiutare la logica della guerra preventiva, della guerra per il petrolio, del riarmo · costruire le condizioni, ovunque, per una fuoriuscita dal nucleare sia civile che militare · ridurre i consumi energetici, intervenendo sui modelli di produzione e di consumo · raggiungere, nei tempi previsti e anche su base unilaterale, gli obiettivi di riduzione dei gas climalteranti stabiliti nel Protocollo di Kyoto. Ciò andrà fatto senza un utilizzo massiccio dei meccanismi flessibili (in particolare la “truffa” dei crediti di emissione) previsti dal trattato. Ma, per impedire i mutamenti climatici, Kyoto non è più sufficiente. La stessa comunità scientifica mondiale richiede, infatti, impegni di riduzione dei gas serra del 70%. L’obiettivo che l’Europa deve realizzare è di ridurre le emissioni di di CO2 del 35% entro il 2020, rispetto al 1990. · fermare la privatizzazione e la liberalizzazione selvagge dei servizi d’interesse pubblico, e in particolare dell’energia; · favorire lo sviluppo di cicli produttivi a minore impiego di materie prime e di energia e a più basso impatto inquinante · disincentivare i fenomeni di delocalizzazione delle attività produttive che approfittano dell’assenza nei Paesi poveri di regole per la tutela del lavoro e dell’ambiente · una forte programmazione pubblica degli interventi in campo energetico, basata su criteri di trasparenza, sostenibilità ambientale e controllo democratico, che si realizzi attraverso impegni di collaborazione fra le diverse istituzioni locali e le imprese. · estendere e rafforzare le “reti” sviluppatesi in questi anni, a partire dai movimenti e dalle mobilitazioni contro il nucleare, a quelli per una gestione socialmente ed ambientalmente coerente dei rifiuti, contro la privatizzazione selvaggia dell'acqua, per città vivibili e senza traffico, contro la nocività e l’insicurezza dei luoghi di lavoro, per la valorizzazione delle identità e delle tradizioni locali · condurre un’offensiva culturale contro un’idea di benessere basata su criteri meramente quantitativi e consumistica DALLA CONCENTRAZIONE MONOPOLISTICA DELL’ENERGIA ALLA GENERAZIONE DIFFUSA: I CAMBIAMENTI NECESSARI L’attuale modello energetico concentrato e monopolistico, basato su grandi centrali e lunghe linee di trasmissione, impedisce un efficace controllo democratico ed espone a grandi rischi anche in termini di efficienza del servizio (come dimostrano i recenti black-out) e di sicurezza di fronte ad eventuali azioni militari e terroristiche. Bisogna passare ad un modello diffuso, che usi le fonti, di cui il territorio dispone in abbondanza, (sole, vento, biomasse, mini-idroelettrico e la microcogenerazione). · NO AL NUCLEARE Non si esce dal petrolio rilanciando il nucleare: entrambe le scelte sono figlie di una medesima “filosofia” nella quale la salute dei cittadini, le ragioni dell’ambiente, della socialità e del controllo democratico sono sacrificate ai grandi interessi economici. L’Italia ha detto no al nucleare oltre quindici anni fa, sulla stessa strada sono avviate la Germania, la Svizzera, il Regno Unito, e d’altra parte nessuno dei rischi legati all’uso dell’atomo è stato neutralizzato. Un’Europa denuclearizzata è il nostro obiettivo, e nella costituzione europea sia evitato ogni riferimento al trattato Eurotom del 1957 che favorisce l’industria nucleare a scapito delle energie pulite. · MOBILITA’ SOSTENIBILE Il trasporto su strada è la forma di mobilità che consuma più energia e produce di gran lunga maggiori danni ambientali e sociali in termini di morti e feriti stradali. Occorre dunque trasferire quote significative di passeggeri e di merci dalla gomma alla rotaia e al cabotaggio, potenziare nelle città i servizi di trasporto collettivo, incentivare le tecnologie e i carburanti a più basso impatto inquinante. Per questo vanno contrastate le attuali strategie europee che puntano tutto, per lo sviluppo delle vie di comunicazione transfrontaliere, su grandi opere autostradali e su nuovi trafori alpini, e in Italia va sconfitta la politica del ministro Lunardi che, con la Legge Obiettivo, depotenzia i controlli ambientali, santifica la logica delle “grandi opere” (dal Ponte sullo Stretto di Messina all’Alta Velocità ferroviaria) fra le quali predominano quelle stradali. Nel quadro generale delle politiche di trasporto s’inserisce anche la questione dell’auto e in particolare la crisi della Fiat. La crisi dell’auto colpisce tutte le grandi industrie automobilistiche a livello mondiale, ma nel caso della Fiat alle difficoltà strutturali di un settore in evidente saturazione si aggiungono le conseguenze di una strategia aziendale che ha completamente trascurato la ricerca e l’innovazione di prodotto. L’auto, per avere un futuro, deve offrire modelli completamente riciclabili, con motori a bassissime o zero emissioni e integrati in sistemi di mobilità urbana intermodali. · RISPARMIO ENERGETICO Lo sviluppo di politiche per l’uso razionale ed efficiente dell’energia è un altro caposaldo per liberare l’Europa dalla schiavitù del petrolio. Bisogna che sia data rapida e piena attuazione alle direttive comunitarie sul risparmio, perché il miglioramento dell’efficienza energetica può garantire, a parità di servizi resi, bollette più “leggere” e può inoltre favorire l’innovazione tecnologica (si pensi ai nuovi materiali per migliorare le prestazioni energetiche degli edifici, o ai nuovi elettrodomestici che consumano poca energia ed acqua), con ricadute importanti anche in termini occupazionali. Al tempo stesso servono modifiche al sistema tariffario, che spingano le aziende distributrici a fornire ai cittadini e alle imprese servizi post-contatore per il risparmio. Per l’Italia un passaggio prioritario è l’approvazione di un nuovo Piano nazionale per l’energia (l’ultimo è del 1988), che definisca obiettivi di aumento dell’efficienza e di incremento delle fonti rinnovabili, e l’aggiornamento dei Piani regionali. Uno studio recente del Ministero dell’Ambiente ha evidenziato che a parità di comfort, i consumi energetici possono essere ridotti del 30%: ciò dimostra che gran parte dei bisogni di caldo, freddo e illuminazione, può essere soddisfatta, anziché con nuove centrali, utilizzando meglio e con più efficienza l’energia disponibile. · FONTI RINNOVABILI Un primo punto importante è dissipare le troppe confusioni, spesso strumentali, sul concetto stesso di fonti rinnovabili. Non vanno considerate rinnovabili, come peraltro ha chiarito l’Unione europea, le cosiddette fonti “assimilate”: i rifiuti, il carbone miscelato ad acqua (acquacarbone), il gasolio bianco. Le vere fonti rinnovabili sono il solare termico e fotovoltaico, l’eolico, le biomasse, il piccolo idroelettrico: energie non solo ambientalmente pulite, ma già oggi economicamente convenienti se solo tra i costi del petrolio e dei combustibili fossili, o del nucleare, fossero considerati quelli “esterni” legati ai danni prodotti all’ambiente e al clima. Solare termico. Bisogna battersi, comune per comune, per nuovi regolamenti edilizi che rendano concreto il “diritto al sole”, e che premino chi investe nell’energia pulita (chi installa pannelli solari termici deve poter dedurre integralmente la spesa dalla dichiarazione dei redditi). Eolico e solare fotovoltaico. Vanno estesi a tutti i Paesi europei gli stessi meccanismi di incentivazione già presenti in Germania, Austria e Spagna, che hanno dato ottimi risultati: i cittadini e le imprese che installano pannelli fotovoltaici e pale eoliche possono vendere l’energia al gestore della rete, che è obbligato ad acquistarla remunerando la quantità di energia effettivamente prodotta ed anche il vantaggio ambientale che quella comporta. Ciò è tanto più urgente nel caso dell’Italia, Paese ricchissimo di sole e di vento, ma dove lo sfruttamento di tali risorse è ancora limitatissimo anche perché la stragrande maggioranza dei fondi destinati alle rinnovabili è stata in realtà’ utilizzata per favorire le cosiddette “assimilate” quali i rifiuti, il maxi-idroelettrico e la cogenerazione industriale. Se il ritardo non sarà colmato, il nostro Paese perderà una grande occasione non solo sul piano ambientale, ma anche in termini di innovazione tecnologica. Biomasse. Il recupero di energia dalle biomasse è una possibilità da valorizzare, a patto però che la materia prima sia prelevata in loco e nel massimo rispetto degli equilibri ambientali (manutenzioni dei boschi, residui di segherie) e che la produzione di energia avvenga in impianti di piccola taglia. Quanto alle frazioni organiche dei rifiuti, va invece di gran lunga preferito il recupero attraverso la produzione di compost, che restituisce al terreno materia organica. Idroelettrico e geotermia. L’idroelettrico è una fonte su cui puntare prevalentemente per impianti di piccole dimensioni e in condizioni nelle quali risultino pienamente salvaguardati gli equilibri ambientali dei corpi idrici. Per la geotermia, utile per produrre energia elettrica e soprattutto calore ma che in più di un caso in passato ha procurato danni ambientali, occorre che lo sfruttamento avvenga secondo criteri rigorosi di tutela ambientale. Microcogenerazione. Nella transizione verso un modello energetico imperniato sulle fonti rinnovabili, molto utile è la diffusione della microcogenerazione (elettricità + calore) e della trigenerazione (elettricità + calore + freddo): tecnologie “mature”, particolarmente adatte a soddisfare il fabbisogno di strutture civili come condomini residenziali, ospedali, alberghi, supermercati e centri commerciali. · UNA NUOVA POLITICA FISCALE La realizzazione di un nuovo modello energetico richiede una svolta radicale nelle politiche fiscali europee. Serve spostare progressivamente la pressione fiscale dal lavoro e dalle imprese allo sfruttamento delle risorse naturali e alle produzioni più inquinanti, partendo da un forte rilancio della “energy-carbon tax” e del principio “chi inquina paga”. IL SOCIAL FORUM DI PARIGI Proponiamo al Social forum europeo di Parigi di dar vita ad una rete continentale sulle questioni energetico-ambientali, attraverso la quale consolidare, unificare ed estendere le mobilitazioni contro le scelte energetiche che mantengono al centro l’uso dei combustibili fossili e del nucleare, e promuovere una piattaforma comune alternativa per la quale questo documento è un primo contributo. In tale prospettiva: · E’ fondamentale il rapporto con il movimento dei lavoratori e con il sindacato. Il miglioramento dell’efficienza energetica e lo sviluppo delle fonti rinnovabili portano importanti incrementi di nuova occupazione, anche se ciò comporta la riconversione di settori produttivi tradizionali. Infatti, come dimostra il caso Germania (con 130.000 occupati nel settore delle fonti rinnovabili), il saldo occupazionale di queste nuove tecnologie è positivo · E’ fondamentale il collegamento con le autonomie locali, che devono diventare i veri protagonisti istituzionali di scelte energetiche innovative e partecipate nel segno di un modello energetico distribuito · E’ fondamentale il coinvolgimento della comunità scientifica e del mondo della ricerca, con cui va ricercato un vero e proprio patto che favorisca l’innovazione tecnologica non finalizzata al profitto, ma alla tutela dell’ambiente. · Infine, è fondamentale costruire un rapporto nuovo tra i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo. A vquesto fine l’Italia può svolgere un ruolo importante per la sua collocazione geografica, purché però assuma il solare come opzione prioritaria del suo futuro energetico. Il nostro Paese si trova al centro di un mare comune a molti Paesi europei, africani e mediorientali. Proprio oggi che l’energia muove conflitti terribili, un grande investimento nel solare può diventare la principale via concreta e simbolica per fare del Mediterraneo un mare di pace, di dialogo, di sviluppo sostenibile. Sostituire il petrolio con il sole: questa la sfida che deve impegnare tutti i popoli del Mediterraneo. IL SOLE DEL MEDITERRANEO: LA PACE PASSA ANCHE DA QUI. Testo proposto da: Legambiente, Forum Ambientalista, Sinistra Ecologista, Cepes, Sole del Mediterraneo